Il colore delle vite passate, tra storia, memoria e racconti di sera… Un’esperienza corale

Viaggi

di Fiona Diwan

Kesher: viaggio in Polonia, nei luoghi-simbolo della Shoah. Cracovia, Auschwitz, Birkenau: un viaggio di studio – con gli storici Pezzetti e Chamla-, e spirituale – con Rav Arbib-. Un’esperienza condivisa, tra dimensione emozionale e approfondimento. Con Kesher, una occasione unica e un gruppo di 70 persone di ogni età

Rosso come i mattoni delle case. Rosso come le foglie degli aceri e delle querce a novembre. Rosso come il triangolo rosso cucito sui cappotti di alcuni ebrei polacchi al posto della stella gialla, in certe zone occupate dai nazisti. Rosso come uno dei colori della bandiera polacca che sventola sui tetti delle case. Rosso come la vita che in queste lande è andata perduta, lungo la via che porta verso Auschwitz-Birkenau, lungo l’asfalto circondato da queste stoppie accasciate in mezzo a campi di granoturco seccato. La geografia ci parla sempre, a volte dice cose che non ci piace ricordare, ci parla di un tempo ebraico prima felice, poi dolentissimo e funesto, di luoghi prima prosperi e poi miserevoli.
Ti chiedi allora perché proprio da qui i nazisti iniziarono la conquista del Lebensraum, la ricerca dello spazio vitale, pianura polacca irresistibile, così facile da annettere, a portata di schioppo, Birkenau come cuore rosso dell’orrore perché appena dietro l’angolo, a ridosso del confine tedesco, luogo perfetto per coordinare le operazioni di deportazione da tutta l’Europa occidentale. Non manca niente: i boschi per attutire e mimetizzare l’orrore, l’imprescindibile snodo ferroviario, la geografia pianeggiante. Marcello Pezzetti, Mino Chamla, Rav Alfonso Arbib spiegano, parlano il rabbino e gli strorici: l’ebraico si mescola al tedesco, il lessico nazista – Haussenlager (sottocampi), Volksgemeinschaft…-, si alterna al Kaddish e alla preghiera dei deportati recitata nella radura dove un tempo ci furono le fosse comuni. Noi guardiamo, camminiamo, lasciamo che a parlare sia il muto silenzio dell’autunno e delle pietre. Capisco che andare nei Konzenration Lager con un gruppo ebraico è importante, la coralità condivisa non modifica la percezione, non ottunde la dimensione emozionale di questa esperienza ma aiuta a contenerla, aiuta a farla vibrare con un respiro ordinato che solo a tratti si rompe, soffocato.
La notte che cala sui mattoni e sui muri del lager coglie impreparati. L’autunno nordico è così, il buio ti prende a tradimento, come un bavaglio: non basta un giorno (ce ne vogliono almeno due), per vedere e sentire ciò che si è consumato qui.
Fiona Diwan

 

Un viaggio che è una forma di autocoscienza, quello di Kesher a Cracovia e Auschwitz. Viaggio alla ricerca di un passato ricchissimo e dolorosissimo.
Ecco la Cracovia delle piazze e dei palazzi, del quartiere ebraico e del ghetto nazista. Luoghi già visitati con la fantasia leggendo i libri dei fratelli Singer o di altri autori ashkenaziti. Il quartiere ebraico dobbiamo immaginarcelo brulicante di piccoli commercianti che entrano ed escono dai loro negozietti di stoffe o di oreficeria, o di studenti delle yeshivot che si avviano al Bet HaKnesset. Di quel passato rimangono solo sinagoghe vuote e il cimitero, e qualche ristorante dove si serve cibo ebraico non kasher. E poi il ghetto nazista, al di là della Vistola, dove sono stati ammassati gli ebrei rastrellati nel quartiere ebraico, fra cui Roman Polanski ragazzino, riuscito poi a fuggire. Ma il clou è naturalmente Auschwitz. Come parlarne? Impossibile non provare una stretta al cuore vedendo le camere a gas e i forni crematori dove sono stati massacrati i nostri nonni, i nostri cari, “pezzi” inutili di una “razza nemica”, come venivano definiti. L’asciutta ricostruzione di Marcello Pezzetti, ricca di informazioni puntuali, rende perfettamente il clima di perversa efficienza della macchina della morte.
Per fortuna, la sera ci ritroviamo tutti nel Centro ebraico dove viene servita la cena: ascoltiamo i preziosi commenti di Rav Arbib e Mino Chamla che aiutano a sollevarci un po’ lo spirito.
Silvia Hassan

