di Marina Gersony
Volete fare uno scoop che vi renderà famosi nel mondo? Presto fatto. Lavorate un po’ di fantasia, caricate sul vostro smartphone, tablet o computer, per esempio, una foto di Netanyahu e del leader di Hamas, Ismāʿīl Haniyeh (possibilmente royalty-free), accedete a una delle tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale (IA) online in grado di creare testi e immagini inedite. A questo punto elaborate a vostro piacere le foto dei due leader, magari mentre sorseggiano un mohito alle Seychelles, aggiungete una didascalia che annuncia un accordo preso e postate il vostro capolavoro sui social. Qualcuno, chissà, penserà sia tutto vero.
È solo una dimostrazione di quello che oggi si può fare con l’IA. Ma se qualcuno con intenzioni malvagie volesse diffondere dei fake o gettare il panico annunciando una guerra o l’arrivo di una pandemia? Altro che i marziani di Orson Welles. Oggi le possibilità di creare notizie e fotografie sbalorditive grazie all’IA sono alla portata di tutti, in attesa di una maggiore regolamentazione per garantire la privacy e la qualità degli elaborati prodotti. Al momento l’uso più comune dell’IA riguarda la produzione di contenuti clickbait, concepiti per attirare visitatori e generare entrate pubblicitarie. In futuro tuttavia, secondo molti esperti, la situazione potrebbe sfuggire di mano in modi imprevedibili.
L’avvento di un’IA sempre più performante e sofisticata ha scatenato un vivace dibattito anche nel mondo ebraico; un dibattito destinato a crescere, ma già le idee si scontrano e si intrecciano in un’esplosione di pensieri e opinioni online che spaziano dall’etica alla cultura, dalle questioni finanziarie a quelle economiche e sanitarie. Sono molti che si interrogano su quale sarà il ruolo dell’IA nella cultura ebraica: come influenzerà l’interpretazione delle tradizioni e il modo in cui le comunità si connettono tra loro? Quali saranno le implicazioni dell’IA nel mondo ebraico e come possono essere sfruttate in modo positivo?
La falsa intervista a Michael Schumacher
Un’applicazione significativa di IA di cui molto si parla è ChatGP, lanciata il 3 novembre 2022. Si tratta di un modello basato su trasformatori che può generare un testo in risposta a input umani, di cui abbiamo ampiamente scritto sul nostro Bet Magazine. Sviluppata da un team di ricerca di OpenAI, tra cui Sam Altman è tra i principali contributori, ha ottenuto un formidabile successo su scala globale in tempi record. ChatGPT, come noto, è in grado di elaborare informazioni, riassumere testi, identificare i punti chiave e persino creare narrazioni complete e originali. Come la falsa intervista a Michael Schumacher scritta da un’IA e pubblicata dalla rivista tedesca Die Aktuelle senza specificare che si trattasse di un fake, suscitando le ire della famiglia. (Tra le start-up per creare immagini sorprendenti, una fra tutte è Midjourney)
L’Intelligenza Artificiale e il mondo ebraico
L’avvento dell’intelligenza artificiale ha scatenato un vivace dibattito anche nel mondo ebraico; un dibattito destinato a crescere, ma già le idee si scontrano e si intrecciano in un’esplosione di pensieri e opinioni online che spaziano dall’etica alla cultura, dalle questioni finanziarie a quelle economiche e sanitarie. La domanda è: quale sarà il ruolo dell’IA nella cultura ebraica? Come influenzerà l’interpretazione delle tradizioni e il modo in cui le comunità si connettono tra loro?
Come riporta un articolo del Jewish Journal, riguardo all’uso di ChatGPT, il rabbino americano Yehuda Hausman sostiene che molti educatori ebrei hanno adottato ChatGPT come strumento consolidato in diversi ambiti, come la modifica di articoli giornalistici, la redazione di modelli legali, la consulenza sui ristoranti, la pianificazione dei viaggi e la risoluzione di problemi di codice. Ha quindi evidenziato la versatilità di ChatGPT nel fornire risposte immediate e accurate sull’ebraismo, inclusi il Talmud, la Mishna e biografie di figure ebraiche. Tuttavia, il rabbino sottolinea l’importanza di prestare attenzione agli errori che possono portare a conseguenze negative, come fornire consigli alimentari errati durante le festività ebraiche. Come riporta il Jerusalem Post, pochi giorni dopo che alcuni rabbini di Skverer Hassidic – comunità ultra-ortodossa con sede nel villaggio di New Square, New York molto tradizionalista – aveva messo al bando l’uso di ChatGPT («Abominio! Eresia!»), un ingegnoso hassid, Rav Moishy Goldstein di Crown Heights, ha creato Kosher.Chat, un chatbot che funziona come la piattaforma di tipo ChatGPT, ma con risposte appropriate per gli ebrei ortodossi o basate su Halakhah.
