di Ilaria Ester Ramazzotti
La magia di una piccola sinagoga tardo barocca incastonata nel paesaggio del Monferrato. L’opulenza orientaleggiante del tempio del capoluogo sabaudo. Comunità secolari e due gioielli ebraici imperdibili
Si innalza sfrontata e orientaleggiante, vero simbolo dell’emancipazione degli ebrei sabaudi, con le sue cupolette a cipolla e lo stile neo-moresco della sua facciata. È la sinagoga di Torino, costruita nel 1884 da Enrico Petiti, in Piazzetta Primo Levi, un piccolo gioiello incastonato nel centro della città. Pochi sanno, a parte i torinesi, che in principio era l’immensa cupola della Mole Antonelliana quella che avrebbe dovuto diventare la sinagoga: la grandeur franco-piemontese aveva contagiato anche gli ebrei. Ma fu quello stesso ambizioso gigantismo a tradirli. Dopo l’emancipazione del 1848 la comunità aveva commissionato all’architetto Alessandro Antonelli la costruzione di un grandioso edificio, e benché il progetto fosse all’altezza delle aspettative, gli ebrei torinesi non riuscirono a vederlo realizzato solo per via del gigantismo dei costi, troppo elevati.
A un’ora di treno da Milano, la Torino ebraica vale il viaggio, non solo per la Mole, diventata simbolo cittadino, ma soprattutto per la Sinagoga Grande: a pianta rettangolare, con quattro alti torrioni merlati, uno per ogni angolo, uno stile architettonico unico, è un luogo che racconta la memoria e la storia di una comunità molto antica. Ha una facciata policroma ricamata di elementi decorativi, pietra bianca di Verona, granito e intonaco dalle tonalità brune, con al centro un grande rosone variopinto, e un portico con tre archi moreschi e colonne tortili che ingentiliscono l’edificio. La sala interna, da 1400 persone (quanti erano i membri della comunità di fine Ottocento), svela decorazioni e arredi ristrutturati e ricostruiti nel 1949, in seguito al bombardamento avvenuto durante la Seconda guerra mondiale.
Ma la sorpresa più grande è nel piano seminterrato. Qui troviamo altre due più piccole e intime sinagoghe: la prima ricavata dove in passato si cuocevano le azzime, ha forma di anfiteatro, pareti grezze in mattoni a vista e il soffitto a volte. Al centro, nel suo luminoso gioco di azzurro e oro, c’è la preziosa tevah in stile barocco decorata in lacca, mentre lungo la parete verso est risalta l’aron dorato con colonne in finto marmo azzurro con capitelli corinzi. L’altro tempio, sotterraneo, ancora più piccolo, custodisce un pregiato armadio sacro settecentesco, proveniente dal ghetto, con immagini dorate che ricordano Gerusalemme, dipinto di nero in segno di lutto nel 1849 alla morte di re Carlo Alberto.
Ma Torino aveva un ghetto? Sì, eccome. I primi ebrei in Piemonte arrivano all’inizio del XV secolo, esattamente dal 1424, in seguito all’espulsione degli ebrei francesi, nel 1394. Con la Controriforma le condizioni delle famiglie ebraiche peggiorano e il primo ghetto di Torino, del 1679, rimarrà tale fino al 1723. Si trovava nella zona dell’ex Ospedale della Carità nella contrada di San Filippo. La sua entrata principale corrisponderebbe oggi a via Maria Vittoria, dove sono ancora visibili alcune delle antiche cancellate che venivano chiuse al tramonto. Conosciuta come Piazza Carlina, piazza Carlo Emanuele II mostra i segni del vecchio ghetto nell’edificio all’angolo con via Des Ambrois: qui, a parità di altezza con le case adiacenti, sono sovrapposti quattro piani più un ammezzato per consentire l’alloggio a un maggior numero di famiglie. Il vecchio ghetto torinese aveva cinque cortili: nel “cortile grande” c’era la sinagoga di rito italiano e nel cortile “della vite” quella di rito spagnolo. Il cortile “della terrazza” era utilizzato come forno, e poi restavano i cortili “dei preti” e “della taverna”. Tutti e cinque comunicavano fra loro attraverso dei corridoi, i “portici oscuri”, chiamati così poiché coperti. Con l’aumento della popolazione fu poi aggiunta una terza sinagoga di rito tedesco.
Oggi la comunità ebraica di Torino è la più numerosa del Piemonte con 900 iscritti. Vivace e attiva, impegnata nel mantenere vive le proprie radici, nel corso degli anni ha assorbito le comunità di Alessandria, Asti, Acqui, Carmagnola, Cherasco, Chieri, Cuneo, Ivrea, Mondovì e Saluzzo. Vanta il funzionamento della biblioteca Artom e dell’archivio Terracini che raccolgono un ampio patrimonio bibliografico e documentale del Piemonte ebraico, ma anche scuole (qui c’è una scuola ebraica aperta anche a bambini e ragazzi non ebrei), e poi mostre, conferenze e appuntamenti culturali organizzate da varie istituzioni. (Per visitare le sinagoghe contattare prima gli uffici della Comunità Ebraica di Torino).
