di Roberto Zadik
Non è facile scrivere di Israele e specialmente in un momento tanto teso come quello attuale, è ancora più complesso, soprattutto se si intende farlo in maniera incisiva e pacata, non alzando i toni ma cercando di mantenere fermezza e decisione contro accuse, faziosità e stereotipi che spesso sui social network e fra la gente comune non mancano mai di presentarsi. Una sfida accolta e portata a termine con efficacia dalla scrittrice Edith Shimona Ariela Besozzi e dal suo nuovo libro Io sono sionista (189 pp, Belforte Editore, 19 euro) che in pagine sintetiche e scorrevoli descrive la sua esperienza in Israele nel 2008, unendo aspetto religioso e laico dello Stato ebraico, entrambi imprescindibili, raccontando retroscena e curiosità della quotidianità, descrivendo luoghi, città, paesaggi suggestivi dello Stato ebraico in un’opera che è molto di più di un saggio apologetico e politico ma che oscilla fra romanzo e testimonianza, fra cronaca dei fatti e diario emotivo e partecipe in grado di unire, religiosità, cultura, poesia e politica in un insieme omogeneo e molto originale. Il testo verrà presentato, domenica 15 maggio, dalle 12 presso la Società Umanitaria, via San Barnaba 48 all’interno del programma delle celebrazioni per lil 68esimo anniversario dell’Indipendenza d’Israele, Yom Hazmaut organizzate dall’Associazione Amici di Israele, Adi, in collaborazione con la Comunità ebraica milanese.
Preceduto da due accurate introduzioni dei giornalisti Ugo Volli e Deborah Fait, il libro della Besozzi è un coinvolgente viaggio nel’;identità ebraica e nella difesa di Israele che per l’autrice consiste in un allontanamento dagli antichi idoli” e dalle sue idee politiche e dalle convinzioni precedenti, per un ritorno a se’ stessi” rappresentato secondo l’autrice dal sionismo che non è “né di destra né di sinistra”.
Il testo è schietto e coraggioso e affronta diversi temi. Fra questi l’identità ebraica dell’autrice, al suo rapporto molto intenso con la Terra d’Israele, da difendere a ogni costo e con razionale fermezza dall’odio, dalle bugie e dalle deformazioni di certa informazione parziale, ingiusta e molto pericolosa, ricordi famigliari e personali, la descrizione delle città e dei luoghi, dalla vivace e giovane Tel Aviv. Al Mar Morto, alla spirituale Gerusalemme e dei Kibbutzim fino al tormentato rapporto fra Israele e la popolazione musulmana palestinese e al fatto che “i palestinesi abbiamo bisogno di regole” come dice in una delle seioni dedicate a questo argomento. Tante le pagine piene di poesia e di suggestioni su atmosfere, colori e paesaggi che si alternano a lucide analisi politiche e etiche.
Arrivata all’Aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv assieme all’Associazione Amici di Israele, la Besozzi descrive con grande efficacia luoghi e sensazioni, quell’energia morbida e accogliente” di quel Paese dove sentirsi a casa dove, specifica, non “più essere più una diversa ma semplicemente lasciandomi essere”. L’autrice nel libro evoca anche diverse parentesi religiose, dalle festività di Rosh Ha Shanà, a Kippur, mischiando, come raramente accade, riferimenti all’ebraismo e considerazioni oggettive e più “laiche” citando la Torah, i Salmi e altri testi sacri.
In queste pagine diversi elementi e argomenti vengono trattati, con intensità e in sintesi, e molto coinvolgenti sono le parti dove la Besozzi descrive la paura degli attentati, le sirene della guerra e quell’estate di tensione del 2014, sottolineando la forza della popolazione nel sopportare e reagire a continue minacce e pericoli e come Israele sia “Un atto d’amore verso la gioia di vivere e verso il futuro” come ha intitolato uno dei capitoli di questo testo.
Nelle varie sezioni affronta anche tematiche delicate come il terrorismo e l’odio nei confronti del popolo ebraico, le contraddizioni di alcuni cosiddetti pacifisti che hanno comportamenti molto violenti durante le manifestazioni pro-palestinesi, le differenze fra terrorismo palestinese e movimenti che li appoggiano internazionalmente e la questione palestinese, stabilendo che “i palestinesi vanno responsabilizzati” mettendoli davanti alle proprie responsabilità e non sempre trattandoli come vittime. Un libro forte, coinvolgente e scorrevole che si interroga anche sulla Shoah, sulla Memoria, su tematiche profonde e non banali che riguardano sia il mondo ebraico che l’esterno concentrando in 189 pagine una pluralità di spunti e di riflessioni. Sicuramente un testo stimolante per la complessa realtà di oggi, per capire meglio la situazione israeliana, l’identità ebraica e noi stessi.