Oltre 1200 star firmano la lettera aperta contro le dichiarazioni antisraeliane di Jonathan Glazer agli Oscar 2024

Spettacolo

dio Pietro Baragiola
Sono oltre 1200 i dirigenti dell’industria dello spettacolo e i creativi ebrei di Hollywood che hanno firmato una lettera aperta, opponendosi alle critiche rivolte a Israele dal regista Jonathan Glazer durante la 96° edizione degli Academy Awards.

Dopo aver ricevuto il premio Oscar per il “Miglior Film Internazionale” grazie a La zona d’interesse che racconta la vita del comandante di Auschwitz, Rudolf Höss, Glazer ha utilizzato il suo discorso di premiazione per dichiarare apertamente il proprio disprezzo verso il comportamento di Israele nell’attuale guerra contro Hamas.

“Mi rifiuto che l’ebraismo e l’Olocausto siano dirottati da un’occupazione che ha portato al conflitto per così tante persone innocenti, che si tratti delle vittime del 7 Ottobre in Israele o dell’attacco in corso a Gaza” ha affermato il regista sul palco del Dolby Theatre.

Il suo commento ha attirato inevitabilmente forti critiche sia per la formulazione delle sue parole che hanno fatto credere a molti che lui avesse rifiutato la propria identità ebraica, sia per aver utilizzato il concetto di “disumanizzazione” paragonando la guerra a Gaza con gli eventi che hanno portato alla nascita dell’Olocausto.

In risposta alla dichiarazione di Glazer la United Jewish Writers, una coalizione formata dopo gli eventi del 7 ottobre, ha pubblicato una lettera aperta per contrastare con autorevolezza le parole del regista, che rischiano di dare una motivazione ulteriore all’antisemitismo che oggi sta dilagando in tutto il mondo.

I firmatari di questa lettera riconoscono come “tragica” ogni morte innocente ma vogliono ricordare al mondo intero che la lotta di Israele non è contro i cittadini di Gaza ma contro Hamas, il vero responsabile delle vittime su entrambi i fronti.

La lettera aperta

L’autrice di The Marvelous Mrs. Maisel Amy Sherman-Palladino, il regista horror Eli Roth e l’attrice Jennifer Jason Leigh sono solo alcune delle principali figure del mondo dello spettacolo che negli ultimi giorni hanno firmato la lettera della United Jewish Writers.

Di seguito riportiamo il contenuto della lettera tradotto:

Siamo creativi, dirigenti e professionisti ebrei di Hollywood.

Ci rifiutiamo che la nostra ebraicità venga dirottata allo scopo di tracciare un’equivalenza morale tra un regime nazista che ha cercato di sterminare un intero popolo e una nazione israeliana che cerca di evitare il proprio sterminio. 

Ogni morte civile a Gaza è tragica. Israele non sta prendendo di mira i civili. Sta prendendo di mira Hamas. Il momento in cui Hamas rilascerà gli ostaggi e si arrenderà sarà il momento in cui questa guerra straziante sarà finita. Questo è vero sin dagli attacchi di Hamas del 7 ottobre.

Utilizzare parole come “occupazione” per descrivere un popolo ebraico indigeno che difende una patria che risale a migliaia di anni fa e che è stata riconosciuta come Stato dalle Nazioni Unite, vuol dire distorcere la storia stessa.

Questo gesto dà credito alla moderna diffamazione del sangue che alimenta un crescente odio antiebraico in tutto il mondo, negli Stati Uniti e a Hollywood.  L’attuale clima di crescente antisemitismo non fa che sottolineare la necessità di avere lo Stato ebraico di Israele, un luogo che ci accoglierà sempre, come nessuno Stato fece durante l’Olocausto descritto nel film di Glazer.

Dalla sua pubblicazione, avvenuta il 13 marzo, la lettera continua a raccogliere i consensi di molti protagonisti dello showbusiness hollywoodiano tra cui attori come Debra Messing, Mayim Bialik, Michael Rapaport e produttori cinematografici come Lawrence Bender (Pulp Fiction) e Amy Pascal (Spider-Man: No Way Home).

Secondo un rapporto pubblicato dalla rivista americana Variety la lettera ha portato una maggiore chiarezza nel dissenso hollywoodiano che abbiamo visto intensificarsi negli ultimi mesi, mentre le critiche contro Jonathan Glazer aumentano.

Le critiche a Jonathan Glazer

“Non ci si è preoccupati minimamente di come gli ebrei in sala avrebbero reagito a un discorso del genere, a quegli applausi e a quelle spille rosse. Non sono stati menzionati nemmeno i nostri ostaggi ed è stato tutto incredibilmente offensivo e incredibilmente doloroso.” Queste sono le parole di Brett Gelman, attore noto per serie tv di grande successo come Fleabag e Stranger Things.

Gelman non è stato l’unico dei presenti al Dolby Theatre ad essere stato profondamente scosso dalle parole di Glazer. Persino alcuni membri del cast de La zona d’interesse hanno espresso apertamente il proprio disappunto nei giorni successivi.

Il produttore Len Blavatnik, che era sul palco con Glazer durante il ritiro del premio, ha affermato alla rivista The Hollywood Reporter che, oltre ad essere molto orgoglioso del successo del film, è rimasto sconvolto dal discorso del regista e di non condividere minimamente il suo punto di vista.

Anche Danny Cohen, produttore esecutivo e co-finanziatore de La zona d’interesse, ha criticato le parole usate da Glazer durante un episodio del podcast Unholy: Two Jews on the News, andato in onda venerdì 15 marzo.

“È davvero importante riconoscere che le parole di Jon hanno sconvolto molte persone e molti sono arrabbiati. E francamente capisco questa rabbia” ha affermato il produttore durante l’intervista. “Il mio sostegno verso Israele è incrollabile e credo fermamente che la guerra e la sua continuazione siano responsabilità di Hamas, un’organizzazione terroristica genocida che continua ad abusare degli ostaggi e non usa i suoi tunnel per proteggere i civili di Gaza ma per nascondersi.”

Disapprovando in pieno le parole di Glazer, Cohen non ha potuto nascondere un velo di amarezza nel notare come l’amico regista abbia vanificato con le sue stesse parole i grandi successi ottenuti dal proprio lavoro. “Jon ha passato 10 anni a fare questo film e ha realizzato qualcosa di davvero notevole, ma a causa delle sue parole oggi si parla di più di ciò che lui ha detto in soli 30 secondi.”

Ad oggi Jonathan Glazer non ha ancora commentato pubblicamente le critiche rivolte al suo discorso.