di Pietro Baragiola
Domenica 2 marzo nel Dolby Theatre di Los Angeles si è tenuta la 97esima edizione della cerimonia degli Oscar, una notte che quest’anno si è rivelata storica per gli ebrei di Hollywood.
A dominare la categoria di Miglior Attore e Migliore Attrice Protagonista sono stati rispettivamente Adrien Brody (The Brutalist) e Mikey Madison (Anora) mentre il premio di Miglior Attore Non Protagonista è andato a Kieran Culkin che, pur non essendo ebreo, si è aggiudicato l’ambita statuetta per il suo ruolo nel film A Real Pain in cui due cugini ebrei visitano l’ex campo di concentramento di Majdanek per riscoprire la storia vissuta dalla loro famiglia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nonostante l’intera serata sia stata pervasa da ospiti, momenti e vincitori ebrei, ha anche causato forte scalpore a causa della vittoria controversa del film No Other Land nella categoria Miglior Documentario e per il discorso antisraeliano tenuto dai suoi registi sul palco della premiazione.
Questo ha scatenato le reazioni dei critici cinematografici di tutto il mondo che non hanno esitato a commentare e discutere sulle decisioni prese quest’anno dall’organo di governo responsabile degli Oscar: l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences.
I membri dell’Academy
È passato diverso tempo da quel “lontano” 2012 in cui il Los Angeles Times ha criticato l’Academy rivelando che i suoi 5.765 membri erano per il 94% bianchi e per il 77% uomini, mentre le minoranze e i membri di colore costituivano solo il 2% del gruppo.
È stata la presidentessa dell’Academy Cheryl Boone Isaacs che ha deciso di riformare il sistema di votazioni, imponendosi di raddoppiare il numero di donne e minoranze entro il 2020.
Come risultato, nel 2024 più della metà degli invitati proveniva da paesi al di fuori degli Stati Uniti in modo da includere prospettive e storie diverse sul piano internazionale. Oggi l’Academy è costituita da 10.894 membri di cui il 33% donne e il 20% fa parte delle comunità etniche e razziali sottorappresentate.
Ogni anno vengono assegnati 23 Oscar e i membri che lavorano in ciascun dipartimento dell’industria dello spettacolo determinano i nominati della propria categoria: ad esempio il ramo degli attori decide i nominati per i suoi 4 premi (Miglior Attore Protagonista, Migliore Attrice Protagonista, Miglior Attore Non Protagonista e Migliore Attrice Non Protagonista); gli sceneggiatori scelgono i candidati per le loro due statuette (Miglior sceneggiatura originale e Miglior Sceneggiatura Non Originale) e così via.
Solamente la scelta di Miglior Film differisce dalle altre in quanto viene decisa dai votanti di tutte le categorie.
I voti vengono raccolti online, senza schede cartacee, e sono tenuti segreti a tutti, tranne che ai selezionati contabili della PricewaterhouseCoopers che, ogni anno, effettuano i conteggi. Il risultato finale viene poi conservato nella famigerata busta d’oro che rimarrà sigillata fino all’annuncio sul palco.
Le controversie su “No Other Land”

‘Apartheid’ e ‘ingiustizia’ queste sono le parole utilizzate contro la sua stessa patria dal giornalista israeliano Yuval Abraham durante il Festival del Cinema di Berlino 2025 dove il suo progetto, No Other Land, si è aggiudicato il titolo di Miglior Documentario.
Il film racconta delle periodiche incursioni dell’esercito israeliano nel villaggio arabo di Masafer Yatta e delle tragiche conseguenze di una serie di operazioni militari, tra cui le demolizioni delle abitazioni della popolazione locale del centro abitato nel West Bank.
Un progetto difficile da giudicare per via della sua grande parzialità nel raccontare la storia passata, eppure è riuscito a farsi strada tra i numerosi festival dell’industria del cinema fino ad aggiudicarsi il tanto agognato premio Oscar. Come mai?
Critici di tutto il mondo nelle loro recensioni hanno apprezzato il collettivo israelo-palestinese composto da Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal che, a detta di molti, “ha dato una prospettiva unica al conflitto e alle complesse dinamiche sociali presenti in Cisgiordania tra il 2019 e il 2023”.
“È una narrazione concisa e potente che ha l’abilità di catturare l’essenza del tempo che scorre e si ripete nelle vite dei protagonisti” ha affermato Guy Lodge della rivista Variety descrivendo il film come “vitale e da vedere assolutamente”.
Alcuni giornalisti come Alex Pappademas di GQ hanno usato toni più accesi e imparziali per descrivere il film, definendolo “una dimostrazione schiacciante della continua pulizia etnica dei palestinesi in Cisgiordania da parte di Israele”.
