di Roberto Zadik
Il grande Ben Harper – scorpione -, è un artista spiazzante, imprevedibile, versatile che cambia band spesso e volentieri, sparisce e ritorna, cerca ispirazioni fra i generi musicali più diversi e che come Lenny Kravitz nasce dalla compresenza fra due culture, quella ebraico ashkenazita e afroamericana.
Di madre di origini ebraico lituane e di padre di colore e mezzo indiano Cherokee, come il leggendario Jimi Hendrix, Harper non sfornava più album da 8 anni, dal lontano 2007 e ora dal 16 aprile arriva col nuovo “Call what is it” (Chiamatelo per quello che è) dove il cantautore californiano suona assieme alla sua formazione più duratura quella degli “Innocent Criminals”, il nome è assolutamente spassoso, dei “Criminali innocenti”. Personaggio stravagante e capriccioso dal 1995 a oggi, in vent’anni di carriera, ha cambiato tante formazioni tutte messe a punto estemporaneamente dall’irrequieto musicista che avevano nomi altrettanto strani,ad esempo i “Fistful Mercy” (una pietà coi pugni). Già da quando ero speaker radiofonico aveva catturato il mio interesse e ora attendo con ansia il nuovo lavoro di questo eclettico artista che a 47 anni sembra non aver esaurito la sua vena creativa sebbene le lunghe pause alle quali ci ha abituato. Harper è un vero talento musicale, ex bambino prodigio, intenso, riservato e energico nella vita e nelle sue creazioni. Lo notai subito da quando ascoltai i suoi album, e sua canzoni di vario tipo che ha composto. Dal reggae un po’ pop di “With my own two hands” a tracce magnetiche come “When she believes, “Boa Sorte”(Buona fortuna in portoghese) in duetto con la sensuale vocalist brasiliana Vanessa De Mata o la leggera “Diamonds on the inside”.
Ma cos’ha di tanto speciale questo cantautore? Da subito, quando lo ascoltavo nei primi anni di Università, sono rimasto colpito dalla sua voce melodiosa ma anche rauca e robusta, dalla sua abilità nel suonare vari strumenti, altro punto in comune con Kravitz e dal repertorio che oscilla fra vari generi e ritmi, passando da brani di sua produzione e “cover” come si dice in linguaggio musicale, ovvero rifacimenti di brani altrui. Mi vengono in mente bei lavori come “The drugs don’t work” rivisitazione di una bellissima canzone dei Verve, “Strawberry fields” dei Beatles. Harper sa stupirci e ammaliarci con canzoni potenti come la bellissima e rockissima “Shimmer and shine” o ballate suggestive come “Please like you want to” creare atmosfere e rievocare sensazioni e ricordi e passare dalla leggerezza allegra di “Steal my kisses from you” a canzoni dense e malinconiche come “Another day”. Con tre matrimoni, uno con l’attrice Laura Dern, una delle preferite del regista David Lynch che la volle per “Velluto Blu e cinque figli, Harper ora torna alla carica e preannuncia un intenso tour che lo porterà anche in terre lontane come l’Australia e la Nuova Zelanda e la sua canzone che apre il nuovo lavoro “Pink Balloons” è la prima traccia inedita disponibile. Harper dal 2007 a oggi però non era rimasto inerte ma aveva realizzato due album, scissi dalla sua carriera abituale. Come “Give till it’s gone” e l’acustico “Childhood” nientemeno che con la madre, altra sua stranezza, la prima volta che sento una cosa del genere, ma il risultato non era stato male anche se nulla di eccezionale. Nella sua carriera egli ha collaborato con diversi artisti, dall’amico Eddie Vedder, leader dei Pearl Jam, fino al musicista Jack Johnson. Ora Harper torna e ogni suo ritorno è un evento vista la qualità delle sue creazioni e il fascino della sua personalità.