di Roberto Zadik
Avrebbe compiuto un secolo fra quattro mesi, il prossimo 14 luglio, ma il 10 marzo ancora 99enne si è spento l’importante produttore discografico ebreo egiziano David Matalon. Esempio di intuito, affidabilità, onestà e grinta, come lo ricordano amici e parenti, esponente di punta di un mondo musicale e imprenditoriale ebraico italiano sommerso e decisamente vivace – si pensi ad altri produttori come David Zard o Leo Wachter ebreo polacco scomparso 20 anni fa che portò i Beatles in tourneè in Italia nel 1965 ai tempi di Help – Matalon è passato alla storia per aver scoperto nientemeno che Mina.
Appena è morto presso la Residenza Anziani della Comunità ebraica milanese, la notizia, annunciata dai suoi parenti su facebook e diramata dall’agenzia Adnkronos, ha subito attraversato il web.
Famoso per i modi signorili e affabili – fino all’ultimo lo chiamavano Il signor Matalon -e per la meticolosa capacità di “fiutare” nuovi talenti, nato ad Alessandria d’Egitto negli anni ’50 si dedicò alla musica fondando fra le varie attività l’etichetta discografica Italdisc, come ricorda l’omaggio nella sezione milanese del Corriere, per cui lavorarono anche altri grandi nomi come Ricky Gianco e soprattutto Roberto Vecchioni. Personaggio avventuroso e intraprendente, fece il giro di vari locali italiani, in cerca di nuovi talenti. Fino a quando nel 1958, avvenne “l’illuminazione”, in un paesino del cremonese come Casteldidone, quando scoprì una certa Annamaria Mazzini che egli portò alla fama prima con lo pseudonimo di Baby Gate e successivamente lei sfondò con quello di Mina.
Da lì un successo dell’artista e di Matalon, che la seguì dagli inizi della sua carriera quando cantava brani sconosciuti, come ricorda Shalom, fra cui Malatia/ non partir fino a classici come Tintarella di Luna, del 1960 e soprattutto Il Cielo in una stanza, rifacimento sublime della canzone di Gino Paoli. Matalon fu dunque l’iniziatore del percorso artistico di un’icona della musica italiana come Mina, soprannominata La Tigre di Cremona con quella sua voce avvolgente e il fascino sospeso fra aggressiva espressività e fragilità che l’avrebbero contraddistinta in successi come Se telefonando scritta nel suo testo insospettabilmente da Maurizio Costanzo e musicata da Ennio Morricone e la struggente Io e te da soli, dell’amico Lucio Battisti, favolosa la loro apparizione tv del 1972.
La cantante cremonese dopo un decennio alla ribalta e sempre sulle scene si chiuse sempre più in se stessa, interrompendo le apparizioni in video e restando famosa solo per le sue opere in sala d’incisione. Successivamente, sempre più lanciato nel mondo musicale, impegnato nella gestione dell’azienda Italdisc-Ducale, di dischi e cassette Matalon dal pop melodico italiano passò ad altri generi musicali. Dalla classica, al jazz alla musica etnica, confermando gusto per la sperimentazione e talento manageriale. Un personaggio che ha lasciato un segno nel mondo musicale e nella cultura italiana di ieri e di oggi.