“La promessa di Irena”: esce il nuovo adattamento cinematografico sulla vita dell’infermiera che salvò 12 ebrei durante la Shoah

Spettacolo

di Pietro Baragiola
Il 15 e 16 aprile ha debuttato nelle sale cinematografiche americane La promessa di Irena (Irena’s Vow), il film che racconta l’incredibile storia vera di Irena Gut Opdyke, l’infermiera polacca che rischiò la vita per salvare 12 uomini e donne ebrei durante la Shoah.

Irena aveva solo 19 anni quando venne sfollata dalla sua città natale di Kozienice, in Polonia, e fu costretta a lavorare a sostegno dello sforzo bellico tedesco, finendo per essere assegnata alla gestione della casa di un comandante nazista dove, all’insaputa di tutti, riuscì a nascondere diversi suoi amici ebrei.

Oggi la sua storia è stata adattata per il grande schermo dallo sceneggiatore Dan Gordon che, nel 2009, ne fece anche una pièce teatrale per Broadway.

“Ho conosciuto Irena durante i suoi ultimi 10 anni di vita e ho avuto l’occasione di ascoltarla raccontare più volte la sua storia” ha spiegato Gordon durante un’intervista a The Times of Israel, affermando di essere determinato più che mai ad adattare questa vicenda in un film.

Diretto dalla regista Louise Archambault e capitanato dalla magistrale interpretazione della giovane Sophie Nélisse (Yellowjackets, Storia di una ladra di libri), La promessa di Irena è stato girato in Polonia nel 2022 tra le città di Varsavia e Lublino e arriverà nelle sale europee nell’autunno del 2024.

La trama

Varsavia 1939, l’infermiera volontaria Irena Gut (Nélisse) scopre che la sua città natale è stata conquistata dai tedeschi e che i suoi genitori sono scomparsi insieme alle sue quattro sorelle minori.

Trasferita nella caserma militare di Tarnopol, Irena stringe amicizia con gli altri prigionieri ebrei ma è costretta ad assistere inerte al brutale omicidio da parte di un soldato tedesco di una madre con il proprio bambino. In questo frangente Irena si ripromette che, se mai ne avesse avuto l’occasione, avrebbe rischiato la propria vita pur di salvare quella di qualcun altro.

Il giorno della liquidazione del ghetto locale, il maggiore Eduard Rügemer (Dougray Scott) nomina Irena governante della sua villa in campagna. Sarà qui che nei due anni successivi la giovane nasconderà i suoi 11 amici ebrei, sfruttando il nascondiglio segreto situato all’interno della cantina.

Guidata solo dal suo altruismo e ottimismo costante, Irena non esita a mettersi costantemente in pericolo: aprendo le porte ad un dodicesimo rifugiato e convincendo i coniugi ebrei Haller a non abortire, nonostante la nascita del loro piccolo potesse costituire un rischio per il gruppo intero.

Persino quando Rügemer scopre la presenza degli ebrei nascosti sotto il suo stesso tetto Irena si concede come schiava sessuale del maggiore pur di garantire la protezione del gruppo almeno fino a quando, con l’arrivo dei russi a Tarnopol, non riusciranno tutti a fuggire nella foresta per unirsi ai partigiani.

“Mi sono subito innamorata della storia di Irena perché ritengo che sia un racconto pieno di speranza nonostante gli eventi terribili che vengono citati. Il coraggio e il grande altruismo di questa donna sono doni unici da cui tutti possono imparare” ha spiegato Nélisse.

Da sinistra, Irena Gut giovane e da anziana Opdyke

L’eredità di Irena Gut

Quando l’ex infermiera arrivò negli Stati Uniti dopo la fine della guerra non aveva alcuna intenzione di condividere la propria storia con nessuno. La figlia di Irena, Jeannie Opdyke Smith, ha spiegato a The Times of Israel che fu solo dopo l’incontro con un negazionista dell’Olocausto che sua madre capì l’importanza di raccontare la propria esperienza: “dopo quella conversazione si rese conto che se non avesse iniziato a parlarne, la storia avrebbe potuto facilmente ripetersi.”

Per il suo grande coraggio Irena ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui il titolo di Giusta tra le Nazioni, onore che viene conferito dallo Yad Vashem ai non ebrei che hanno rischiato la vita per aiutare gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Negli anni a seguire l’ex infermiera ha ricevuto anche una medaglia d’onore del Memoriale dell’Olocausto di Gerusalemme e la benedizione di Papa Giovanni Paolo II nel 1995.

Nei titoli di coda del nuovo film vengono elencate queste onorificenze insieme ad un fatto che per molti risulta tutt’ora sconvolgente: anche il maggiore Rügemer è stato nominato Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem.

“Mia madre non disse mai nulla ai suoi amici ebrei sul perché il generale non li avesse mai denunciati e per questo motivo loro probabilmente lo hanno sempre ritenuto un alleato” ha spiegato Smith.

I registri storici inoltre mostrano che, con il finire della guerra, Rügemer collaborò davvero a impedire che gli ultimi ebrei presenti nella sua fabbrica venissero sterminati, facendoli fuggire lontano dalle spire naziste. Secondo Smith è stato probabilmente l’incontro con Irena e con gli altri ebrei nascosti nella sua villa a fargli vedere il mondo in modo diverso.

“Credo che quell’esperienza gli abbia ammorbidito il cuore facendogli capire che si trattava di esseri umani e non di un nemico da sterminare” ha affermato Smith.

Rugemer visse il resto dei suoi giorni con i coniugi ebrei Haller a Monaco di Baviera, diventando quasi parte della loro famiglia tanto da venir chiamato Zaide (“nonno” in yiddish) dal loro bambino. Irena invece morì nella sua casa a Fullerton, in California, nel 2003.

“La gente definisce mia madre un’eroina o una persona speciale, cosa che a lei non sarebbe piaciuta e che non piace nemmeno a me, perché se etichetti qualcuno in questo modo gli dai il permesso di fare cose che tu non puoi fare, ma il punto è che tutti siamo in grado di fare cose straordinarie” ha concluso Smith, orgogliosa.