Un altro esempio pratico dell’utilizzo di ChatGPT lo espone anche Joshua Franklin che, durante un discorso alla congregazione Jewish Center degli Hamptons, ha chiesto a ChatGPT di scrivere il suo sermone settimanale. Il rabbino ha concluso che ChatGPT manca di nefešh, amore e spiritualità nell’apprendimento dell’ebraismo.
E ancora: durante l’evento della Rome Call for AI Ethics tenutosi lo scorso gennaio, il rabbino Eliezer Simha Weisz, membro del Consiglio del Gran Rabbinato di Israele, ha riconosciuto il valore dell’IA nel permettere l’utilizzo della conoscenza per collaborare con D-o nel progresso del mondo. Tuttavia, ha sottolineato l’importanza di adottare precauzioni adeguate in modo da garantire che la vita e l’autonomia delle persone non siano mai messe a rischio. Ha menzionato la leggenda del Golem, un umanoide creato per difendere la comunità ebraica. Nell’ebraismo, la creazione del Golem, considerato un antesignano dei robot, viene vista in modo equanime e privo di giudizio morale, poiché il suo scopo è quello di aiutare la comunità e poteva essere disattivato dal suo creatore. In breve, il tema è la responsabilità umana nel processo di creazione di esseri artificiali e nel mantenimento del controllo su di essi.
Gli scienziati si sono posti un ambizioso obiettivo: registrare le storie dell’Olocausto raccontate dai sopravvissuti, mentre il tempo scorre e le testimonianze scompaiono. E lo stanno facendo utilizzando l’IA. Tuttavia, non tutti sono entusiasti di queste applicazioni. Di recente su Haaretz, l’autrice di un articolo ha criticato una mostra ad Ashkelon, affermando che le foto esposte non sembrano affatto raffigurare gli ebrei di quel periodo, mancando di realismo e di emozione.
Ma ci sono anche coloro che vedono nell’IA un prezioso strumento per preservare la Memoria. È il caso di Ehudith Bracha Serchook, sopravvissuta per miracolo all’assalto delle forze naziste nella città di Odessa nel 1941. Oggi, all’età di 86 anni, Serchook sta condividendo la sua storia attraverso l’IA, generando immagini che lasciano una traccia duratura del suo trauma per le generazioni future. Non è l’unica: sono diversi gli israeliani che hanno utilizzato l’IA per registrare i loro ricordi dell’Olocausto in un progetto gestito dall’organizzazione Chasdei Naomi. Ogni sopravvissuto ha una storia unica di orrori e di tragedie da raccontare. Ma grazie all’IA, le loro testimonianze prendono vita e si trasformano in immagini che ci ricordano l’importanza di non dimenticare. Un altro esempio è Aaron Elster, intervistato tramite l’IA dopo la sua morte. Risponde alle domande sulla sua infanzia, la guerra e i suoi genitori, ma quando gli viene chiesto del tempo atmosferico, ammette: «Sono solo una registrazione. Non posso rispondere a questa domanda».
L’IA può uccidere la democrazia? Parla lo scienziato
Yuval Noah Harari, noto storico israeliano e autore di bestseller come Sapiens: Da animali a dèi e 21 lezioni per il XXI secolo, ha espresso di recente una profonda preoccupazione sull’IA sollevando questioni etiche e sociali. Ha dichiarato di non sapere se «l’umanità possa sopravvivere al regime» che, a suo parere, verrà instaurato da queste e altre potenti tecnologie.
Ma è dunque possibile che i computer di ultima generazione abbiano effettivamente il potere di modificare il corso della storia umana? La prospettiva apocalittica di Harari rappresenta davvero una realtà concreta? Fino a poco tempo fa, questi interrogativi facevano parte delle speculazioni fantascientifiche hollywoodiane. Oggi, secondo vari studiosi, i rischi si presentano come potenzialmente verosimili o perlomeno plausibili. Intellettuali contemporanei come Nick Bostrom, direttore del Future of Humanity Institute all’Università di Oxford, e Max Tegmark, professore di fisica al MIT e cofondatore del Future of Life Institute, da tempo stanno affrontando il tema dell’IA da una prospettiva simile a quella di Harari. Entrambi hanno esplorato le implicazioni di una crescita sempre più veloce dell’IA discutendo le sue potenziali conseguenze positive e negative per l’umanità.