Tuttavia, diversi hanno sollevato anche preoccupazioni riguardo al messaggio intrinseco di questo documentario e alla sua presentazione unilaterale del conflitto israelo-palestinese.
“Il film cattura in modo efficace le evacuazioni israeliane in Cisgiordania ma riflette una prospettiva attivista intrinsecamente parziale” ha affermato il critico cinematografico Andreas Scheiner suggerendo che il film avrebbe dovuto essere accompagnato da un momento di discussione critica per bilanciare la narrazione e permettere conversazioni sull’argomento senza dare giudizi affrettati.
Il Ministro della Cultura israeliano Miki Zohar ha contestato la premiazione della pellicola definendo questa vittoria “un momento molto triste nel mondo del cinema” e accusando i registi di sabotare la reputazione di Israele con parole dure che manipolano la realtà. Un gesto da lui ritenuto ancora più oltraggioso dopo i brutali massacri del 7 ottobre perpetrati da Hamas contro Israele.
Paola Brunetta di Cineforum ha difeso la decisione dell’Academy osservando che “il documentario non riguarda Gaza né la situazione attuale della Palestina post-ottobre 2023 ma si concentra solo sulla Cisgiordania tra il 2019 e il 2023, offrendo una visione approfondita delle dinamiche locali”.
Questa spiegazione però è in totale contrasto con le affermazioni dei registi Adra e Abraham che, continuando a confrontare la situazione dei palestinesi a Gaza con gli eventi accaduti in Cisgiordania, vogliono spingere il mondo intero ad agire per fermare le azioni dell’esercito israeliano, alimentando la tensione sul piano politico internazionale.
I membri votanti della categoria Miglior Documentario hanno dovuto, senza dubbio, prendere una scelta molto difficile dato che tutti i progetti in gara di quest’anno trattavano temi importanti sul piano politico e sociale: la situazione degli artisti ucraini durante la guerra in Russia (Porcelain War), la scomparsa di bambini in una scuola indiana (Sugarcane), la Guerra Fredda Americana (Soundtrack to a Coup d’Etat) e le indagini dietro gli stupri (Black Box Diaries).
Una decisione molto difficile che però ha dato modo all’odio antisraeliano di crescere e propagarsi in una serata che sarebbe dovuta restare apolitica.
Seppur lievemente, questo risultato è stato attenuato dalla vittoria come Miglior Attore Protagonista per Adrien Brody e dal suo discorso contro il crescente antisemitismo.
Complimenti e critiche a The Brutalist

Raccontando la storia di Laszlo Toth, un sopravvissuto all’Olocausto che cerca di ricostruirsi una nuova identità come architetto nell’America del dopo guerra, The Brutalist è stato molto apprezzato dalla giuria dell’Academy che gli ha conferito il premio di Miglior Fotografia e Miglior Colonna Sonora.
La performance di Brody in particolare ha ricevuto ampi consensi da parte della critica per la grande abilità dell’attore di portare sullo schermo la complessità emotiva del suo personaggio, in continuo contrasto tra disperazione e spirito di resilienza. Emozioni profonde che Brody è riuscito a trasmettere attraverso semplici sguardi accompagnati da attimi di silenzio.
“Sono le stesse caratteristiche che gli hanno permesso di vincere l’Oscar ne Il pianista e l’Academy l’ha giustamente premiato per la sua maturata profondità” ha affermato Peter Bradshaw del The Guardian.
Anche ne Il pianista Brody ha dovuto incarnare i traumi subiti dagli ebrei durante l’Olocausto e questa interpretazione gli ha permesso di diventare a soli 29 anni il più giovane attore a vincere un Oscar come Miglior Attore Protagonista, record che detiene ancora oggi.
“È un attore capace di interpretare drammi storici con naturalezza” ha affermato Marta Balaga di Cineuropa.
Ma come mai The Brutalist non ha vinto il titolo di Miglior Film nonostante in molti lo abbiano definito, attraverso l’interpretazione di Brody, ‘un’epopea sorprendente e coinvolgente’?
Il problema sembra essere stato la durata del film che supera le tre ore. Un membro dell’Academy, che ha preferito restare anonimo, avrebbe persino dichiarato in un’intervista rilasciata al Los Angeles Times di aver ‘impiegato cinque giorni a vedere The Brutalist e altri due per riaprire gli occhi’.
La stessa Academy ha commentato negativamente anche la lunghezza del discorso di accettazione di Brody che ha parlato per oltre 5 minuti e 40 secondi, superando il precedente record stabilito dall’attrice Greer Garson nel 1943 e scatenando innumerevoli meme sul web.
Ma di questo l’attore non sembra essere turbato, avendo utilizzato il “suo” momento per ringraziare la famiglia e ricordare al pubblico in sala dell’importanza di imparare dalla nostra storia: “se il passato ci può insegnare qualcosa è che l’odio non ha posto nel nostro mondo”.