di Paolo Castellano
Cuba sta attraversando un importante cambiamento storico e gli ebrei cubani lo sanno bene. Verso la fine di marzo, David Prinstein, vicepresidente della comunità ebraica di Cuba, ha dichiarato: «Stiamo vivendo un trascendente e storico momento. Abbiamo tanta speranza e le nostre aspettative sono molto alte dopo la pace diplomatica tra Cuba e gli Stati Uniti», riporta Jta news.
Negli ultimi anni numerosi ebrei hanno visitato da turisti le tre sinagoghe dell’Avana, i due cimiteri ebraici e il memoriale dell’Olocausto. C’è da dire che sono pochi i cittadini di origine ebraica rimasti sull’isola, sebbene Prinstein abbia festeggiato nel 2006 il centesimo anniversario della comunità affermando che sotto Raoul Castro gli Ebrei non abbiano mai avuto problemi di discriminazione.
Secondo una stima del New York Times in tutta Cuba ci sarebbero 1500 presenze, molte di queste soprattutto nella città dell’Avana. Nel 1924 gli ebrei cubani erano circa 24 mila e negli anni ’30, a causa di molti altri arrivi, il numerò divenne ancora più alto. Dopo il rovesciamento del dittatore cubano Fulgencio Batista e con l’avvento della rivoluzione castrista, il 94% degli ebrei decise di emigrare nei vicini Stati Uniti o in altri Paesi; diverse centinaia di loro scelse invece di trasferirsi in Israele.
La comunità cubana, diversamente dalle comunità europee, non percepisce nessuna minaccia. «Noi siamo l’unico Paese con una sinagoga che ha le porte costantemente aperte, dove non c’è affatto nessun tipo di misura di sicurezza e nessun servizio di vigilanza. Non c’è nessuna tipologia di espressione antisemita contro gli Ebrei e le sinagoghe».
Come riporta il quotidiano Haaretz, queste sono le dichiarazioni che Prinstein ha rilasciato alla testata Agenci Judía de Noticias. Il vice presidente della comunità ebraica cubana ha inoltre spiegato nel dettaglio come si sia creato questo pacifico clima di convivenza: «Noi siamo parte di una piattaforma cubana interreligiosa grazie alla quale teniamo continui incontri che affrontano i temi comuni e questo è positivo per tutte le parti. Il nostro impegno ha reso possibile un eccellente rapporto con le altre confessioni religiose».