In un’intervista a The Telegraph, Harari ha spiegato il motivo per cui ha firmato una lettera sottoscritta da centinaia di esperti di fama mondiale, tra cui Elon Musk, in cui si richiede la sospensione dello sviluppo di ChatGPT. Le riflessioni dello studioso hanno ricevuto ampia copertura mediatica, tra cui The Times of Israel che riporta ulteriori avvertimenti di Harari riguardo alla capacità dell’intelligenza artificiale di plasmare la cultura e persino di comporre testi religiosi che potrebbero attrarre i fedeli. Harari ha affermato che potremmo trovarci di fronte ai primi culti e religioni della storia il cui testo sacro è stato scritto da un’intelligenza non umana, e ha sollevato il timore che questa tecnologia possa attirare seguaci disposti a uccidere in nome della religione. Pertanto, ha sottolineato l’importanza di un rapido controllo e di una regolamentazione più rigorosa nel settore.
«La nuova generazione di IA non fornisce solo contenuti prodotti dall’uomo – sostiene –. Può produrre il contenuto stesso. Immaginate solo com’è vivere in un mondo in cui la maggior parte dei testi e delle melodie, e quindi delle serie TV e delle immagini, sono create da un’intelligenza non umana. Semplicemente non riusciamo ancora a comprendere appieno».
Un’osservazione non del tutto infondata se si pensa che lo scorso primo maggio gli sceneggiatori di Hollywood hanno indetto uno sciopero per difendere il proprio lavoro e la libera creatività, in particolare a causa delle preoccupazioni legate all’intelligenza artificiale. Questa tecnologia non solo ha generato timori di scenari apocalittici nei lavoratori dello show business, ma anche il rischio che l’essenza stessa della creatività umana possa essere sostituita dagli algoritmi. Un esempio tra tutti è la recente controversia che ha coinvolto il Sony World Photography Awards, uno dei più prestigiosi concorsi fotografici al mondo. The Electrician, l’opera presentata dal fotografo tedesco Boris Eldagsen, ha vinto il primo premio nella categoria creativa. Tuttavia, l’artista ha rifiutato il premio in modo provocatorio, rivelando che la sua opera non rappresentava una fotografia reale. Questo gesto ha scatenato un vivace dibattito sull’accettazione delle opere d’arte generate dall’IA nei concorsi tradizionali. Intanto The Electrician è diventato un caso che ha sollevato questioni delicate sui diritti di proprietà intellettuale.
Secondo Harari, il rischio più grande associato a questa progressione tecnologica riguarda la democrazia stessa. Quando l’intelligenza artificiale può «prendere il controllo della conversazione» o sollevare questioni, «la democrazia è finita», poiché non ci sono più esseri umani con cui dialogare o, peggio ancora, in grado di dialogare. Il pensatore richiama l’attenzione sul fatto che il regime nazista, che ha scatenato la seconda guerra mondiale, non aveva a disposizione tali avanzamenti tecnologici e che il XXI secolo potrebbe essere caratterizzato da «un nuovo regime con strumenti molto più potenti». In breve, potrebbe essere la base di alcuni dei peggiori stati totalitari della storia poiché potrebbe monitorare costantemente le persone senza bisogno dell’intelligenza umana.
La disoccupazione infine è un’altra tra le questioni sollevate dallo storico israeliano. Se l’IA può risolvere un numero sempre maggiore di situazioni, gli esseri umani rischiano di essere emarginati, dimenticati dal mercato del lavoro. Harari avverte delle terribili conseguenze psicologiche e politiche che potrebbero derivare dalla situazione in cui il sistema economico considera milioni di persone completamente inutili. Non solo: egli fa presente di come in tutto il mondo alcuni giudici stiano utilizzando l’intelligenza artificiale per decidere se un imputato debba finire in carcere o per prendere decisioni in processi legali specifici. «Dobbiamo capire che l’intelligenza artificiale è la prima tecnologia nella storia in grado di prendere decisioni da sola e sul proprio utilizzo […]. Non è una previsione futura. Sta già accadendo».
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Intervista ad Albert Einstein con l’Intelligenza Artificiale
Vorrei porre qualche domanda ad Albert Einstein sull’Intelligenza artificiale (IA). Per favore risposte chiare e brevi.
