Quando i luoghi raccontano la Storia: al Festival del cinema di Cannes il documentario ‘Occupied City’

Spettacolo

di Redazione
La comunità ebraica di Amsterdam e i luoghi e i quartieri dove viveva prima di essere sterminata dai nazisti è al centro del documentario di quattro ore Occupied City, presentato in questi giorni al Festival di Cannes.

Girato ad Amsterdam da Steve McQueen, già vincitore della Camera d’or nel 2008 con Hunger e premio Oscar per Dodici anni schiavo, il documentario propone immagini nelle case o negli edifici ormai distrutti (la parola Demolished si ripete come un leimotiv) dove queste donne, uomini e bambini vivevano prima di essere arrestati e poi internati nei campi olandesi, prima di essere deportati e poi uccisi ad Auschwitz o Theresienstadt. Mentre scorrono le immagini dei luoghi oggi, vengono raccontate le loro storie e quelle degli ebrei che lì vivevano e che furono deportati.

Ad esempio, il cortile di una prigione, dove gli ebrei erano costretti a sfilare cantando: “Sono un ebreo, picchiami fino alla morte, è solo colpa mia” è oggi un openspace che si affaccia sull’Hard Rock Cafè, mentre il quartier generale della polizia nazista è oggi una scuola.

Avendo girato durante l’epidemia di Covid, l’artista inglese, grazie in particolare a prodigiose immagini girate di notte con un drone, mostra strade vuote a causa del confinamento e traccia uno strano parallelo con il coprifuoco imposto durante la seconda guerra mondiale.

Il film si ispira ad Atlante di una città occupata (Amsterdam 1940-1945), opera della compagna di Steve McQueen, la storica olandese Bianca Stigter.

La comunità ebraica dei Paesi Bassi, e più in particolare quella di Amsterdam, che allora contava poco più di 100.000 membri, tra cui la giovane Anna Frank, fu, in proporzione, una di quelle che più soffrirono l’Olocausto in Europa.