di Ilaria Myr
Il 6 settembre si inaugura al Memoriale della Shoah la mostra fotografica della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC di Milano intitolata ‘1915-1918. Ebrei per l’Italia’.
Curata da Gadi Luzzato Voghera e Daniela Scala, rimarrà aperta fino al 4 novembre.
La mostra è stata resa possibile grazie al contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio di: Regione Lombardia, Comune di Milano, Ucei, Comunità ebraica di Milano, Milano Attraverso.
La mostra
Gli anni della Grande Guerra determinano anche per la società italiana un passaggio epocale. In un contesto di profonde trasformazioni, la popolazione ebraica è coinvolta da protagonista e viene profondamente segnata dagli eventi. In tutta Europa, per la prima volta nella storia, gli ebrei si trovano a combattere su fronti contrapposti. Questi i numeri: circa 600.000 soldati ebrei in Russia, 350.000 nell’esercito austro-ungarico (compresi numerosi triestini e fiumani), 100.000 fra i tedeschi, 50.000 ebrei inglesi, 50.000 francesi, decine di migliaia nell’esercito degli Stati Uniti. In Italia furono circa 5.000 gli ebrei che combatterono, interpretando il conflitto come l’ultima delle guerre risorgimentali, che consegnava definitivamente anche agli ebrei lo status di cittadini. Ed è proprio sugli ebrei italiani che parteciparono alla Grande Guerra che è incentrata la mostra itinerante 1915-1918 Ebrei per l’Italia organizzata dalla Fondazione CDEC che, dopo aver fatto tappa in diverse città italiane (Ferrara, Padova, Trento e Torino) arriva a Milano, al Memoriale della Shoah, dal 6 settembre al 4 novembre, data in cui, cent’anni prima, terminò il conflitto in Italia.
La compongono 10 totem esplicativi del periodo storico e 29 pannelli che raccontano, attraverso fotografie e documenti di corredo, la presenza ebraica nella società italiana all’inizio del Novecento e i diversi aspetti di partecipazione dei singoli e delle comunità alla Grande Guerra.
«Quello che si capisce chiaramente fin dall’inizio della mostra è che essa non è esclusivamente incentrata sul triennio della Grande Guerra – spiega Gadi Luzzatto Voghera, direttore del CDEC -, ma prende in considerazione un ampio periodo che inizia con la seconda emancipazione, ai tempi dell’Unità d’Italia, in cui gli ebrei hanno potuto entrare a tutti gli effetti nel tessuto sociale, culturale e politico italiano. Per queste persone, la prima guerra mondiale ha rappresentato il momento di massima affermazione del diritto di cittadinanza da poco acquisito: potevano partecipare al conflitto, e quindi erano cittadini a tutti gli effetti, senza distinzioni. Era l’apoteosi dell’essere italiani. Le Leggi razziali del 1938, l’esclusione dalla vita politica, sociale e culturale ribaltano radicalmente questo quadro, fino alla deportazione: è l’ultimo pannello della mostra a dirci quanti furono gli ebrei che avevano partecipato alla Grande Guerra a morire ad Auschwitz: 250, un numero impressionante». Un itinerario, insomma, per ragionare sull’origine del concetto di cittadinanza nell’Italia a cavallo fra Ottocento e Novecento.
Per ricostruire queste diverse fasi il CDEC si è basata sulle informazioni raccolte da Pierluigi Briganti nel volume Il contributo militare degli ebrei italiani alla grande guerra (1915-1918), edito da Zamorani, e incrociarle, grazie a strumenti informatici all’avanguardia, con quelle della sua immensa banca dati sulla deportazione e sulla Shoah. Ma a dare un contributo fondamentale e unico a questo lavoro di studio e ricerca sono stati anche i numerosi documenti e materiali inviati dai singoli. «Quando si è cominciato a sapere che stavamo lavorando a questo progetto – racconta Daniela Scala, responsabile dell’archivio fotografico del CDEC -, molte persone hanno cominciato a farci avere fotografie, documenti, cartoline e tutto quello che riguardava quel periodo storico, e ciò si è ripetuto dopo ogni tappa della mostra». L’interesse suscitato dall’iniziativa è evidente anche dalle numerose richieste di ospitare l’esposizione ricevute dal CDEC, anche al di fuori del mondo ebraico: dopo Ferrara, infatti, dove è stata presentata nel settembre del 2017 in occasione della Festa del Libro ebraico, la mostra ha fatto tappa a Padova, Trento e Torino, sempre in luoghi messi a disposizione dalle istituzioni pubbliche.
