di Roberto Zadik
Come ogni anno, arriva a fine estate, dal 29 agosto all’8 settembre, il tanto atteso appuntamento con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. In questa 75esima edizione del Festival di Venezia, autori e registi ebrei svolgeranno un ruolo fondamentale coi loro nuovi film e i premi alla Carriera di acclamati autori, come il regista ebreo canadese 75enne David Cronenberg, uno dei più grandi registi horror fra gli anni 80 e gli anni 90, assieme a Wes Craven – come dimenticare il mitico “Nightmare”-, a John Carpenter e la saga di “Halloween”, a Clive Barker col mostruoso “Hellraiser”, a Tobe Hooper coi suoi “Non aprite quella porta”. Ma Cronenberg ha un suo “tocco personalizzato” vediamo qualche sua caratteristica. PREMIO ALLA CARRIERA AL MAESTRO DELL’HORROR CRONENBERG Si comincia dal Premio alla Carriera per il grande regista ebreo canadese David Cronenberg, autore colto, inquietante, originale e dichiaratamente ateo, nato da una agiata famiglia ebraica di origini lituane (suo padre era giornalista), che ha realizzato famosi “cult” del genere horror, dal suo leggendario “La mosca” con il correligionario americano Jeff Goldblum, a “Inseparabili” con Jeremy Irons, fino a un altro grande film come “La zona morta” con Christopher Walken. Caratterizzato da trovate spettacolari, scene paradossali e a volte molto impressionanti e da uno stile estremamente diretto e originale e spesso e volentieri assolutamente spiazzante e pervaso da uno strano senso dello humour e da una serie di domande esistenziali e filosofiche e da un gusto intellettuale che ricordano molto altri registi ebrei americani, come Stanley Kubrick che esordì nell’horror nel 1980 col suo splendido “Shining” con un memorabile Jack Nicholson nella parte dello scrittore nevrotico in uno dei migliori adattamenti cinematografici da Stephen King. QUALI I PRINCIPALI FILM EBRAICI DEL FESTIVAL? Setacciando minuziosamente il programma della kermesse, qui alcuni grandi film di celebri registi del mondo ebraico di cui intendo occuparmi in questo articolo sul “lato ebraico” del Festival visto che quintali di pagine sono già stati scritte sulla manifestazione. Primi fra tutti i Fratelli Coen con il loro folgorante ritorno al western col nuovo lungometraggio a episodi “The ballad of Buster Scruggs” dopo che da anni non si cimentavano in questo genere, dai tempi del bel rifacimento de “El grinta” classico con John Wayne. Ma di cosa parla questa pellicola? Tratta dalla serie tv su Netflix la pellicola ha come protagonisti un cowboy musicale e eccentrico e strampalato che canta canzoni e altri personaggi interpretati da un cast d’eccezione, da Liam Neeson star del commovente “La lista di Schindler”, il bravo James Franco, di madre ebrea russa e già famoso a soli 40 anni per vari film anche importanti, dalla serie tv “Freeks and Geeks” dove interpreta il grande James Dean, alla saga di Spider Man a “Milk” di Gus Van Sant in coppia con Sean Penn, al cantautore Tom Waits. Molto atteso anche il nuovo lavoro dell’eccentrico e controverso pittore e regista ebreo newyorchese Julian Schnabel con le vicissitudini di Van Gogh nel suo “At eternity’s gate” (Al cancello dell’eternità”). Autore geniale, pittore di fama internazionale, famoso sia per il talento visivo e registico ampiamente dimostrato in film come “Basquiat” e “Lo scafandro e la farfalla” così come per la sua relazione con la giornalista palestinese Rula Jebreal con cui girò il controverso e discusso “Miral” ora questo autore torna alla sua passione pittorica. Un genio inquieto e fragile come Van Gogh, interpretato dal bravo Willelm Dafoe, attore 63enne molto famoso fra la fine degli anni 80 e il decennio successivo, nel 1986 realizzò “Platoon” con Oliver Stone e poi vari film come “Il cattivo tenente” di Abel Ferrara. Nel film il genio olandese viene descritto nella sua fase finale, nei turbinosi anni in Francia dove conobbe il suo amico-amante Gauguin in una relazione a dir poco tormentata prima di sprofondare nella follia che lo portò al suicidio a appena 36 anni, il 29 luglio 1890. Van Gogh ispirò vari autori, da Vincent Minelli per il suo “Brama di vivere” con un eccelso Kirk Douglas fino a Kurosawa nel suo film a episodi “Sogni” dove nei panni del pittore, il regista Scorsese. Prevista al Festival anche una sezione “Classici” dove verrà riproposto un classico come “A qualcuno piace caldo” del grande Billy Wilder, ebreo austriaco naturalizzato americano passato alla storia per le sue commedie come “Quando la moglie va in vacanza” sempre con la sua attrice più difficile e magnetica Marylin Monroe con cui ebbe un rapporto complesso. Sempre in tema di autori fondamentali del mondo ebraico anche il film “Il Golem come venne al mondo” (Su Mosaico lo special di Nathan Greppi). E il documentario “The great buster” del raffinato Peter Bogdanovich autore di grandi film anni ’70 come “Ultimo spettacolo” e “Paper Moon”. Passando agli autori ebrei europei, molto originale anche i film del regista ebreo francese Olivier Assayas e quello dell’ungherese Laszlo Nemes. Riguardo al primo, Assayas