Chagall: omaggio a uno dei geni dell’arte ebraica, in attesa della conferenza al Beth Shlomo su “Arte e ebraismo”

Taccuino

di Roberto Zadik

Stavolta non parlo di registi o di cantanti, ma passo alla pittura ebraica e a uno dei suoi esponenti più espressivi e longevi come Moshe Segal meglio conosciuto come Marc Chagall, vissuto 98 anni e nato 130 anni fa il 6 luglio 1887 (Cancro ascendente Scorpione). Ebreo bielorusso di famiglia osservante e chassidica ha attraversato il Novecento e tutte le sue contraddizioni restituendo al mondo l’universo perduto e distrutto per sempre degli Shtetl, villaggi ebraici resi noti da film come “Il violinista sul tetto” e da tanta letteratura ebraica, da Shalom Aleichem a Singer.

Chagall è stato assieme a Camille Pisarro e a Amedeo Modigliani uno dei pittori ebrei più importanti e ne parlerò mercoledi 22 marzo dalle 20.30 alla sinagoga Beth Shlomo nella serata “Ebraismo, arte e fumetti. Dalla Torah a Chagall, da Modigliani a Superman”.

Ma che tipo era Chagall e come mai i suoi quadri sono tanto importanti? Artista molto celebre fra le vecchie generazioni e un po’ dimenticato, e scusate se dico sempre quello che penso, dai giovani – e lo dico da ex appartenente a questa illustre categoria -, Chagall si contraddistingue per la personalità sognante, misteriosa e combattiva e per la profonda vena onirica, nostalgica e autobiografica che caratterizza le sue tele. Sposato due volte e rimasto vedovo alla fine della Seconda Guerra Mondiale – ha ritratto spesso e volentieri sua moglie Bella, seppur trasfigurata dalla fantasia, in quadri come “La passeggiata” o ne “Il compleanno” -, questo artista ha vissuto un’esistenza lunga e piena di soddisfazioni ma anche di difficoltà. Vissuto in vari Paesi, dalla nativa Bielorussia alla Francia, dove strinse amicizia con Picasso, Braque e il poeta Apollinaire, a Israele, Chagall rappresentò la tipica condizione ebraica novecentesca pre e post Shoah di apolide e sradicato e al tempo stesso molto legato alla sua terra, come accadde a diversi artisti e scrittori del mondo ebraico ahskenazita e italiano che non persero mai il legame con le loro origini pur vivendo a chilometri di distanza dal luogo natio.

Come ebreo fra la fine dell’ottocento e la Shoah  subì varie persecuzioni, il villaggio natale di Vitebsk venne incendiato dalle truppe dello zar e dovette lasciare la sua casa assieme alla famiglia e così fu costretto a abbandonare la bellissima Parigi Belle epoque invasa dai nazisti nascondendosi a Marsiglia. Nonostante drammi e sofferenze di vario tipo, devastato dalla scomparsa della moglie Bella Rosenfeld, si risposò nel 1952 con Valentina Brodsky, anche lei ebrea russa. Assieme andarono nell’appena nato Israele dedicandosi a dipingere opere come le vetrate dell’Ospedale Hadassah e poi del  Parlamento, la Knesset. Pur con momenti di assimilazione e di confusione, Chagall mantenne sempre molto forte la propria identità ebraica ispirandosi costantemente alla Torah e alle sue radici ebreo russe, come ben si vede in tele come “L’ebreo in rosa”, “Mosè che riceve le tavole della legge” e “La sinagoga di Vilna” con tele scintillanti di colori, di sogni e di emozioni ma sempre delicate e eleganti, lontane dalla malizia decadente e anch’essa di grande livello di Modigliani. Pur assorbendo influssi cubisti, fauvisti e avanguardisti, Chagall restò sempre coerente con lo stile fiabesco sfuggendo, come gli imponeva la sua natura riservata e anticonformista a qualsiasi etichetta o definizione, assorbendo e rielaborando qualunque genere ma senza appartenere a nessun genere o filone predefinito.

Molto attivo fra gli anni 20’ e gli anni 50’ e sempre meno, ormai molto anziano, dagli anni ’80 in poi, Chagall ha vissuto pienamente il 20esimo secolo spegnendosi nel 1985 nella sua amata Francia e è sempre stato colto e poliglotta parlando perfettamente russo, yiddish e francese che divenne la sua seconda lingua come nel caso dello scrittore Elie Wiesel e dei due intellettuali romeni, Ionesco e Cioran.