2.700 libri ebraici e decine di migliaia di documenti, in ebraico, arabo , giudeo-arabo e anche in inglese; i più antichi risalgono al 1540, i più recenti agli anni 1970. C’era persino una bibbia del 1568, stampata a Venezia da Giovanni Gara, con il testo commentato da rabbini. Se ne stava tutto, chissà da quanto tempo, nella cantina della Mukhabarat, il quartier generale dell’intelligence di Saddam Hussein, a Bagdad.
Quando il 6 maggio del 2003 16 soldati americani fecero irruzione nel palazzo, trovarono nella cantina allagata, sotto quattro metri d’acqua, questo tesoro di carte e libri antichi e preziosissimi, appartenuti evidentemente alla Comunità ebraica di Bagdad, provenienti dalle sinagoghe e dalle organizzazioni ebraiche locali.
Portati alla luce del sole, con il caldo umido di Bagdad, i materiali cominciarono presto ad ammuffirsi. Una settimana dopo il ritrovamento, dagli Stati Uniti furono quindi mandate subito, con un trasporto militare speciale, due esperte del programma di conservazione dei National Archives, Doris Hamburg e Mary Lynn Ritzenthaler. In mancanza di mezzi in loco, e con l’accordo delle rappresentanze locali, fecero trasferire a Washington il tesoro ritrovato per sottoporlo immediatamente ad un trattamento per la conservazione e digitalizzazione.
Oggi il materiale ritrovato dieci anni fa a Bagdad è in mostra fino al 5 gennaio ai National Archives di Washington ma è visibile anche online su un sito appositamente creato per permettere a tutti la sua visione e consultazione (http://www.ija.archives.gov/).