Martedì 24 gennaio alle ore 20 al Teatro Dal Verme si svolgerà la proiezione del documentario “Arpad Weisz, dallo scudetto ad Auschwitz“, realizzato dal giornalista Sky Federico Buffa.
L’appuntamento è organizzato da Sky e dalla Comunità ebraica di Milano.
L’incontro sarà aperto dai saluti dei Presidenti della Comunità ebraica di Milano Raffaele Besso e Milo Hasbani e da Luca Gibillini, in rappresentanza del Comune di Milano.
Interverranno:
- Filippo Del Corno, Assessore alla Cultura del Comune di Milano;
- Federico Ferri, Direttore di Sky Sport;
- Matteo Marani, già direttore Guerin Sportivo e autore del libro” Dallo scudetto ad Auschwitz;
- Alessandro Costacurta, opinionista Sky Sport;
- Giuseppe Bergomi, opinionista Sky Sport.
Presenta: Daniele Nahum, già vicepresidente Comunità ebraica di Milano.
Figlio di ebrei ungheresi, Weisz fu giocatore di discreto livello: giocò per la propria nazionale, convocato anche per il torneo olimpico del 1924 di Parigi, ma in quest’occasione non venne mai schierato nelle due partite disputate dai magiari. Visse la sua carriera da calciatore semiprofessionista tra Ungheria, Cecoslovacchia, Italia e Uruguay.
Come allenatore, dopo un periodo di apprendistato in Sudamerica e all’Alessandria, raggiunse la fama con la vittoria del titolo italiano alla guida dell’Inter (allora chiamata Ambrosiana) nella stagione 1929-1930, la prima disputata a girone unico. Lo scudetto vinto con la squadra milanese fece di Weisz, allora trentaquattrenne, il più giovane allenatore a laurearsi campione d’Italia, record tuttora imbattuto. Nel periodo di permanenza a Milano fu inoltre lo scopritore di Giuseppe Meazza. Nel 1930 fu inoltre coautore con Aldo Molinari del manuale Il giuoco del calcio, testo all’avanguardia rispetto ai dettami “inglesi” del tempo e divenuto abbastanza famoso.
Negli anni successivi allenò il Novara, con cui ottenne il secondo posto nel girone A di Serie B a tre punti di distacco dalla capolista, e il Bari, che guidò alla salvezza nel campionato di Serie A della stagione 1931-1932, grazie anche ad uno spareggio vinto con il Brescia. Nel 1935 passò al Bologna, squadra con la quale conquistò i campionati 1935-1936 e 1936-1937. Con i rossoblu nel 1937 vinse a Parigi anche il Torneo dell’Esposizione Universale, imponendosi con un secco 4-1 sul Chelsea.
In seguito alla promulgazione delle leggi razziali, istituite nel 1938 dal regime fascista al potere in Italia, Weisz dovette lasciare prima il lavoro e poi la Penisola, passando per Bardonecchia e riparando a Parigi con la moglie Elena, nota anche come Ilona Rechnitzer, anche lei ebrea-ungherese, e con i figli Roberto e Clara. Pochi mesi dopo, la famiglia Weisz si trasferì nel piccolo paese di Dordrecht, nei Paesi Bassi, dove Árpád allenò la squadra locale, il DFC con eccellenti risultati.
In seguito all’occupazione tedesca del Paese i Weisz furono dapprima rinchiusi nel campo di transito di Westerbork. In questo luogo, dopo qualche tempo, la famiglia venne divisa: nell’ottobre del 1942 la moglie e i figli vennero deportati ad Auschwitz dove, appena giunti e selezionati, troveranno la morte nelle camere a gas di Birkenau; Árpád viene invece assegnato a un campo di lavoro imprecisato dell’Alta Slesia. Weisz rimase in vita per altri quindici mesi sino a trovare la morte ad Auschwitz in una camera a gas[15], la mattina[16] del 31 gennaio 1944.