di Sofia Tranchina
Grazie alla già collaudata collaborazione tra Daniele Liberanome, critico d’arte, e Alfonso Sassun, si è svolto l’evento digitale Kesher Caravaggio, tra luce e buio – l’eterna lotta nell’ebraismo tra il bene e il male.
Caravaggio è stato infatti uno dei più grandi maestri della luce: nelle sue opere la luce non è qualcosa di indispensabile per illuminare i soggetti, ma è essa stessa un’entità, un soggetto.
Liberanome ha dunque mostrato ed analizzato alcune opere di Caravaggio in ordine cronologico, mostrando come il suo studio della luce si sia evoluto nel tempo, a partire da I bari del 1593 fino a Martirio di S. Orsola del 1610. Caravaggio fa voltare le figure umane in modo da riprenderle da diverse angolature, come il maestro Michelangelo, ma usa appunto la luce per mettere in evidenza alcuni punti del viso e del corpo.
La citazione di Ermete Trismegisto «la luce non lotta con l’oscurità. Quando la luce si manifesta, l’oscurità sparisce» fa da ponte verso un’analisi della contrapposizione di luce–buio nell’ebraismo: la lotta tra yetzer hatòv e yetzer harà.
«Per confrontarci con il nostro yetzer harà – spiega Sassun – ci possiamo ispirare alle tre casate del trasporto del Mishkan».
La più bassa è quella di Merarì, il cui nome viene dalla radice di amaro: qualcuno che convive con lo yetzer harà senza riuscire sempre a governarlo, e ne resta amareggiato. Merarì porta infatti i pilastri di legno, la parte meno nobile ma sopratutto la più pesante.
Segue quella di Ghershon, «colui che vive staccato». Ghershon, pur avendo vissuto con Lavan, ha rispettato le 613 mitzvot: si è semplicemente estraniato dallo yetzer harà ed ha proseguito lungo il suo cammino. Ghershon porta i tendaggi del Mishkan.
Infine, l’atteggiamento migliore è quello di Kehat: «colui che si contrappone allo yetzer harà lottandoci». Lui, infatti, è il designato per portare l’Arca Santa.
Sin dal primo libro Bereshit, Sassun ha notato come «il mondo è stato creato con due entità in perfetta contrapposizione».
La luce viene creata il primo giorno, nel frangente del quale or (luce) viene ripetuto cinque volte, come i cinque libri della Torah, perché la Torah è la luce stessa per il popolo ebraico. E la luce «ha il suo contraltare», spiega, «ovvero le luminarie (sole, luna e stelle) create nel quarto giorno, i meorot». Anche la parola maor-meorot viene ripetuta cinque volte.
Oltre al buio e alla luce, «si alternano le acque superiori e le acque inferiori, la terra ferma e l’acqua, il sole e la luna, i volatili e i pesci, gli animali e l’uomo».
Tornando a Caravaggio, Liberanome ha notato come il fatto che il pittore usasse come modelli persone di malaffare gli desse la possibilità di «mostrare nel modo più forte le storture di questo mondo. Vivendo nella melma e combattendola, ce la mostra».