di Miriam Camerini
Il cimitero di Gorizia è uno dei luoghi più surreali che io abbia mai visto, mi ha emozionata e commossa intensamente.
Così circondato dall’autostrada, con auto che sfrecciano e pubblicità slovene, nascosto dietro una sorta di motel, una specie di autogrill… E la noncuranza con cui la cameriera me lo ha indicato: “ah, sì: è qua dietro…”. Nessuno lo trova singolare, questo pezzo di Praga magica dietro l’autostrada? Come se o uno o l’altro fossero spuntati come funghi dalla sera alla mattina? Me lo indica come se fosse l’ennesimo casinò in cui gli italiani vengono a evadere le tasse.
E poi ci sono quei tre alberi di noce piantati in mezzo, che per me sono sintomo di morte e di rimanere, da quando il nonno un giorno al lago ci fece piantare un noce in giardino dicendo: “Così quando non ci sarò più io rimarrà il noce e vi ricorderete di me..”. Sempre previdente e ossessionato, come me, dalla paura dell’oblio e dal bisogno di ricordare.
Tombe sconnesse in mezzo all’autostrada. Dentro/sotto ci riposano nomi che ho letto oggi, visitando Gorizia: Carlo Michelstaedter, poeta e filosofo, giovane suicida. Carolina Luzzatto, giornalista e intellettuale irredentista. Militari ebrei dell’ Impero austroungarico. Isacco Samuele Reggio, fondatore del collegio rabbinico di Padova e uomo dell’Haskalà. L’acronimo del nome, Iashar, significa “retto”, ma la lapide sembra non saperlo e sta sbilenca con le altre.
Inutile cercare Graziadio Isaia Ascoli: un cartello avverte che il glottologo riposa a Milano. Peccato, non sarà mai poetico come dormire qui.