La protagonista della serie Tehran

“Tehran”, il thriller israeliano che conquista il mondo e fa arrabbiare i vicini iraniani  

Spettacolo

di David Zebuloni
Già affermata nel campo dell’Hi-Tech e della ricerca, della tecnologia e della medicina, nell’ultimo decennio Israele si è riscoperta essere anche esportatrice di grandi successi cinematografici. Dopo aver esplorato la realtà ultraortodossa di Shtisel e aver compreso più a fondo il conflitto israelo palestinese con Fauda, a conquistare i piccoli schermi di tutto il mondo è il nuovo thriller Tehran, una miniserie co-prodotta da Apple TV e già venduta in più di 130 paesi. 

La trama

La trama è incentrata interamente sul personaggio di Tamar Rabinyan, una giovane hacker israeliana dalle origini iraniane, che viene inviata a Teheran per conto del Mossad con lo scopo di portare a termine una pericolosa missione: intrufolarsi nella centrale elettrica della capitale e oscurare l’intera città così da neutralizzarla, mentre gli aerei dell’aeronautica militare israeliana bombardano un reattore nucleare e impediscono all’Iran di ottenere la bomba atomica. 

L’Iran: “affronto sionista”

Surrealistico o meno che sia, Tehran ha sollevato un gran polverone. Nonostante l’abbraccio della critica e degli spettatori, la miniserie israeliana è stata censurata in Iran ed è stata definita dagli stessi media iraniani “un affronto sionista”. Si potrebbe dire che l’opera abbia oltrepassato lo schermo del televisore incrinando irreversibilmente i rapporti tra i due Stati, se solo non fosse che i rapporti tra i due Stati in questione fossero incrinati irreversibilmente già da prima. 

“In persiano esiste un proverbio che dice che si possono chiudere le vie di una città, ma non si può chiudere la bocca ad una persona”, commenta a riguardo l’attore iraniano di religione musulmana Navid Negahban, che nella serie recita la parte del corrispondente iraniano per conto del Mossad. “I cittadini iraniani sono stanchi del regime totalitario in cui vivono e sono certo che faranno tutto il possibile per vedere Tehran”, aggiunge l’attore iraniano di religione ebraica Shaun Toub, che recita invece la parte dell’agente iraniano intento a fermare la giovane infiltrata israeliana.  

“Vedere un attore musulmano che recita la parte del traditore della patria impegnato ad aiutare il Mossad, e un attore ebreo che recita invece la parte dell’agente iraniano che vede nell’esistenza dello Stato d’Israele il male assoluto, è di per sé una conquista”, spiega il regista Daniel Syrkin alle telecamere di kan 11. Poi aggiunge: “Tehran è forse la produzione più ambiziosa che il cinema israeliano abbia mai visto. La serie è stata girata ad Atene, in Grecia, dove abbiamo dovuto chiudere quartieri interi per settimane, nel tentativo di ricreare alla perfezione le ambientazioni della città di Tehran. Quando sono arrivati gli attori iraniani non credevano ai loro occhi, per un attimo hanno creduto di essere tornati nella loro città natale.”

Degna di nota anche l’interpretazione della giovane Niv Sultan nel ruolo di Tamar (nella foto), che per l’occasione ha dovuto imparare il persiano da zero, ottenendo risultati sbalorditivi. “Nonostante Niv non abbia nulla a che fare con l’Iran, sembra che sia nata e cresciuta lì”, commenta Rosa, la sua insegnante di persiano. Una simpatica nonnina di origine iraniana che ha seguito Niv per tutta la durata delle riprese, insegnandole non soltanto i rudimenti della lingua, ma trasmettendole anche la sua passione per la cultura persiana, così ricca di usi e costumi. 

La nuova Fauda?

In molti hanno incoronato la miniserie Tehran definendola la nuova Fauda della televisione israeliana. Appartenenti sicuramente allo stesso genere cinematografico, Tehran e Fauda non si assomigliano poi così tanto. Meno violenta e più sofisticata rispetto alla compagna Fauda, Tehran ha saputo distinguersi specie per la sua capacità di raccontare una storia al di fuori della sua trama. Ovvero, per la capacità di raccontare l’oppressione del totalitarismo iraniano, nonostante quest’ultimo non fosse protagonista della vicenda di Tamar Rabinyan. Ad accompagnare infatti l’hacker israeliana vi è un gruppo di studenti universitari, vestiti da perfetti occidentali e senza alcun velo a coprire il viso, che manifestano opponendosi al regime. 

A caratterizzare il thriller israeliano è l’atmosfera cupa che ricopre la capitale iraniana. Un’atmosfera grigia che pare essere contagiosa e dalla quale non sembra esistere via di fuga. Più che raccontare il conflitto con il grande nemico, lo Stato di Israele, Tehran racconta il conflitto interno di un popolo oppresso che desidera solamente vivere in libertà.