CASALE MONFERRATO
Una facciata anonima, che si confonde con le case adiacenti, perché un tempo una sinagoga non doveva dare troppo nell’occhio, meglio se anonima e appena “tollerata”. Non è ancora scoppiato l’Illuminismo, il Code Napoleon è ancora di là da venire, siamo in piena epoca dei ghetti, quando l’arte della dissimulazione dominava la postura sociale degli ebrei. Ma oggi lo stretto ingresso di vicolo Salomone Olper, nel cuore del vecchio ghetto, dischiude una piccola meraviglia: un cortile e un porticato arricchito da mattonelle raffiguranti l’alfabeto ebraico, opere d’arte contemporanea di Gabriele Levy. Al centro del cortile, un florido albero di melograni esprime simbolicamente l’attaccamento alle proprie radici ebraiche di una comunità tanto minuscola quanto fattiva.
Splendidamente tardo barocca, scrigno di decori e iscrizioni, legni pregiati, ori e stucchi, la sinagoga di Casale Monferrato è luce pura: 14 finestre illuminano la sala interna e le pareti affrescate in colori brillanti, dal bianco al blu cobalto, decorazioni dorate e iscrizioni in ebraico, in citazioni dalla Bibbia. L’aron del 1765, in stile neoclassico, è sormontato da un timpano con decorazioni di rami e foglie di quercia in oro sorretto da monumentali colonne lignee. La tevà è racchiusa in un cancello in ferro battuto dipinto in verde e oro e dal soffitto pendono grandi lampadari dorati. Un luogo che è anche un riassunto visivo: la sinagoga casalese, con il museo attiguo, racchiude e rappresenta tutti i simboli, le cerimonie, la storia e le tradizioni dell’ebraismo italiano. Inaugurata nel 1595, è attiva oggi nelle principali festività e Shabbat grazie alle tante persone che si aggiungono ai pochi ebrei locali. La sinagoga è talmente bella che molte coppie scelgono di sposarsi qui, attratti anche dalle bellezze naturali e paesaggistiche del Monferrato, fra i siti Patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Il tesoro culturale, artistico e spirituale di Casale comprende il Museo dei Lumi e il Museo degli Argenti, un museo d’arte e storia ebraica che ospita una delle collezioni di oggetti più importanti d’Europa, fra cui Sefer Torah e manoscritti antichi, tessuti e argenti legati al rito religioso e alla vita famigliare ebraica. All’ingresso, un Memoriale della Shoàh ricorda le vittime di Casale Monferrato e Moncalvo. (Da maggio a ottobre, al Castello di Casale, si potranno ammirare i 170 candelabri a otto braccia collezionati dal Museo dei Lumi, tutte uniche e originali channukkiot prodotte da artisti contemporanei). In occasione di Expo 2015, è in calendario un ciclo di incontri dedicati al Cibo nella cultura ebraica: domenica 3 maggio ci sarà la Cucina ebraica tripolina; domenica 31 maggio la Tradizione culinaria ebraico-piemontese e con una rassegna di vini kasher; domenica 14 giugno l’inaugurazione della mostra di un grande artista italiano, Il mondo di Aldo Mondino, cibo e spiritualità.
INFO:
Torino
Piazzetta Primo Levi 12, 10125 Torino
Tel. 011 6508332 – Fax 0116691173; Chiuso il Sabato e festività ebraiche.
segreteria@torinoebraica.it.
dove mangiare kasher a Torino
– Panetteria Bertino: in Via B. Galliari 14, è sotto il controllo del rabbinato di Torino. Sono disponibili vini, carne, salumi, formaggi, scatolame, dolciumi e altri prodotti kasher
– Casa di Riposo della Comunità Ebraica, Via B. Galliari 13, fornisce pasti su prenotazione, tel. 011 658585
– Catering Daturi e Motta, Lungodora Colletta 91, tel. 011 283711
– Catering Medico, via Martiri della Libertà 4, tel. 011 8194319
Casale Monferrato
Vicolo Salomone Olper 44, 15033 Casale Monferrato (AL). Visite solo su appuntamento. Tel. 0142 71807 solo al mattino. Visite: giorni feriali solo la mattina 8.30-12.30 . Domenica 10.00-12.00, 15.00-17.00, solo per gruppi su appuntamento.Chiuso il Sabato e principali festività ebraiche. http://www.casalebraica.info;
casalebraica@gmail.com;
segreteria@casalebraica.org