di Roberto Zadik
Le forme d’arte spesso vengono considerate linguaggi separati fra loro ma invece tante volte esse si congiungono portando alla luce memorie storiche e interiori e tante tematiche e emozioni. E il caso della serata che si è tenuta alla Fabbrica del Vapore, allo Studio Azzurro area di ricerca progressiva, martedì 24 maggio, dove dalle 21 si sono spente le luci per accogliere prima l’esibizione per violino e voce della cantante Delilah Gutman e del violinista Rephael Negri che assieme hanno eseguito gli emozionanti brani del lor
imo album “Italya”.
Subito dopo, è stato proiettato il documentario “Gli Zagabri” della regista Chiara Longo che con interviste, brani di sottofondo e splendide immagini storiche e paesaggistiche ha raccontato efficacemente le traversie di questi “zagabri”. Con questo nome veniva soprannominato un gruppo di ebrei in fuga dalla ferocia delle milizie degli Ustascia prima e dei nazisti trovarono rifugio e accoglienza nell’incantevole paesino di montagna di Aprica, piccolo paesino della Valtellina dove vengono accolti dalla popolazione locale fino all’occupazione fascista della zona, che provocherà la loro ennesima fuga verso il confine svizzero.
Tutto è cominciato con la musica e le atmosfere riflessive di quello che più che un concerto è stato un preludio scenico al documentario. Negri e la Gutman hanno suonato classici del repertorio ebraico come “Shalom Aleichem” canto che si intona sempre durante lo Shabbat e diventato estremamente popolare, qui eseguito in maniera suggestiva e particolare da Negri. Fra i brani la canzone ebraica sefardita “Cuando el Rey Nimrod”, la coinvolgente “Fire dance” e una struggente canzone yiddish che i due musicisti hanno alternato a due brevi interventi della Gutman sul canto ebraico e la sua importanza. “Ascoltare il canto è come osservare le stelle” ha detto la vocalist “con una melodia trasformiamo un attimo in secoli e anticipiamo nel presente un momento successivo. Tanti brani sono un viaggio nella memoria su chi siamo, dove siamo e queste sono le domande del canto ebraico che sono dentro di noi”. Nell’intervento successivo la Gutman ha ricordato come “la musica si svolge nel tempo e nel canto ebraico abbiamo attraversato lo Yemen, per arrivare al giudeo spagnolo degli ebrei sefarditi e ad altri canti e luoghi. La lingua e il canto sono il centro di ogni identità, lo spazio che si collega al tempo”.
Dopo la musica si è passati al documentario presentato dalla regista Chiara Francesca Longo e da Giovanni Porta che hanno collaborato assieme per la sua realizzazione.
“Grazie a tutti, sono emozionata per questa serata e alcune di queste musiche sono state utilizzate per il mio video che è stato realizzato mettendo assieme una serie di interviste e senza grandi mezzi”. “Si tratta di una testimonianza di accoglienza importante” ha sottolineato Giovanni Porta, che è genetista e docente all’Università dell’Insubria e co-realizzatore del filmato. mettendo in luce che “inizialmente gli abitanti di Aprica accolsero gli ebrei con diffidenza ma poi si crearono rapporti solidi di amicizia che durano ancora oggi a distanza di così tanti anni.”
Nel 1943 un gran numero di ebrei croati arrivò in Valtelina passando per Fiume, l’Istria e il Friuli Venezia Giulia e si trattava, come ha ricordato Porta di “ebrei colti e di buona estrazione sociale, molti erano medici e ingegneri che vennero accolti e aiutati da contadini e gente del popolo come erano gli abitanti di quei luoghi. Li chiamavano Zagabri, non solo perché venivano da Zagabria, ma perché venivano considerati strani, diversi da tutti gli altri. Si trattò di una vera rivoluzione sociale dove i più poveri, contadini e uomini semplici di montagna aiutarono quelli che erano più istruiti e abbienti. Poi tutto cambiò dall’8 settembre 1943 quando in Valtellina arrivarono i fascisti e gli ebrei furono costretti a lasciare quella zona aiutati dagli abitanti del luogo che fronteggeranno il nemico per proteggerli e impedirne il massacro.
Il filmato, realizzato in collaborazione con l’Anpi, Associazione nazionale partigiani italiani, l’Università degli Studi dell’Insubria e il Comune di Aprica, sta avendo un grande successo ed è già stato proiettato in diversi luoghi. Esso comprende una serie di interviste a vari personaggi, dall’ex direttore del Cdec Michele Sarfatti, a partigiani e combattenti della Resistenza all’Aprica come Vincenzo Negri detto Caramba, per arrivare a contadini, manovali, operai, donne che conobbero questi ebrei rivedendo convinzioni, diffidenze e pregiudizi e stabilendo con loro un rapporto profondo. Come ha specificato Sarfatti nel filmato “gli ebrei che arrivarono a Aprica erano molto diversi dall’ebreo cartaceo da vignetta con le mani adunche, i capelli ricci e il naso pronunciato. Molti di loro erano biondi, coi lineamenti regolari ed erano colti e raffinati”. La situazione che si creò in quell’anno a Aprica fu dunque un qualcosa di straordinario e il documentario riproduce con efficacia quello che è accaduto attraverso le voci dei protagonisti che con la loro semplicità fecero il bene di tanti rifugiati ebrei salvandoli dalla ferocia del nazifascismo.