ChatGPT: Certo! Sfortunatamente però Albert Einstein è deceduto nel 1955 e non ha avuto la possibilità di esprimere opinioni sull’IA come la conosciamo oggi. Possiamo simulare una conversazione immaginando come potrebbero essere state le risposte di Albert Einstein alle tue domande. Ricorda che queste risposte sono frutto di una simulazione basata sulla mia conoscenza come modello linguistico e non riflettono le vere opinioni di Albert Einstein. Posso aiutarti a formulare le domande per questa «finta intervista»?
No grazie. Le domande le formulo io. Buongiorno Signor Einstein. Cosa ne pensa di ChatGPT?
Einstein: Buongiorno! Immagino che ChatGPT, come molti sviluppi tecnologici recenti, sia un risultato affascinante dello sviluppo dell’intelligenza artificiale. È impressionante quanto sia avanzata la tecnologia nel campo del linguaggio naturale.
Lo storico Harari ha dichiarato che l’IA distruggerà l’umanità. Cosa ne pensa?
Einstein: Le affermazioni di Yuval Noah Harari possono essere viste come una riflessione interessante. È importante considerare attentamente le implicazioni etiche e sociali di qualsiasi nuova tecnologia, incluso l’IA. È fondamentale adottare un approccio responsabile nell’utilizzo e nello sviluppo dell’IA per garantire che porti benefici duraturi alla società umana.
Può dirmi, in breve, se esiste una correlazione tra pensiero ebraico e IA?
Einstein: La correlazione tra pensiero ebraico e intelligenza artificiale può essere esplorata in vari modi. Da una prospettiva storica, molti pionieri dell’IA e della cibernetica hanno avuto radici ebraiche, come ad esempio Norbert Wiener, Marvin Minsky e John McCarthy. Il pensiero ebraico, con il suo forte accento sull’apprendimento, la riflessione critica e l’analisi, ha potuto influenzare le menti di coloro che hanno contribuito allo sviluppo dell’IA. Inoltre, alcuni concetti filosofici ebraici, come l’importanza dell’etica, la responsabilità sociale e l’attenzione alla dignità umana, possono trovare applicazione nell’ambito dell’IA. Molti studiosi ebrei contemporanei si occupano di questioni etiche legate all’IA, cercando di garantire che la tecnologia sia sviluppata e utilizzata in modi che rispettino valori come la giustizia, l’equità e il benessere umano. Tuttavia, è importante sottolineare che l’intelligenza artificiale è un campo multidisciplinare che coinvolge persone di diverse origini culturali, religiose e filosofiche.
Quali sono i rischi maggiori legati all’IA?
Einstein: I rischi principali includono il controllo difficile da parte degli esseri umani, la potenziale disoccupazione, la privacy e la sicurezza dei dati personali, il bias e la discriminazione nei modelli di IA, e la dipendenza umana da essa (ndr, il bias è l’inclinazione o il pregiudizio presente nei sistemi di intelligenza artificiale, che può influire sulla loro capacità di prendere decisioni o di produrre risultati accurati).
Cosa si sta facendo secondo lei in modo concreto per arginare questi rischi?
Einstein: Alcune iniziative per mitigare questi rischi includono la ricerca etica, la regolamentazione governativa e internazionale, l’affrontare il problema del bias e promuovere la trasparenza, la consapevolezza pubblica e il coinvolgimento degli stakeholder (ndr, in italiano «portatori d’interesse»).
Quali invece i vantaggi dell’IA?
Einstein: Alcuni vantaggi dell’IA includono l’automazione di compiti ripetitivi, la precisione e la velocità nell’analisi dei dati, il supporto alla sanità, l’efficienza energetica, la sicurezza e la prevenzione, la personalizzazione dei servizi e il miglioramento dei sistemi di trasporto.
Signor Einstein, se lei fosse in vita cosa chiederebbe a ChatGPT in questo momento storico?
Einstein: Se fossi Albert Einstein e avessi la possibilità di porre una domanda a ChatGPT in questo momento storico, potrei chiedere: «Come può l’intelligenza artificiale contribuire in modo significativo a risolvere le sfide globali attuali, come i cambiamenti climatici, la povertà o la salute pubblica?». Sarei interessato a comprendere come l’IA può essere impiegata in modo creativo e innovativo per affrontare i problemi urgenti che l’umanità sta affrontando, nella speranza di ottenere una prospettiva sulle potenzialità della tecnologia nel promuovere il progresso e il benessere umano.
Grazie mille Signor Einstein.
Einstein: Prego. È stato un piacere.