“Ricordando Gene Wilder”: più che un omaggio

Spettacolo

di Roberto Zadik

Esce l’atteso documentario Remembering Gene Wilder sul grande attore e regista americano. Non solo un omaggio alla star di Frankenstien Jr ma una serie di aneddoti anche sul suo complesso rapporto con Mel Brooks

Meno intellettuale di Woody Allen e più delicato dello scoppiettante Mel Brooks che lo portò al successo dirigendolo mezzo secolo fa nel suo esilarante Frankenstein Jr., Gene Wilder, all’anagrafe Jerome Silberman, è il protagonista del nuovo e attesissimo documentario Remembering Gene Wilder (Ricordando Gene Wilder). Diretto da Ron Frank e dedicato al celebre attore, commediante e sceneggiatore, passato alla storia per la leggerezza e l’elegante eccentricità delle sue commedie come La signora in rosso orchestrata dalle musiche di Stevie Wonder, parodie del genere western come Mezzogiorno e mezzo di fuoco o per la vena fiabesca di pellicole come Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, il film è stato presentato nei giorni scorsi in varie città americane da New York a Los Angeles.

Stando all’articolo del Los Angeles Times, uscito lo scorso 20 marzo e firmato da Gary Goldstein, si tratta di un’ opera speciale, che svela Wilder attraverso una serie di interviste ad amici e collaboratori, dal suo “pigmalione” Mel Brooks, con cui ebbe una relazione professionale e amichevole complicata e profonda, fino agli attori Carole Cane e Alan Alda: curiosità sulla sua stravagante personalità, la sua famiglia e la sua identità ebraica totalmente laica ma molto legata al suo retroterra Yiddish e alle sue origini.

Nato l’11 giugno 1933 a Milwakee da genitori ebrei russi e scomparso poco dopo il suo ottantatreesimo compleanno, il 29 agosto 2016, il celebre intrattenitore rivelò fin dall’infanzia il suo straordinario talento comico, provando a far ridere la sua adorata madre che era stata colpita da un infarto, con una serie di sketch. Dalla fine degli anni Sessanta, iniziò la sua lunga e luminosa carriera cinematografica legandosi fin dal 1967 a Mel Brooks e trionfando come attore nel suo spumeggiante esordio alla regia in Per favore non toccate le vecchiette come antagonista di un altro grande caratterista ebreo americano come Zero Mostel.

Nel documentario vengono alternate interviste a vari amici e collaboratori e registrazioni in cui, con la sua voce e la verve che lo caratterizzò sempre, racconta aneddoti  spassosi, dal suo audiolibro Kiss me like a stranger del 2005. Nel filmato viene esplorata anche la sua vita privata e il profondo dolore provocato dalla perdita dell’adorata moglie Gilda Radner, scomparsa a soli quarantadue anni nel 1989. Sua collega e correligionaria, anche lei attrice ebrea americana, conosciuta all’interno del famoso show televisivo Saturday Night live, i due si innamorarono recitando assieme nel 1982 nella commedia Hanky park. Sconvolto dalla perdita della moglie ma deciso a ricominciare a vivere, Wilder si legò a Karen Webb sposata nel 1991.

 

Da sinistra, Gene Wilder e Harrison Ford in ‘Scusi dov’è il west?’

 

Il documentario rappresenta, secondo le prime recensioni dei media d’oltreoceano, un tributo estremamente “intimo e penetrante” come lo definisce il Los Angeles Times che fornisce un ritratto unico della star, vista da vicino e nella sua essenza.

 

Ma qual è stato il rapporto con Mel Brooks e la sua identità ebraica? Ad approfondire questi argomenti, l’articolo del Jewish Telegraphic Agency (JTA), di Stephen Silver che sottolinea, in tema di ebraismo, come Wilder avesse dichiarato una profonda appartenenza verso le sue radici ebraiche anche se “non credo né in Dio né in qualunque cosa abbia a che fare con la religione ebraica”. A questo proposito l’interessante articolo cita anche l’opinione della studiosa Jenny Caplan, docente di religioni e cultura popolare all’Università del Michigan, che evidenzia come “Gene Wilder fosse un grande esempio di intrattenitore la cui ebraicità era al tempo stesso implicita ed esplicita, che si percepiva attraverso alcuni personaggi come Leo Bloom e Frederick Frankenstein  al centro delle trame dei suoi film realizzati assieme a Mel Brooks”. Ma che rapporto ebbero fra di loro? Molto diversi ma legatissimi, stando a quanto ha raccontato il regista Ron Frank “venivano da due posti e da due ambienti diversi  e il loro stile e la loro mentalità era agli antipodi. Mel era un tipico ebreo newyorchese, un funambolico intrattenitore mentre Gene era cresciuto nel Wisconsin e non era un commediante come lui  ma invece  un attore da commedia“. Approfondendo questa definizione egli ha aggiunto “diversamente da Brooks, non forzava la battuta e non cercava la comicità ma attendeva che venisse fuori spontaneamente e questo rendeva tutto molto più autentico”.

Cresciuto guardando gli sketch di grandi comici correligionari e connazionali come Danny Kaye e Jerry Lewis, Wilder lavorò con Brooks in alcuni film compreso il riuscito musical The producers; i due erano intimi amici diventando talmente inseparabili che quando un membro della produzione della pellicola voleva convincere Brooks a licenziarlo dal cast egli rifiutò.

Gene Wilder in Willy Wonka

 

Diretto da Ron Frank scritto assieme a Glenn Kirschbaum e prodotto da Julie Nimoy, figlia di uno dei protagonisti di Star Trek, Leonard Nimoy, celebre per il suo ruolo di Spock , il documentario analizza ogni aspetto della vita e della personalità di Wilder compresi i suoi difficili ultimi anni di vita quando la sua brillantezza venne oscurata dalle complicazioni del morbo di Alzheimer segnando l’inesorabile declino di questo protagonista dell’umorismo ebraico americano.