di Michael Soncin
Un gruppo di astronomi dell’Istituto Weizmann è riuscito a dimostrare che dall’esplosione di una supernova può avere origine un buco nero o una stella di neutroni. Le supernove sono delle stelle che esplodono generando una quantità di energia talmente enorme – chiaramente maggiore rispetto a quella di una nova – che riescono a splendere di più di un’intera galassia.
L’esplosione è considerata l’ultima tappa evolutiva di queste stelle estremamente massicce. La trasformazione da stelle a neutroni, chiamate anche più genericamente pulsar, o in buchi neri, secondo quanto stabilito dagli scienziati del celebre centro di ricerca israeliano di Rehovot, è ora una certezza.
Come riporta Israel21c, l’evidenza scientifica dei risultati, dimostrati per la prima volta, sono apparsi sull’autorevole rivista scientifica Nature. La scoperta è stata fatta utilizzando il VLT (Very Large Telescope) che si trova in Cile nel deserto di Atacama. Il VLT è un insieme di quattro telescopi, dell’Osservatorio Europeo Astrale, gestito da 16 governi europei. La supernova osservata, situata a 75 milioni di anni luce di distanza dalla Terra, è conosciuta come SN2022jli.
«I ricercatori ritengono da tempo che al centro dell’esplosione di una stella massiccia si produca un resto compatto», ha dichiarato Ping Chen, ricercatore del Dipartimento di fisica delle particelle e astrofisica del Weizmann. Quello che sono riusciti a stabilire è un legame diretto tra la supernova e quello che in fisica viene definito “oggetto compatto”. Prima questo legame tra le esplosioni di una supernova e la formazione di oggetti compatti era un fattore non facilmente definibile.
L’osservazione in questione è stata effettuata nel maggio 2022 dagli scienziati del noto laboratorio con sede in Israele, in collaborazione con un gruppo internazionale di astronomi.
Per comprenderlo in termini quantitativi, l’oggetto compatto sopradescritto, che deriva in qualche modo dai resti di un’esplosione stellare, potrebbe essere una stella di neutroni, con una densità talmente elevata che un cucchiaino del suo materiale potrebbe pesare tanto quanto il monte Everest. Potrebbe essere anche un buco nero che è invece ancora più denso, infatti, come è noto: non c’è praticamente materiale che non possa sfuggirgli, nemmeno la luce.
Questo fenomeno si verifica perché dopo la morte di una stella massiccia, la materia di cui è costituita collassa sotto la sua stessa gravità, implodendo e causando l’enorme densità in volumi di spazio significativamente piccoli.
L’elemento chiave emerso dalla scoperta è stato il poter vedere l’oggetto compatto che stava inghiottendo la materia, dall’atmosfera dalla sua stella compagna, che è sopravvissuta all’esplosione rimanendo sulla stessa orbita. Si tratta di un evento raro. L’osservazione come è stato precisato non è stata diretta, e come già detto, non è chiaro se fosse un buco nero o una stella di neutroni, ma è stato possibile vederne le conseguenze.
«La nostra ricerca è stata come risolvere un puzzle raccogliendo tutte le prove possibili. Tutti questi pezzi si sono allineati, portando alla verità. In questo lavoro abbiamo osservato un oggetto compatto di nuova formazione e la sua compagna. Per la prima volta, vediamo come la stella di neutroni o il buco nero appena formati interagiscono con la loro compagna».
Nella foto in alto: il resto della supernova SNR E0519-69.0 nella Grande Nube di Magellano (Wikepia via Nasa)