Idan Raichel, le note generose di un concerto memorabile

Spettacolo

di Fiona Diwan

The Idan Raichel Project con Ornella Vanoni durante il concerto a Milano il 19 settembre 2015
The Idan Raichel Project con Ornella Vanoni durante il concerto a Milano il 19 settembre 2015

Chi l’aveva già sentito in concerto se lo aspettava. Un’altra memorabile performance ma stavolta non davanti alle solite 10 mila persone di fronte a cui Idan Raichel è abituato a esibirsi (siamo con una star che riempie gli stadi e non solo a casa sua, in Israele). Più di due ore e mezza non stop, due vocalist da brivido (una sudanese, l’altra del Marocco), un cantante etiope travolgente e poi lui, Idan Raichel, che canta in ebraico le sue canzoni più belle e che finisce per rendere omaggio a Milano invitando a duettare insieme a lui un mito della canzone italiana, Ornella Vanoni, ottant’anni e il calore di una voce che ancora riesce a commuovere.

Idan Raichel ha ceduto il palco a Ornella per 15 minuti circa, e di rado ho visto altri musicisti dispiegare tanta generosità e empatia, cedere il palco e i riflettori fosse anche a un mostro sacro come la Vanoni. E poi, chi l’avrebbe mai detto, la milanese e l’israeliano, un accoppiamento giudizioso e sorprendente, con tra i due la distanza di mezzo secolo che li separa? E la Vanoni che a sua volta rende omaggio a Lucio Dalla cantando un “Caruso” come non ce lo ricordavamo da anni?

Poesia, ritmo, gioia pura, senso dello spettacolo e persino…ironia.

«Quando suono nel mio Paese la mia musica è considerata israeliana. Quando suono all’estero invece la chiamano world music», ha detto Idan Raichel, rivolto alle più di 500 persone venute ad ascoltarlo dagli spalti sold out del Teatro dell’Elfo a Milano, nell’ambito del Festival MITO.

Una frecciata che strappa immediatamente un mega applauso del pubblico, un’ironia sorridente e immediatamente chiara a tutti: dire che fai world music evidentemente è in certi ambienti politicizzati molto meglio tollerato e politicamente corretto che non dire che fai musica israeliana, specie per coloro ai quali viene l’orticaria al solo sentire pronunciare la parola Israele. Non fa forse molto più comodo etichettare i ritmi di Idan Raichel come world music che non come sound semplicemente israeliano?

Non è molto più facile far finta di non sapere che le musiche marocchine, yemenite, portoghesi, spagnole, sudanesi, brasiliane… dell’Idan Raichel Project  altro non sono che l’esito della realtà di un Paese, Israele, che è un laboratorio etnico e culturale ricchissimo e unico al mondo?, dove convivono russi, nord africani, tedeschi, polacchi, francesi, arabi, americani… e il tutto in un territorio grande come la Lombardia?

“Idan Raichel? Ma sì, è uno che fa world music”, ho sentito dire nel foyer dell’Elfo prima del concerto da parte di alcuni che forse cercavano di salvare capra e cavoli, l’amore per la musica e nel contempo la propria collocazione in una certa parte politica. Tanto più che la manifestazione per il boicottaggio del concerto annunciata dagli attivisti BDS, che incombeva sulla serata come una nera nube,  non è avvenuta forse anche per il mega dispiegamento delle forze dell’ordine che presidiavano corso Buenos Aires.

Ma torniamo a Idan Raichel che ha appena tagliato i suoi celeberrimi dredlock rinunciando al suo iconico marchio di fabbrica (“che ci potevo fare? Mia moglie mi ha dato un aut aut, non ne poteva più, e io ho ceduto. Del resto, da noi in Israele, non sei un vero uomo se non hai paura di tua moglie”).

Lo ammetto, dopo concerti così presento imbarazzanti cedimenti giovanilistici e puerili sintomi da addiction: non ho dormito, ne volevo ancora, e una volta arrivata a casa ho inserito i suoi cd, ho indossato quella meravigliosa innovazione tecnologica che chiamiamo cuffie e non ho smesso di ascoltare fino alle cinque di mattina.

Ma a ottobre l’Adei di Milano farà proprio un’Adeissima imperdibile proprio con Idan e già si annuncia un altro sold out. In attesa di un altro  concerto a gennaio 2016. Saprò aspettare.