Al Teatro stabile di Genova inizia la 13° edizione degli incontri “Le grandi parole dell’umanità” con un dialogo fra ebrei e arabi, che inizia tra Elena Loewenthal e l’algerina Nacéra Benali.
“Ebrei e arabi”, dice Elena Loewenthal, “hanno in comune la rigida ripartizione dei ruoli maschile e femminile, una tradizione che tende ad arroccarsi, come in tutte le comunità colonizzate, minacciate e costrette a difendere la propria identità, ma non è affatto vero che questo significhi inferiorità. La Bibbia non lo dice. Costola di Adamo? E con questo? Per tradizione l’osso è il materiale più nobile della terra”.
Aggiunge Nacera Benali: “Leggete la Sura delle donne. Dove sono le poveracce di spirito e di mente? La passività è frutto di interpretazioni successive. Il nodo della questione femminile nell’Islam non si scioglierà finché gli uomini avranno il monopolio dell’interpretazione del Corano. E finché tutti non potranno riferirsi a un codice civile laico”.
Da entrambe le parti dominano invece i codici tradizionali, pur declinati nelle cento anime della diaspora o del femminismo ebraico americano oppure dell’Islam. Non si piegano alle richieste delle donne, ma a quelle della Storia sì.
Spiega Elena Loewenthal: “Colei che il Talmud destina al ruolo di madre, non solo una ‘fattrice’ ma l’incaricata di trasmettere l’imprinting culturale, viene reclutata nell’esercito di Israele, va alla guerra. Da questa contraddizione, gli uomini che interpretano le scritture non sembrano essere turbati”. Non lo sono neppure gli integralisti islamici quando al terrorismo servono quote rosa di kamikaze. “Contro l’integralismo”, evidenzia Nacéra Benali, “con altre donne algerine siamo scese in piazza già nel 93: avevamo capito quello che sarebbe nato dall’Iran di Khomeini, dall’Afghanistan. Il velo? L’ho scritto anche in un libro: è una sciocchezza, un falso problema enfatizzato dagli occidentali.”