di Michael Soncin (video di Orazio Di Gregorio)
“Israele continua ad essere il laboratorio vivente del pluralismo ebraico”, ha dichiarato Rav Roberto Della Rocca durante l’incontro organizzato da Kesher il 7 aprile intitolato “Israele e l’opinione pubblica”.
Secondo Rav Della Rocca, c’è un cortocircuito psicologico profondo e non è un caso che oggi, secondo una statistica, la Germania sia forse il paese europeo meno antisionista.
È un paradosso, ma è anche il paese che ha fatto maggiormente i conti col proprio passato. Per quanto è possibile, la Germania si è in qualche modo pulita la coscienza, senza mai vedere nello stato di Israele, un indennizzo per pulire i propri sensi di colpa; cosa che invece è ancor presente in molti altri stati, tra cui l’Italia, dove Israele è un po’ l’indennizzo ai
propri sensi di colpa e ai problemi irrisolti con i quali non si sono ancora fatti i conti.
Israele miracolo di dinamismo
Per Guido Vitale, direttore di Pagine Ebraiche, “la democrazia israeliana è un miracolo straordinario, non ci sono termini di paragone a mio avviso, in una
società così isolata, minacciata e così piccola; va ricordato che la democrazia non è mai una conquista definitiva, è doveroso mantenere alta la guardia e sorvegliare che questo miracolo possa ripetersi”.
Vitale ritiene che il ruolo ebraico sia quello di porsi delle domande, anche se scomode, senza mai adeguarsi alla cornice che la cultura dominante vuole imporre, perché la
propaganda non è mai la soluzione al problema; urge un riequilibrio nella percezione della realtà di Israele.
La società di Israele è ancora più complessa e contraddittoria della nostra, poiché capace di contenere in così poco territorio, molta più diversità e molta più ricchezza umana, di quella cui noi siamo soliti vedere; costituendo inoltre un patrimonio per gli ebrei e per tutto il mondo.“Dobbiamo continuare ad esercitare una vigilanza, – afferma – stando sempre attenti a non tramutarci in una funzione di supporter verso una o l’altra fazione, non ci è richiesto di fare il tifo, ma di essere degli ottimi cittadini. Dobbiamo chiedere a noi stessi, ai nostri Rabbini, alle nostre comunità, di definire i nostri problemi identitari, senza necessariamente avvicinarci ai grandi e delicatissimi temi, come la crisi in Medio Oriente o il miracolo della democrazia israeliana, in una maniera strumentale, poiché questo è molto pericoloso”.
L’antisionismo è antisemitismo
Rimuovere le ragioni di fondo del sionismo, per Stefano Parisi, vuol dire essere contro gli ebrei; egli ritiene infatti assurdo che Israele sia l’unico paese al mondo in cui si discute se abbia o meno il diritto ad esistere, un dato drammatico che ha molto probabilmente le sue radici profonde nell’antisemitismo.
“Per Hamas – afferma – i morti sono un vantaggio, perché usa i propri cittadini come scudo, facendo loro rischiare la vita e diventando così loro gli eroi e Israele il paese che li aggredisce, mentre cerca solo di difendersi dai continui attacchi”.
Parisi ricorda che non dobbiamo mai stancarci di denunciare l’antisemitismo, non soltanto quello esplicito; continuando a dire ad voce alta ciò che pensiamo, perché la libertà
di Israele – avamposto della nostra civiltà – è anche la nostra libertà. Secondo Parisi abbiamo una classe politica italiana, profondamente antisemita e non dobbiamo assolutamente farci prendere in giro, da qualcuno che va lì a sventolare la bandiera di Israele e il giorno dopo si allea con le forze più retrograde che ci sono in Europa, spesso antisemite.
Le ragioni del popolo ebraico sono le ragioni di tutto l’occidente, la libertà della sopravvivenza e dell’esistenza di Israele rappresenta il nostro futuro, e Parisi ritiene che il tema a riguardo sia molto più grave perché antisemitismo è anche quando l’Europa finanzia i paesi che vogliono la distruzione di Israele.
Parisi pone l’accento sul fatto che il popolo Israeliano, vivendo sotto la costante minaccia, abbia il diritto a difendersi, ed ha fortunatamente un governo, che adotta tutte le misure
necessarie per farlo. Per il popolo ebraico, il valore della vita è un fatto straordinario, mentre in Europa – sottolinea – non è così, ma c’è solo molta retorica, in Israele invece c’è
dolore, perché il terrorismo è la minaccia per ogni Israeliano ogni giorno.
“Per quale motivo il movimento LGBT in Italia è contro Israele ed è filopalestinese? Io non ho mai visto un gay pride più bello e più potente di quello che si svolge a Tel Aviv –
afferma Parisi – mentre gli omosessuali a Gaza e in diversi paesi arabi vengono uccisi.
Ma come mai quindi gli LGBT italiani sono antisionisti pensando che Israele sia un paese dell’apartheid ? A che livello arriva l’odio contro gli ebrei? Perché questo succede?”
L’amore di Amos Oz per il proprio popolo
Paolo Lepri, quirinalista e giornalista professionista, inizia l’intervento rendendo omaggio al celebre scrittore israeliano Amos Oz, recentemente scomparso; definendolo un uomo buono, un personaggio singolo, per il suo impegno e la capacità di coniugare la memoria incancellabile delle sofferenze del suo popolo con le sue responsabilità e per la sua battaglia
contro il fanatismo.
Ricorda poi Uri Grossman, figlio del famoso scrittore David Grossman, morto a vent’anni in Libano, da soldato, per difendere il proprio paese.
“Guerra e Pace – dichiara Lepri- non sono due concetti astratti ma sono due realtà sempre presenti, in particolare se ci riferiamo a questa parte del mondo”.
Parlare di pensiero dominante per Lepri è rischioso sia in passato sia oggi, perché si fa torto all’intelligenza delle singole persone. È indubbio che negli ultimi decenni del secolo
scorso, la stampa internazionale e la stampa italiana abbia avuto un atteggiamento squilibrato e una posizione sbilanciata nei confronti di Israele, anche se non sempre le critiche legittime possono essere definite come episodi di antisionismo o antisemitismo; due termini però il cui sovrapporsi sta diventando sempre più frequente.
Secondo Lepri, la negazione del millenario legame degli ebrei con la Terra Santa ha molto spesso “flirtato” con l’antisemitismo, fenomeno diventato oggi meno politico, ma bensì un
cemento identitario, in cui gruppi di fazioni, o comunità si riconoscono.
È quindi necessario combatterlo con ancora maggiore forza, facendo delle barriere morali, perché ci siamo adeguati a una leadership politico-culturale italiana che sta
facendo cadere alcune barriere morali. Motivo per il quale non bisogna arretrare nemmeno di un centimetro, urge anzi un’opera di denuncia e pedagogia, responsabilità che spetta in primis a stampa ed istituzioni.
Cita, infatti, la Germania, dove la commissione governativa per la lotta contro l’antisemitismo sta facendo un buon lavoro di educazione, del personale politico, all’interno delle scuole e una massiccia opera di persuasione all’interno delle comunità musulmane. “Israele è la grande barriera morale contro tutti i tipi di fascismo.”