L’”Affaire Dreyfus”

Spettacolo

Il 12 luglio 1906 la Corte di Cassazione francese proclamava la piena innocenza del capitano Alfred Dreyfus scagionandolo dalle accuse di “alto tradimento” per le quali l’ufficiale ebreo era stato trovato colpevole e deportato all’Isola del Diavolo. La sua riabilitazione metteva il punto finale alla drammatica vicenda durata 12 anni. Iniziato nel 1895 con l’arresto del capitano ingiustamente sospettato di aver venduto segreti all’addetto militare tedesco, lo scandalo era cresciuto sulla “fertile terra” dei pregiudizi antisemiti e si era è sviluppato all’ombra di silenzi, di bugie e di manipolazioni dell’allora potente casta dei militari.
L’”Affaire Dreyfus” ha segnato le coscienze in Francia in un modo che va ben aldilà di una semplice questione giudiziaria. L’”Affaire” aveva diviso il mondo politico e intellettuale dell’epoca tra “colpevolisti” e “innocentisti” ma questa divisione ha preso il valore di un simbolo tuttora attuale, quello della lotta per la giustizia, contro l’antisemitismo e il razzismo. È proprio in seguito alla lettera aperta che Emile Zola pubblica sul giornale L’Aurore nella quale difende il capitano Dreyfus che nasce la categoria degli “intellettuali impegnati” e anche la “Ligue des Droits de l’homme” (La Lega per i Diritti dell’uomo) che ancora oggi si batte contro le ingiustizie.

La Francia commemora la riabiltazione del capitano Dreyfus attraverso numerosi eventi: conferenze, mostre, convegni, pubblicazioni e ristampa di alcuni “classici”. Tra le manifestazioni c’è da segnalare il convegno organizzato dalla Corte di Cassazione che ha esaminato il ruolo essenziale svolto da questo Tribunale nella ricerca della verità. Di fatto la Corte di Cassazione aveva annullato per ben due volte le condanne pronunciate dai tribunali militari. Il suo presidente ha salutato il “coraggio” di coloro che hanno “combattuto le forze dell’oscurantismo per vincere un’enorme e monstruosa ingiustizia fatta a un uomo per ragioni razziali”.
Molto diverso lo spirito della mostra allestita dal “Musée d’Art et d’Histoire du Judaisme”. I commissari, Vincent Duclert, autore di alcuni dei più importanti libri sul capitano e Anne Hélène Hoog mettono al centro dello scandalo giudiziario l’uomo Alfred Dreyfus dal quale più di una volta è stato detto che non era “all’altezza del ruolo al quale la Storia l’aveva destinato”. Riservato e silenzioso, Dreyfus appare come un uomo brillante e colto deciso a continuare la sua lotta ostinata per la giustizia fiancheggiato da la moglie Lucie e del fratello Mathieu. “Alfred Dreyfus, la lotta per la Giustizia”, questo il nome della mostra, presenta più di duecento documenti che testimoniano, tra l’altro, dell’interesse suscitato da questo caso nei media e nella società francese. Giornali, fotografie, caricature, ricordano la guerra tra sostenitori e accusatori del capitano e risalgono all’antisemitismo che in quegli anni imperversava in Francia. Il terzo aspetto messo in evidenza dall’esposizione è quello del comploto di Stato che aveva permesso e anzi organizzato la “colpevolezza” di Dreyfus, vittima di vecchi pregiudizi.
Tra i libri c’é da segnalare la corrispondenza tra Lucie e Alfred Dreyfus negli anni della sua prigionia, tra il 1894 e il 1899. Pubblicato anche il Diario scritto dal capitano in Guyana. Interessanti i ricordi del fratello Mathieu e una compliazione di testi di Zola sull’Affaire.
In occasione del centenairo della reabilitazione di Dreyfus c’è chi chiede che i suoi resti siano portati al Pantheon, un modo per la “République” di rendergli un ultimo omaggio. Un’iniziativa che fa discutere ma chissà se troverà il consenso dei francesi.