La voce di Primo vola oltre l’oceano

Ebraismo

di Giovanna Rosadini Salom

Primo LevisDopo il primo appuntamento torinese, tenutosi in ottobre al Centro Internazionale di studi Primo Levi di Torino, la Sesta lezione sul grande scrittore piemontese è approdata a Milano il 4 novembre.
Grazie al rinnovato impegno dell’Associazione Figli della Shoah, l’Auditorium Memoriale della Shoah di Milano ha ospitato quattro relatori d’eccezione per l’incontro-lezione (opportunamente intitolato In un’altra lingua), che quest’anno è coinciso con la presentazione del progetto di traduzione dell’opera omnia di Primo Levi negli Stati Uniti. Un onore mai riservato prima a un autore italiano, antico o moderno che fosse. L’edizione americana, che sarà licenziata da Norton Liveright ed è curata da Ann Goldstein, editor del New Yorker e apprezzata traduttrice di letteratura italiana, uscirà (sono previsti tre volumi, dal titolo Complete Works) a partire dall’autunno 2015.
La serata è stata introdotta dal direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, in qualità di Presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, che ha ricordato il valore testimoniale dell’opera di Primo Levi ma anche la sua statura di scrittore. Quindi, ha preso la parola Fabio Levi, direttore del Centro internazionale di studi Primo Levi, referente indispensabile per il lavoro dell’editore americano e della coordinatrice e curatrice Ann Goldstein, che si è avvalsa del supporto di Domenico Scarpa, critico e consulente letterario dell’istituzione torinese. Quest’ultimo, con un intervento articolato e ricco di spunti, ha illustrato il progetto editoriale, sottolineando come Levi sia «un grande classico e al tempo stesso un autore ancora da scoprire, soprattutto se viene fatto conoscere per tutte le sue competenze, ad esempio per quanto riguarda il linguaggio. Il suo talento di scrittore, basato su un linguaggio percepito dai lettori come chiaro e limpido, è in realtà portatore di una grande complessità».
Non a caso, fra gli inediti della nuova traduzione inglese ci saranno gli scritti di Levi dedicati al linguaggio e a specifiche realtà italiane: come noto, lo scrittore trapiantò nella letteratura italiana nuovi linguaggi come il dialetto degli ebrei piemontesi o lo yiddish di una banda partigiana nelle steppe orientali, oltre a elementi di un gergo tecnico-scientifico con cui, data la sua formazione di chimico, aveva familiarità.
Partendo da una significativa coincidenza linguistica: ovvero la parola “prominenti”, usata sia per indicare, nella New York di fine ‘800, quegli emigranti italiani già insediati nella realtà americana che sfruttavano i propri connazionali freschi di sbarco, sia “prominenten” per connotare, come ha scritto Primo Levi in I sommersi e i salvati, i prigionieri collaborazionisti che, nei lager nazisti, godevano di posizioni o mansioni privilegiate. Così, Domenico Scarpa ha preso l’avvio per descrivere il progetto editoriale americano, e la sua eccezionalità. Saranno pubblicate tutte le opere di Primo Levi, comprese le pagine sparse, in traduzioni nuove o rivedute per l’occasione. I libri dell’autore torinese avranno lo stesso assetto delle edizioni originali, e dunque saranno cancellati gli adattamenti e tagli cui la sua opera era stata precedentemente sottoposta negli Stati Uniti. Non solo, pertanto, l’opera omnia di un autore cardine del Novecento sarà ritradotta in maniera organica ed esaustiva, ma verrà offerta ai lettori corredata da apparati storico-critici firmati dal Centro internazionale di studi Primo Levi di Torino. Sgombrando in tal modo il campo dalle polemiche e problematiche sollevate dalle precedenti traduzioni dei libri di Levi, uscite inizialmente a fine anni Cinquanta passando pressoché inosservate, anche perché inficiate da titoli non fedeli e fuorvianti: solo con la pubblicazione del Sistema periodico nel 1984 il pubblico americano poté rendersi conto della grandezza di Levi come scrittore, grazie anche all’entusiastica recensione di Saul Bellow.

Da qui la fortuna critica di Primo Levi negli Stati Uniti, alimentata anche dall’omaggio, in forma di intervista sulla New York Review of Books, tributatogli qualche anno dopo da un altro grande scrittore ebreo, Philip Roth: sarà l’ultima grande soddisfazione della vita di Primo Levi. Di grande interesse, poi, sono state le considerazioni sulla traduzione fatte da Scarpa, sempre a partire dagli scritti di Levi, che, in Tradurre ed essere tradotti, affronta la tematica della diversità delle lingue e rileva come, da un attrito linguistico, possa nascere un attrito razziale: ogni straniero, in quest’ottica, può trasformarsi in un nemico. Fondamentale dunque diventa il ruolo del traduttore (un anti-Eichmann, lo ha definito Scarpa), che ha il compito, rendendoci comprensibile l’altro, di “limitare i danni della maledizione di Babele” (come scrisse lo stesso Levi). Il traduttore come ponte fra mondi diversi, e come professionalità “di servizio”. Nel prestigioso ruolo ufficiale affidatole dall’editore, Ann Goldstein, responsabile del Copy Department del New Yorker, la rivista più intellettuale della Grande mela, e traduttrice storica di Levi e di altri autori italiani, da quando, più di vent’anni fa, tradusse un manoscritto di Aldo Buzzi portato in redazione da Saul Steinberg. Da allora ha tradotto i romanzi di Baricco e di Piperno, oltre a casi editoriali come Elena Ferrante, ma si è cimentata anche con un mostro sacro come Leopardi, traducendone lo Zibaldone.
Cresciuta in una famiglia pressoché assimilata e senza un’educazione religiosa, Ann Goldstein si è accostata a Primo Levi non tanto per la sua ebraicità quanto per il suo valore di scrittore, e di grande testimone dei drammi storici del suo tempo.
La fedeltà, ai testi e alle volontà di Primo Levi, è stata il criterio principale di riferimento. Secondo Ann Goldstein, per svolgere un buon lavoro di traduzione è necessario trovare il giusto equilibrio fra traduzione letterale (per lei, in ogni caso, il punto di partenza) e le dinamiche proprie di ciascuna lingua; fondamentale, poi, è tener presente la distanza culturale del potenziale lettore, nel caso specifico quello americano dei nostri giorni: compito delicato del traduttore diventa, pertanto, fondere le due lingue cercando di mantenere l’anima di ciascuna, e al tempo stesso di rendere, e il caso di Levi è esemplare, la complessità implicita e la stratificazione dell’autore tradotto. Questa “lezione” diventerà, nella primavera 2015, un volume bilingue italiano-inglese, Einaudi, che andrà ad aggiungersi alle Lezioni precedenti.