di Paolo Castellano
Lo scorso 8 marzo si è celebrata la festa delle donne ma come è espressamente stato detto in differenti sedi, bisogna che tale celebrazione abbia una risonanza significativa per favorire un miglioramento della condizione femminile. Lo sviluppo della coscienza di un popolo passa anche dai grandi esempi rappresentati dalle opere di quelle donne che si sacrificarono per migliorare il nostro mondo.
In questa categoria rientrano le “Giuste” onorate e ricordate al Giardino dei Giusti a Milano con un albero e un cippo e durante un convegno intitolato Conquiste e sconfitte nella legislazione relativa alla condizione femminile nel mondo, svoltosi il 7 marzo presso la sala Alessi di Palazzo Marino a Milano, a cui hanno partecipato Livia Pomodoro, Presidente emerito del Tribunale di Milano, Maryan Ismail, docente di antropologia dell’immigrazione e Milena Santerini, docente dell’Università Cattolica e Presidente Alleanza Parlamentare contro l’intolleranza e il razzismo del Consiglio d’Europa.
Sempre durante l’incontro – hanno riportato la loro testimonianza l’avvocatessa indiana Flavia Agnes e Vian Dakhil, entrambe onorate come Giuste durante questa edizione della Giornata europea dei Giusti, e Cecilia De Vincenti, figlia di Azucena Villaflor, e Giovanni Impastato, figlio di Felicia Impastato, in rappresentanza delle proprie madri anch’esse riconosciute come Giuste.
Il primo intervento effettuato da Livia Pomodoro ha sviluppato il tema delle conquiste e delle rivendicazioni di ieri e di oggi con l’obiettivo di raggiungere gli stessi diritti degli uomini e dunque un’effettiva parità di fronte alla legge. «Le conquiste delle donne per la loro emancipazione e la rivendicazione della parità sono un percorso lungo e difficile; non è solo un discorso di legislazione ma soprattutto un aspetto della nostra cultura. Ricordo le principali leggi che in Italia hanno cambiato la condizione femminile: il diritto di voto, il divieto di licenziamento per maternità, l’accesso ai concorsi per le cariche pubbliche e per la carriera diplomatica e infine la legge sull’aborto». Ha poi terminato il suo intervento dichiarando: «In Italia l’equilibrio delle norme non ha incidenza se non segue un’adesione culturale; la società è testimone di quello che bisogna e si può fare. Il Giusto si batte per l’umanità e l’umanità è fatta di uomini e di donne».
Il secondo intervento curato da Milena Santerini si è concentrato sulla vulnerabilità e fragilità della condizione femminile nel mondo e ciò è stato fatto partendo da un paragone esplicativo: «Gli indici di sviluppo umano dell’Onu calcolano che tra Norvegia e Niger ci siano 94 punti di differenza riguardo alle donne che hanno potuto studiare – ha poi aggiunto – bisogna parlare anche di quelle donne fuori dai confini europei che sono l’80% dei rifugiati del mondo, questo perché i loro mariti sono morti e devono quindi occuparsi dei figli senza più avere nessuna tutela e protezione». L’onorevole Santerini ha inoltre ricordato la figura letteraria di Antigone, donna greca, emblema dell’abnegazione femminile su temi come il rispetto dell’uomo e dei suoi diritti. Nella tragedia greca di Sofocle, Antigone si oppone alla volontà di Creonte, re di Tebe, e rivendica una degna sepoltura per il fratello Polinice. La protagonista, dopo essere stata imprigionata in una grotta, decide di togliersi la vita. La relatrice ha riportato questo esempio perché «Le donne scendono in campo per delle persone e raramente per delle battaglie ideologiche».
Il terzo e ultimo intervento ha riguardato il declino e il miglioramento della condizione femminile delle donne africane in Somalia e in Ruanda. Agli astanti, Maryan Ismail ha illustrato lucidamente che quando uno Stato entra in una fase di decadenza, le norme obbligano le donne a coprirsi e nascondere la loro natura femminile. L’antropologa ha infine terminato il suo intervento affermando come in molti paesi civili ci siano ancora fenomeni disumani come l’infibulazione e le spose bambine: «Le cose potranno cambiare ancora di più quando in alcuni luoghi del mondo un kg di pane costerà meno di un Kalashnikov».
Il convegno si è concluso con le testimonianze di alcuni ospiti che hanno voluto ricordare l’importanza e il valore della memoria degli atti delle Giuste. Particolarmente commovente è stato il racconto di Cecilia De Vincenti che ha ricordato l’impegno di sua madre contro il regime argentino capeggiato da Videla, dittatore dell’Argentina dal 1976 al 1981, per far luce sul caso dei desaparecidos. La donna dopo le prime proteste in Plaza de Mayo venne catturata dai militari, poi seviziata e infine gettata nell’oceano da un areoplano. Il corpo venne rinvenuto sulla spiaggia da uno sconosciuto.
Le riflessioni e le storie sviluppate durante il convegno rappresentano un passo avanti per continuare a coltivare una coscienza collettiva sulla condizione femminile nel nostro Paese e sul valore del ricordo dei Giusti che hanno ancora molto da insegnarci.