Addio a Nedo Fiano, voce dei sopravvissuti alla Shoah e testimone del martirio dei “sommersi”

Personaggi e Storie

di Redazione

Oggi, sabato 19 dicembre, è mancato a Milano Nedo Fiano, instancabile Testimone della Shoah.

Il presidente della Comunità Milo Hasbani, il Rabbino Capo Rav Alfonso Arbib, tutto il Consiglio e comunità intera lo ricordano con grandissimo affetto e rimpianto per la sua instancabile opera di testimonianza della deportazione ad Auschwitz.

“Oggi abbiamo perso un pezzo della nostra memoria, – ha commentato Milo Hasbani – ho potuto assistere con grande interesse quando parlava ai ragazzi della Scuola ebraica e non solo, che lo ascoltavano in religioso silenzio. A Riri e ai figli Enzo ed Emanuele a Milano e Andrea negli Stati Uniti, ai nipoti e a tutta la famiglia un forte abbraccio”.

“Papà ci ha lasciati. Ci rimarranno per sempre le sue parole e il suo insegnamento, il suo ottimismo e la sua voglia di vivere. Non avrò mai io la forza che ebbe lui e che lo fece risalire dall’abisso, ma da lui ho imparato che per le battaglie di vita e contro ogni odio bisogna combattere sempre. Questo ci ha insegnato la memoria che lui ha contribuito a diffondere. Sia lieve a papà la terra che lo accoglie e sempre su di noi la sua mano ci protegga”. Queste le parole che il figlio Emanuele Fiano, deputato PD, ha scritto su Facebook.

Fiano era nato a Firenze nel 1925. Fu arrestato nel febbraio del 1944 e condotto nel campo di Fossoli; il 16 maggio dello stesso anno fu deportato ad Auschwitz assieme a tutta la sua famiglia: Nedo fu l’unico superstite. «A 18 anni sono rimasto orfano, quest’esperienza devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita», raccontava.

Nel 2008 aveva ricevuto l’Ambrogino d’Oro della Città di Milano e in quella occasione aveva parlato con la nostra redazione, che più volte negli anni aveva raccolto i suoi ricordi.

La sua testimonianza è raccolta nel suo libro A5405. Il coraggio di vivere.

Un ricordo di Nedo Fiano attraverso le sue parole

Qual è stata la sua reazione quando ha appreso la notizia dell’Ambrogino d’Oro? E cosa significa per lei?
Personalmente non mi esalto per i riconoscimenti, anche se sono grato, perché in assoluto mi interessano i valori e vedo che in questa circostanza si è voluto sottolineare il pensiero e il ricordo dello Sterminio di cui grande parte fu il campo di Auschwitz-Birkenau, quindi non premiare una persona ma il ricordo di quanto avvenne in quel tempo. Cosa ho fatto io? “Io ho ricordato” perché ritengo che il ricordo sia un tesoro ricchissimo, un’importante patrimonio da trasmettere, perché solo con la memoria del passato si può costruire un solido presente e si può guardare al futuro con fiducia; il presente è figlio del passato e padre del futuro, da qui discende l’utilità del passato e del ricordo anche per rispondere alla domanda perché è accaduto? e potrà ancora accadere?

Ricollegandomi a queste parole e considerando che oggi viviamo in un periodo storico di incertezza e proprio nel momento in cui le viene assegnato un riconoscimento per il valore storico e morale di testimonianza e conoscenza che svolge, qual è il suo giudizio sull’attuale situazione rispetto al passato?

Io penso che il mondo non accetta il passato per quello che è stato e quindi non disegna il presente come il passato, perché la vera forza motrice della storia è il dinamismo, il cambiamento. In questo senso noi oggi viviamo un grande miracolo e il miracolo si chiama Europa (che ha trovato la strada dopo secoli di conflitti); così come in passato c’è stata la trasformazione dai Comuni agli Stati così oggi passiamo dagli Stati nazionali all’Europa o alle regioni d’Europa. Nell’attuale crisi mondiale rispetto a quella del 1929 quando ogni Paese si muoveva da solo, oggi siamo all’interno di un sistema di vasi comunicanti in cui passa sia il bene che il male, ma nel male non si è mai soli! La Politica, l’Economia, la Cultura, le scelte sociali sono il prodotto di una consultazione continua ed esistono organi esecutivi che possono intervenire sulle questioni sorte nei singoli Paesi.
La Shoah è accaduta perché il popolo non ha potuto parlare e nelle dittature si ubbidisce e basta se non si vogliono subire le conseguenze. La cura è la Libertà. Guai a toccare la Libertà e la Democrazia! Sono la vera e unica medicina. Per quanto riguarda al permanere del pregiudizio contro gli ebrei mi rifaccio alle parole credo di Einstein: “È più facile frantumare l’atomo che l’antisemitismo”.
Quindi, direi che la conoscenza del passato è un punto di riferimento, è l’antiveleno; la libertà e la democrazia costituiscono la cura. La democrazia ha la capacità, oggi in Europa e ovviamente negli Stati Uniti di medicarsi e di reagire agli episodi di antisemitismo in maniera adeguata.

Quindi qual è il messaggio che si sente di dare alle generazioni future?

Mi sento di trasmettere fiducia nel futuro, di guardare sempre il puntino rosa all’interno del quadro nero, di non perdere mai la speranza. Ad Auschwitz sono sempre stato sostenuto dalla speranza, altrimenti non ce l’avrei mai fatta; mi sentivo appoggiato da mia madre, da suoi occhi verdi, li vedevo, li vedo ancora, mi è sempre stata vicina e credevo che ce l’avrei fatta… Nella vita c’è sempre quello più forte di te ma, come nella boxe, se pensi che perderai prima di combattere, perderai di sicuro! Mai essere travolti dal pessimismo! E poi oggi, rispetto agli anni Trenta, c’è un piccolo Paese che si chiama Israele, una speranza in più!