di padre ebreo turco e di madre ungherese, animo inquieto e originale e attivo dalla fine degli anni ’70, arriva sulla Laguna col nuovo “Doubles vies” (Doppie vite”) con una delle star di punta del cinema d’oltralpe come la bravissima Juliette Binoche, protagonista di vari “cult” da “Il danno” di Louis Malle, ai film di Kiezlowski, a una delle sue migliori interpretazioni assieme a Daniel Day Lewis nella trasposizione dal capolavoro di Kundera “L’insostenibile leggerezza dell’essere. Qui l’attrice 54enne sarà al centro della commedia brillante in coppia con l’attore e regista Guillaume Canet nella parte di un eccentrico editore alle prese con le vicissitudini del lavoro e della sua vita privata. Passando alla Budapest di Lazslo Nemes, autore dello splendido e duro “Il figlio di Saul” vincitore agli Oscar e narrazione sobria e tragica della Shoah e del dramma di un padre che deve seppellire suo figlio, ora arriva con “Sunset” (Tramonto) appassionata storia amorosa ambientata nella Prima Guerra Mondiale a Budapest e narra di una donna che cerca un uomo misterioso, in una parabola emozionante fra mondo interiore e eventi storici ben ricostruiti in questa efficace pellicola. E L’ITALIA? Le leggi razziali all’80esimo anniversario della loro promulgazione saranno raccontate assieme al dramma degli ebrei italiani che vennero travolti da questi provvedimenti nel documentario “1938, Diversi” di Giorgio Treves. Un quadro estremamente efficace e ben diretto che comprende materiale storico, filmati, interviste a autorevoli storici come Michele Sarfatti e Alberto Cavaglion e a personaggi di primo piano come la Senatrice Liliana Segre all’ex Sindaco di Roma Valter Veltroni. Treves è un ottimo autore che ha lavorato con grandi nomi come Vittorio De Sica, Francesco Rosi e Visconti vincendo importanti premi per le sue opere come “Rosa e Cornelia” o “La coda del Diavolo” come il David di Donatello e altri riconoscimenti. Qui conferma il suo talento con questa intensa e inedita ricostruzione di quanto avvenne nei bui anni del Fascismo e preziosa riflessione sulla gravità di stereotipi e pregiudizi. ISRAELE, CON GITAI CON DUE DOCUMENTARI E NOA ALLA SUA PRIMA INTERPRETAZIONE, PORTMAN E YARON SHANI E LA SUA TRILOGIA A 70 anni dalla sua nascita, fra le celebrazioni, fondamentale anche ricordare il cinema israeliano protagonista di vari premi, festival e importanti rassegne da vari anni anche nel nostro Paese. Grazie a talenti come il bravo e ribelle Amos Gitai, il più famoso regista israeliano all’estero e ad altri grandi nomi, da Eran Riklis, Shmuel Maoz, premiato a Venezia nel 2009 per il suo “Lebanon” e a tanti altri. Autore discusso, spesso discutibile ma di alto livello visivo e contenutistico, bellissimi i suoi “The book of Amos” piuttosto che “Last day” su Rabin, Gitai, 68 anni il prossimo 11 ottobre, ora sbarca a Venezia con due importanti documentari. Controverso e spesso polemico, uno dei suoi film più aspri “Kadosh” che aveva suscitato reazioni accese, quest’anno esce allo scoperto con due pellicole entrambi al festival. Primo titolo è il documentario “A letter to a friend in Gaza” (Lettera a un amico a Gaza”) dove citando un grande scrittore come Albert Camus in linea col suo cinema colto e intellettuale, ma anche politicizzato e spiazzante si immerge negli stati d’animo del mondo arabo, raccontando storie di palestinesi, scelta molto insolita che farà sicuramente discutere visti anche i testi scelti di autori decisamente spinosi come il poeta palestinese Mahmoud Darwish . Più conciliante e molto interessante anche il film “A tramway in Jerusalem” (Un viaggio a Gerusalemme) che come scritto su vari siti, da Variety a Jerusalem Post, avrà nel cast la cantante Noa alla sua prima interpretazione e racconta le “varie anime” di Gerusalemme. Tutto questo a bordo di un tram che attraversa la capitale israeliana, riunendo emozioni, volti, sentimenti in un’opera di grande originalità e intensità. Accanto a Gitai e a Noa, ci sarà anche un’altra icona di Israele come l’attrice Natalie Portman che a soli 37 anni, ha riunito una serie di interpretazioni di enorme successo, da “Zoolander” di Ben Stiller a “Closer” di Mike Nichols celebre per il suo “Il laureato”, a” Free Zone” del connazionale Gitai, al Cigno nero di Aronofsky, una delle sue parti migliori. Qui reciterà in “Vox lux” (Voce luce) in coppia col fascinoso Jude Law in una trama con al centro una pop star risucchiata da un vortice di situazioni e colpi di scena. Ultimo autore che intendo citare è un certo Yaron Shani un simpatico 45enne autore del bellissimo “Ajami” e presente a Venezia nella sezione “Orizzonti” col suo “Stripped” storia intimista che narra la relazione fra una promettente scrittrice e il suo vicino di casa. Queste e molte altre le sorprese di quest’anno in un Festival decisamente brillante e a modo suo “ebraico” visti i tanti autori e attori ebrei che vi parteciperanno.
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A Venezia per il Festival: film, attori e autori ebrei nell’edizione 2018
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