Non avrei mai pensato di fare un giorno questo viaggio e confesso che avevo un po’ di timore, non sapevo a cosa stavamo andando incontro.Invece abbiamo affrontato questa esperienza accompagnati e sostenuti da un team di persone molto preparate che ci hanno fatto capire l’immensità della tragedia senza cadere in commenti banali; non saprei io stessa cosa dire perché ogni commento mi sembra inutile, superfluo e riduttivo.., non ci sono parole. Quello che posso dire è che ogni persona, ebreo e no, dovrebbe andare in loco per onorare le anime che purtroppo erano là, portare il loro ricordo dentro il cuore e tramandarlo sempre, stare attenti ai segnali che potrebbero portare anche minimamente a situazioni simili. Kol ha kavod per la perfetta organizzazione, era tutto impeccabile! B’’H solo be sorot tovot, Am Israel Hai!
Caroline Saada

È stato un viaggio bellissimo. Grazie.
Auschwitz è un mare immenso: solo tuffandoci potremo imparare a nuotarci dentro. Mino Chamla e Marcello Pezzetti sono stati entrambi un dono. Profonde anche le semplici parole di Ariel Finzi sul fatto che bisogna ogni tanto fermarsi e voltarsi a vedere che cosa facciamo: se stiamo veramente vivendo o solo passando il tempo.
Ottima l’organizzazione di aerei, bus, alberghi…, ma soprattutto sono grato a Paola Boccia per aver scelto di cominciare dalla visita della città di Cracovia per poi passare al ghetto e solo infine -più pronti- arrivare alla visita del campo.
Enis Kapuano

Grazie Paola per tutto! È stato un viaggio istruttivo e molto piacevole dal punto di vista umano. L’approccio storico e gli approfondimenti puntuali di Marcello e Mino hanno dato il “filtro” che mi aspettavo per una metabolizzazione emotiva individuale che questo luogo avrebbe dato a ciascuno di noi. È quello che mi aspettavo quando ho aderito a questo viaggio e faccio i complimenti per l’organizzazione e l’attenzione a 360 gradi! Il grandissimo Pezzetti deve però sottostare in futuro al diktat del microfono: troppo preziose le sue parole per perderne anche una sola! Grazie ancora!
Gaby Ert

È stato il primo viaggio che ho fatto con Kesher, organizzato molto bene. Viaggio di alto livello grazie anche agli oratori. Non avevo mai sentito Marcello Pezzetti, io che non apprezzavo Storia al liceo, l’avrei ascoltato per ore. Bello l’affiatamento del gruppo. Ho conosciuto persone stupende e rivisto altre che non vedevo da tempo. Molti i momenti toccanti tra cui l’arrivo ai campi, il Kaddish di rav Arbib e la foto dei deportati di Salonicco, la famiglia di mio suocero, e quindi di Michele, è stata annientata qui; un viaggio che porterò nel cuore e che sicuramente elaborerò con i giorni a venire. Grazie. Felice soprattutto di averlo fatto con i miei compagni di viaggio.
Roberta Martinoli Arditi

