Cremona, città rifugio
Parlando di ebraismo lombardo non possiamo dimenticare l’insediamento ebraico cremonese nel periodo che va dalla fine del XIV secolo al 1597, anno della definitiva cacciata e che ebbe grande rilevanza all’interno del panorama delle presenze ebraiche nell’Italia settentrionale. In quegli anni, Cremona svolse in Lombardia una funzione peculiare rispetto a Milano, tenacemente fedele alla propria politica di rifiuto di stipulare con gli ebrei condotte d’insediamento nella città, diventando così per gli ebrei la capitale de facto del ducato. Oltre all’importante ruolo economico, la presenza ebraica fece di Cremona e Soncino centri di eccellenza per l’arte tipografica. Nella biblioteca statale e Museo Civico si trovano ancora oggi testimonianze della gloriosa arte tipografica ebraica cremonese, tra cui alcuni esemplari editi dal Conti e dal Draconi, come i Salmi di David commentati da David Kimhi. Di particolare interesse anche la storia delle tensioni fra la Chiesa e gli ebrei, con l’intervento diretto nella vicenda cremonese del cardinale Carlo Borromeo e del vescovo della città, Niccolò Sfondrati, futuro papa Gregorio XIV. Fu il “gran disordine de’ giudei” di Cremona a preoccupare particolarmente il cardinale milanese e a spingerlo a intervenire presso la corte spagnola di Filippo II per affrettarne la cacciata. Oggi di quella che fu una delle più floride e colte comunità ebraiche rimangono alcune testimonianze: da segnalare l’attuale via Verdi, nei secoli chiamata «Contrada altre volte delli hebrei», poi «Strada Giudea» e poi «Giudecca». Qui si trovava la Sinagoga, di cui però non rimane traccia.