Brescia, Soncino e gli stampatori
A poche più di un’ora dal capoluogo lombardo, i visitatori potranno scoprire altri luoghi che raccontano infinite storie sulla presenza ebraica secolare in queste zone. Quando Heinrich Heine passò nei primi dell’Ottocento a Brescia, per esempio, annotò nei suoi Reisebilder (1826-1831) che la città possedeva una sinagoga, senza tuttavia specificare dove. Studi successivi confermarono che una sinagoga ci sarebbe stata nella zona di Sant’Agata o nelle vicinanze di via dei Musei; tuttavia di queste due aree oggi non esiste traccia. Brescia era fin dai tempi antichi un centro di smercio di ferro estratto nelle miniere delle valli, rilevante per chi, come gli ebrei, praticava il prestito. Sono stati riscontrati nuclei di ebrei nell’epoca romana come testimoniano le lapidi oggi conservate al Museo lapidario romano che fa parte del Tempio Capitolino in via dei Musei. Nel ‘400 e nel ‘500 la vita degli ebrei fu precaria per via della diffusa predicazione francescana violentemente antiebraica. Dopo il triste Processo di Trento, in particolare nel 1475, la Comunità ebraica locale fu incolpata di omicidio rituale finalizzato alla raccolta del sangue di un bambino da utilizzare per impastare il pane azzimo per Pesach, la Pasqua ebraica: noto è il caso di Simonino da Trento, una storia terrificante e controversa. Ci furono poi conversioni forzate, l’obbligo di portare un segno distintivo di appartenenza (una «o» gialla sul mantello), anche se, grazie alla straordinaria personalità di Gershom Moses Soncino, importante tipografo che aveva lasciato Soncino per trasferirsi a Brescia, le cose migliorarono.
La storia di questo incredibile personaggio potrebbe essere raccontata in un film: Gershom Moses apparteneva a un’illustre famiglia di ebrei askenaziti provenienti da Spira, in Germania, che si erano trasferiti in Italia. Dopo varie vicissitudini si stabilirono a Soncino, un piccolo borgo agricolo di impronta medievale sulle sponde del fiume Oglio, da cui presero il nome. Ottennero la licenza dagli Sforza di stampare libri in ebraico e in latino prediligendo testi di carattere religioso: fra il 1483 e il 1490 pubblicarono 30 libri fra cui la prima edizione della Bibbia completa in ebraico, una serie di trattati del Talmúd, il Machazòr. E la metà dei libri in italiano e in latino editi in quegli anni in Italia escono dai loro torchi. In seguito la famiglia si divise in più rami e si sparse per il mondo. Il più illustre fra gli stampatori di questa dinastia dalla genealogia un po’ confusa fu Gershom Moses (ancora oggi gli studiosi dibattono sulla sua identità), considerato il più grande stampatore che il mondo abbia mai conosciuto.
La sua fu una vita brillante, movimentata e ricca di stimoli. Viaggiò molto, andò alla ricerca di manoscritti in Savoia, a Ginevra e in Francia e si spostò a Fano, Pesaro, Ortona, Rimini, Salonicco e alla fine anche Constantinopoli. Eclettico e versatile, si specializzò nella pubblicazione di testi talmudici senza tuttavia disdegnare altri generi. Nel 1490, per ragioni sconosciute, si trasferì a Brescia, dove pubblicò opere leggendarie, a tratti rivoluzionarie, e di altissimo livello qualitativo, tra cui, nel 1494, la prima Bibbia tascabile. Morì a Costantinopoli forse nel 1534.
Oggi, la Casa degli Stampatori è trasformata in un piccolo Museo della Stampa, meta di visite turistiche. Come spiega il fondatore, Giuseppe Cangini, «il museo, ristrutturato negli anni Settanta, sorge in un edificio del XII secolo, attiguo alla tipografia dei Soncino, all’epoca nei pressi delle case abitate dagli ebrei. Aveva un cortiletto scoperto, in parte ancora esistente, che consentiva la circolazione dell’aria per accelerare l’asciugatura delle pagine. Oggi, al piano terra del museo, si trova una macchina tipografica dei primi del Novecento, testimonianza di come si stampasse nel secolo scorso. Al piano superiore si può ammirare un torchio smontabile mediceo-laurenziano, copia dell’originale costruito probabilmente da Gershom Moses Soncino, adatto a viaggi e peregrinazioni. Gershom Moses, infatti, peregrino per eccellenza, cercava di divulgare il suo lavoro e di stampare anche a Venezia, la “Silicon Valley” della stampa fine ‘400 e primi ‘500. La copia è stata realizzata nei primi anni Ottanta del secolo scorso, oggi custodito al primo piano».