Questa mattina, 3 novembre, poco prima che mi accingessi a scrivere qualcosa sul viaggio, ho saputo che era mancata, a Milano, poche ore prima, una persona a me molto cara, Salomone Silvera. Era il cugino di mio padre, gli ero molto affezionata; durante la “visita polacca” ho pensato anche alla sua storia, sempre presente nella mia famiglia. I suoi genitori e sua sorella erano stati uccisi ad Auschwitz-Birkenau. Chiacchieravo con lui, anche ultimamente, a 97 anni, non riusciva più a muoversi, gli raccontavo quanto potesse interessargli e mi ascoltava con attenzione talvolta sorridendo. Mi spiace non aver avuto il tempo di parlargli di questo viaggio. Gli avrei detto che eravamo tanti, tutti molto rispettosi dei luoghi, della Storia, gli uni degli altri. Gli avrei detto che ci accompagnava rav Alfonso Arbib che gli stava molto simpatico nonostante non fosse affatto osservante, che questa era una presenza importante, riservato e disponibile, che ci ha ricordato che la luna risorge sempre. Gli avrei descritto Mino Chamla, a lui sconosciuto, il nostro filosofo, altrettanto dolce e altrettanto indispensabile in una visita del genere. Gli avrei detto della incredibile competenza di Marcello Pezzetti che probabilmente lui conosceva almeno per fama. Mi avrebbe chiesto, chi aveva organizzato il viaggio e, così, gli avrei risposto che avevo conosciuto Paola Hazan Boccia, organizzatrice attenta, che si adoperava con passione. Non ho avuto tempo. Ricordando Salomone, ringrazio tutti i miei compagni di viaggio, sia quelli che mi hanno arricchita con la loro professionalità sia quelli che mi hanno accompagnata in silenzio.
Maria Silvera

Scrivo adesso, tornata a casa a Gerusalemme, per esprimere tutta la mia gratitudine per questo viaggio così intenso e significativo per me. Proprio perché avevo molti dubbi e timori, è stato ancora più importante.
L’organizzazione è stata impeccabile, ma la cosa più significativa è stata la compagnia, ottima e di qualità, la presenza di figure come quella di rav Arbib, di Mino Chamla e chiaramente di Marcello Pezzetti che con la loro conoscenza hanno contribuito a rendere questo viaggio ancora più speciale. Ancora grazie di tutto.
Enrica Del Monte

Un viaggio “intenso” anche alla ricerca delle mie radici e della mia identità ebraica. A Birkenau guardavo quei boschi di betulle… così belle in autunno, e pensavo che gli alberi sono dei grandi Maestri: guardano tutto ciò che accade intorno, restando testimoni silenziosi. Ringrazio l’Ebraismo (rav Arbib), la Filosofia (Chamla) e la Storia (Pezzetti) che ci hanno accompagnati creando la giusta distanza emotiva da luoghi così dolorosi. E grazie a Kesher, a Paola e a tutti i cari compagni di viaggio.
Daniela Zipporà Schwarz

Il viaggio ad Auschwitz è stato per me un’esperienza umana fortissima. Letture, documentari e testimonianze davanti alla realtà immensa del campo, hanno superato ogni mia immaginazione. Il sistema “scientifico ossessivo di ogni dettaglio” delle uccisioni di milioni di ebrei e altri, ha scosso ogni nervo del mio corpo (tornando a casa mi ha fatto male tutto il corpo per giorni) e della mente.
Il solo pensiero dei forni crematori, degli uomini e delle donne sotto la minaccia costante della morte… e poi la rampa di selezione degli ebrei, appena arrivati con il treno merci, dopo un viaggio interminabile, senza cibo e acqua, e mandati alla morte… “A destra o a sinistra” diceva il medico del campo con solo un’alzata di pollice e il destino del vivere o morire era deciso.
Rimane inconcepibile!
Mi sono identificata con i miei fratelli sulla rampa della selezione: potevo essere io una di loro. Il percorso di chilometri a piedi nell’enorme spazio del campo mi è servito per capire l’immenso potere della macchina della morte nazista. Davanti alle fosse comuni, ho sentito il rabbino recitare i salmi e il Kaddish in questo immenso “cimitero” chiamato Auschwitz. Intorno, un silenzio assoluto e le preghiere salivano al cielo, perfino il vento ha smesso di scuotere le foglie gialle dell’autunno nel grigio giorno del campo. Le nostre guide, Mino Chamla, Marcello Pezzetti e il rabbino Alfonso Arbib ci hanno arricchito di notizie sconosciute fino ad ora.
Parlando con alcuni compagni di viaggio ho sentito che l’esperienza condivisa aveva avuto su tutti un effetto spirituale forte, che si è espresso nel viaggio di ritorno con il bisogno di parlare e condividere. Penso che tutti debbano visitare Auschwitz, specialmente i giovani, al fine di mantenere viva la memoria.
Masal Pas Bagdadi