“Belev Ehad”, un concerto indimenticabile per il 25° anniversario della Sukkah al Castello Sforzesco

Feste/Eventi

Nella prima foto in alto, da sinistra: Francesca Tasso e Simy Elmaleh 

di Redazione
È grazie all’entusiasmo e alla devozione di Simy Elmaleh se anche quest’anno si sono festeggiati i 25 anni della Sukkah nei cortili del Castello Sforzesco. Un evento ormai consolidato nella tradizione milanese, nel ricordo di Rav Shalom Elmaleh z”l, fondatore del Tempio Naar Israel.

L’iniziativa è promossa ogni anno con grandissimo entusiasmo dall’Associazione Culturale Naar Israel, che realizza una Sukkah all’interno del Castello per tutta la durata di Sukkot, creando così un ambiente di incontro e dialogo. Un momento speciale, che va avanti da un quarto di secolo, unendo persone di ogni età, paese e cultura. Un’occasione per vivere con gioia i significati della festa ebraica di Sukkot in un contesto festoso e inclusivo,

Il 25° anniversario di Evento Sukkot è stato celebrato domenica 20 ottobre 2024 con il concerto Belev Ehad diretto dal maestro Uri Chameides, con l’orchestra Alei Kinor: Sebastian Canellis (Violino), Stefano Corradi (Clarinetto), Marco Fior (Tromba), Giovanni Lovisetti (Violino), Tito Mangialajo Rantzer (Basso), Michael Pavia (Violino), Marco Pisoni (Chitarra).

Alla serata hanno partecipato diversi esponenti della Comunità Ebraica di Milano tra cui: Walker Meghnagi, presidente della Comunità, Rav Alfonso Arbib, rabbino capo, Ilan Boni vicepresidente della comunità, Sara Modena, assessore alla Cultura. Presente anche Diana Alessandra De Marchi, consigliera del Comune di Milano e Francesca Tasso, direttrice del museo del Castello.

Il gruppo musicale
Il pubblico
Rav Alfonso Arbib
Da sinistra: Walker Meghnagi, Raffaele Besso, Diana Alessandra De Marchi

Pubblichiamo qui scorso l’intero discorso sull’importanza del canto a Sukkot:

Cantate, figli miei, cantate!
C’è un detto popolare secondo cui ogni grande esperienza ebraica è in qualche modo collegata al cibo.
A questo aggiungerei che, dove c’è cibo, c’è canto…
Così ogni esperienza ebraica è accompagnata da un canto.
Dalle opere cantoriali delle Festività Solenni, alle zemirot  – le melodie cantate alla tavola dello Shabbat. Dalla musica commovente che accompagna gli sposi sotto la chuppah – sotto al baldacchino nuziale-  a quella delle energiche e gioiose  danze che la seguono,
dal Mah Nishtanah, le 4 domande cantate  che iniziano  il Seder, “l’ordine” delle sere  pasquali, alle ninne nanne notturne. 

L’anno ebraico è sicuramente un anno musicale.
Perché il canto ha un ruolo così centrale nella vita ebraica?
Il canto è la piuma del cuore. 
Esprime a noi stessi e agli altri le parti più profonde del nostro cuore e della nostra anima che non possono essere espresse attraverso sillabe finite.
Cantare crea un matrimonio tra chi siamo e chi dovremmo essere.
Il canto porta emozione e profondità ovunque penetri.
È un viaggio interiore, verso se stessi, che porta il nostro vero essere in primo piano nella nostra coscienza.
È il matrimonio tra chi siamo e chi dovremmo essere.
Non è necessario essere un musicista per apprezzare la potenza di una melodia.
Non è necessario possedere il titolo di cantante per cantare.
Tutto ciò di cui hai bisogno è un cuore.
 La maggior parte della lettura di  Torah, e cito Deuteronomio, cap.32, “Haazinu , tendete l orecchio”, consiste in una “canzone” di 70 versi che Mosè indirizzò al popolo di Israele l’ultimo giorno della sua vita terrena.
Perché Mosè cantò l’ultimo giorno della sua vita?
Perché il pezzo lirico più lungo della Torah è stato cantato in quello che sembrava essere uno dei giorni più tristi della storia ebraica, il giorno in cui il più grande leader ebreo di tutti i tempi lasciò questo mondo?
Forse Mosè voleva lasciarci il potere del canto.
Stava lasciando il suo gregge e fino alla fine dei tempi non ci sarebbe stato nessuno come lui a guidare la nazione.
Ci ha così dato uno strumento che ci avrebbe permesso di trovare D-o dentro di noi, per creare leadership, creare una guida, anche in assenza di veri leader , di veri capi.
Ci ha insegnato come mantenere viva la fiamma dell’ebraismo, sia nelle camere a gas – dove gli ebrei cantavano Ani Maamin – “Io credo! Ho fede che ci sarà la Redenzione messianica” mentre andavano a morire , sia mentre erano seduti al tavolo dello Shabbat con la famiglia e gli amici.
Nel suo ultimo giorno di leadership, Mosè ci ha dato il mezzo per perseverare: il canto.

E molto presto, quando arriverà la Redenzione messianica, insieme a tutte le nazioni, meriteremo di ascoltare la più grande di tutte le canzoni, quando canteremo e danzeremo con D-o stesso nella danza più magnifica di tutti i tempi…e possiamo iniziare ora , nel Castello Sforzesco, insieme a tutti voi !!!