 

Medaglia d’Oro del Comune di Milano: la motivazione

Protagonista e testimone attivo della più grande tragedia del novecento, la Shoah. Deportato ad Auschwitz nel 1944, pur avendo subito gli orrori della persecuzione nazista e la perdita di tutta la famiglia nei campi di concentramento, non ha mai smesso di credere nella vita e nell’uomo, dedicando la sua opera e il suo impegno civile al dovere del ricordo e all’irrinunciabile difesa della dignità umana e del dialogo fra i popoli. La sua è una memoria che diventa storia e monito per le nuove generazioni affinché l’oblio e il silenzio non prevalgano, e il ricordo di quei fatti atroci sia di sostegno ad una convivenza civile rispettosa di ogni uomo.

Il commento di Roberto Cenati Presidente Anpi provinciale di Milano

Nedo Fiano, sopravvissuto alla Shoah, ci ha lasciato

Ci ha lasciato, nel tardo pomeriggio di oggi, Nedo Fiano, sopravvissuto alla Shoah e instancabile testimone delle nefandezze del nazifascismo. Nedo Fiano nasce a Firenze il 22 aprile 1925. Dopo dopo l’emanazione, nel 1938, delle leggi antiebraiche fasciste firmate dal re Vittorio Emanuele III, Nedo dovette abbandonare la scuola a 13 anni per la sola colpa di essere nato. Dopo l’8 settembre 1943 i mentre i tedeschi occuparono l’Italia centro settentrionale Fiano e la sua famiglia cercarono rifugio nelle dimore di amici. Il 6 febbraio 1944, all’età di 18 anni, i fascisti lo arrestarono mentre passeggiava in via Cavour a Firenze e lo rinchiusero nel carcere della città. Successivamente Nedo venne trasferito nel campo di concentramento di Fossoli. insieme con altri undici membri della sua famiglia.Il 16 maggio 1944 fu deportato, insieme con tutti i suoi familiari , nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. ll viaggio durò sette giorni e sette notti all’interno di un vagone usato per il trasporto di bestiame, senza sapere cosa stesse succedendo e il perché. Ad Auschwitz arrivò il 23 maggio.L’11 aprile 1945 fu liberato dalle forze alleate, nel campo di concentramento di Buchenwald, dove era stato trasferito dai nazisti in fuga, unico superstite della sua famiglia. “Ciò che ha connotato tutta la mia vita – sottolineava sempre Nedo – è stata la mia deportazione nei campi di sterminio nazisti. Con me ad Auschwitz finì tutta la mia famiglia, vennero sterminati tutti. A diciotto anni sono
rimasto orfano e quest’esperienza così devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita” Nel suo libro “A 5405 (il suo numero di matricola ad Auschwitz) Il coraggio di vivere” Nedo scrive: “Il tempo si è fermato ad Auschwitz. Dopo una vita quel “non luogo” è duro, arcigno, severo come allora. Sono lì in visita. Io sono cambiato, lui no. Mancano le SS, i cani… Avverto la severità e il silenzio di un grande cimitero; la gola mi si secca, gli occhi si inumidiscono, la mente va lontano e ricostruisce quello che il tempo e gli uomini hanno distrutto. Penso al tempo andato e al timore per i molti fantasmi che ancora si muovono nel nostro tempo. Stento ad andarmene, ho ancora uno strano sentire da prigioniero che non sa, che non può lasciare quel luogo di dolore.
Molti sono i pensieri che si affollano, si accalcano nella mia mente: i miei cari, gli amici, me stesso. Non riesco a piangere.” Nedo, finché le forze glielo hanno consentito si recava nelle scuole a testimoniare sui crimini e le nefandezze commesse dal nazifascismo.
Lo ricorderemo sempre con affetto, commozione, con riconscenza. A Emanuele Fiano, ai familiari all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, alla Comunità Ebraica di Milano esprimiamo la nostra commossa e affettuosa vicinanza.

SUSANNA SCIAKY PRESIDENTE della “ADEI WIZO Nazionale” sulla scomparsa di Nedo Fiano
“Nonostante la tragedia vissuta nei campi di sterminio Nedo Fiano era una persona di spirito e, pur essendo testimone dell’orrore subito, sapeva condurre i rapporti umani anche con leggerezza e simpatia. Non lo dimenticherò mai.” Lo ha affermato la Presidente Nazionale Sciaky, legata da profonda amicizia al testimone scomparso e alla moglie Rirì “La notizia della sua scomparsa mi lascia ancora incredula – sottolinea Sciaky – perché la sensazione è che persone così siano imperiture, che ci siano e ci saranno sempre. Ci mancherà moltissimo la sua testimonianza, il suo canto, il suo sorriso”. Ma è tutta l’Adei Wizo a ricordare con affetto Nedo Fiano, uno degli ultimi testimoni della Shoah scomparso ieri. Nedo era di casa alla Adei Wizo e la moglie Rirì è stata Presidente Nazionale Adei Wizo e anche della Sezione di Milano, nel periodo nel quale Sciaky era vicepresidente. “Tutto il mondo del World Wizo piange la sua scomparsa e si è stretto in queste ore intorno alla famiglia in particolare alla moglie Rirì e ai figli Andrea, Enzo ed Emanuele: “Che la terra gli sia lieve – ha sottolineato Sciaky – e che possa ora, dopo tanto ricordare, essere sollevato dai tremendi ricordi che lo hanno accompagnato per tutta la sua vita terrena e che possa riposare in pace”.