Per ogni città, poi, è stato creato un pannello sull’esperienza locale e su alcuni dei “suoi” ebrei dell’epoca, tenendo conto delle particolarità specifiche di ogni luogo. A Trieste, ad esempio, sono stati evidenziati i numerosi casi di conflitti inter-famigliari creati dall’appartenenza a eserciti opposti (quello austro-ungarico e quello italiano), mentre a Padova ci sono approfondimenti sulla partecipazione ebraica all’assistenza bellica. «Nel pannello milanese abbiamo inserito documenti di personaggi che ci sembravano rappresentativi e importanti della realtà meneghina – continua Scala -: Alberto Segre, il padre di Liliana Segre, che partecipò alla prima guerra mondiale, morendo poi assassinato ad Auschwitz, è ritratto in una fotografia con il fratello Amedeo. La stessa Liliana non ha mai mancato di ricordare la tristezza del padre per la cancellazione dall’Unuci (Unione Nazionale Ufficiali in congedo d’Italia) in seguito alle Leggi Razziali». Altro spazio nel pannello milanese è poi dato a Fabio Luzzatto, padre dello storico dell’ebraismo Guido Lodovico Luzzatto, e Guido Donati, Consigliere della Congregazione di carità di Milano, ancora oggi commemorato in una targa all’Istituto Golgi Redaelli di via Olmetto, morto in guerra a soli 27 anni».
I materiali mostrati nei pannelli sono però solo una minima parte di tutti quelli a disposizione del Cdec, che diventano disponibili attraverso un’apposita App e a breve nella Digital Library, sul nuovo portale dell’istituto di ricerca. Foto, documenti e album sono, grazie a una catalogazione molto puntuale, consultabili e interrogabili attraverso una maschera di ricerca.
Qui si possono quindi vedere le cartoline che si scrissero, durante il conflitto, Emanuele Segre, arrivato a Milano nel 1910 per frequentare la Bocconi, e il suo amico triestino Carlo Permer, richiamato dall’Impero a combattere gli italiani: nemici in guerra, ma amici nel cuore. E cosa dire della splendida foto di una bimba, la figlia di Giulio Bergmann, che legge, nel settembre 1915, la lettera del papà dal fronte? Un magnifico esempio del valore narrativo ed esplicativo della fotografia, strumento che proprio in quegli inizi del ‘900 svolge un ruolo cardine nella società italiana ed europea, utilizzata sia per scopi propagandistici sia per uso privato anche dai soldati.
«Certamente questa mostra rappresenta una goccia nel mare di tutto quello che si potrebbe sapere su questo argomento – commenta Gadi Luzzatto Voghera -: come infatti possiamo essere sicuri di avere tutti nominativi dei soldati ebrei dell’epoca? Il testo di Briganti ci fornisce i nomi di oltre 3500, ma allora non era scritta da nessuna parte l’appartenenza religiosa: cosa, questa, che suscitava grande delusione nei rabbini militari! Ma la partecipazione entusiastica e attiva delle persone che vengono alla mostra e che ci inviano i loro materiali ci fa capire che stiamo lavorando bene. Pensi che ci hanno chiesto di portare la mostra in Slovenia, a Maribor. E chissà dove altro ci chiameranno…».
Informazioni
Dal 6 settembre al 4 novembre 2018
Milano, Memoriale della Shoah
Piazza Edmond J. Safra, 1
Ideazione: Paola Mortara e Annalisa Bemporad
A cura di: Gadi Luzzatto Voghera e Daniela Scala
Orari di apertura: lunedì dalle 10 alle 19
dal martedì al giovedì dalle 10 alle 14.30
prima domenica del mese dalle 10 alle 18
Ingresso al Memoriale:
10€ adulti – 5€ studenti e over 65
Per informazioni: Fondazione CDEC
Tel. 02316338 – www.cdec.it | cdec@cdec.it