Donne ebree protagoniste del XX e del XXI secolo. Una serata Kesher declinata al femminile

Feste/Eventi, Kesher

di Anna Balestrieri
Una serata declinata al femminile, l’appuntamento Kesher di domenica 3 dicembre. Paola Carraro Lombroso, Clara Archivolti Cavalieri, Anna Kuliscioff e Amelia Rosselli le protagoniste della presentazione del libro “Donne ebree protagoniste tra il XIX ed il XX secolo”, uscito con Guerini e associati in primavera a cura di Elisa Bianchi, Monica Miniati e Paola Vita Finzi.

L’evento è stato introdotto e moderato da Fiona Diwan, direttrice dei media della comunità ebraica di Milano ed autrice del testo su Isaac Bashevis Singer Un inafferrabile momento di felicità. Diwan ha posto l’accento sulla storicità del ruolo di precettore delle madri ebree, ricordando il caso di Batsheba Zylberlman, la madre dell’autore. Nella tradizione ebraica, madre è colei che ha il dovere di insegnare ai figli a leggere e scrivere e tramandare tradizione e conoscenza. Partendo da una posizione doppiamente disagiata, quella di essere donne e di essere ebree. È il caso delle “emancipate” di Monica Miniati (Le “emancipate”. Le donne ebree in Italia nel XIX e XX secolo, Viella, 2008), per cui la conoscenza delle lingue è uno degli aspetti dell’“empowerment femminile” ebraico. Come nel percorso di Emma Boghen Conigliani, che conosceva francese, tedesco, e inglese, o in quello delle rarissime, allora, traduttrici dallo svedese.

Le straordinarie figure femminili tra il 1800 e il 1900, come Paola Carraro Lombroso, Clara Archivolti Cavalieri, Anna Kuliscioff e Amelia Rosselli, tra molte altre, si distinsero per il loro impegno a favore delle classi svantaggiate, lavorando per diffondere la conoscenza e favorire la partecipazione alla vita sociale. Questi sforzi anticiparono molti temi di genere attualmente rilevanti. Il libro narra le esperienze personali di queste donne, spesso trascurate o completamente ignorate sia dalla società che dall’accademia a causa del loro genere. Non è casuale che molte di loro fossero di origine israelitica: i valori di solidarietà e dedizione all’istruzione, presenti nella tradizione ebraica, insieme al concetto di “Selbtsdenken,” il pensiero autonomo e originale, sono stati pilastri della tradizione del “secolarismo ebraico”.

Anna Kuliscioff, donna volitiva e comnbattiva

Il caso più affascinante? Forse quello di Anna Kuliscioff, descritto da Elisa Bianchi. Medico e laureata in filosofia, affatto gregaria e nient’affatto ancillare come compagna di Filippo Turati e una “bella rompiscatole,” secondo Fiona Diwan. L’Amazzone, la “dottora” come voleva essere chiamata in un afflato per scelte grammaticali femministe ante litteram. Anja Rozenshteyn fuggì in Svizzera (1877) per evitare il numerus clausus e studiare. Vi conobbe Andrea Costa, di cui divenne compagna e da cui ebbe una figlia, ma lo lasciò poiché non condivideva il suo ideale egualitario tra i sessi ed il femminismo. Esule in Italia, aderì al marxismo e condivise con Filippo Turati (cui si unì dal 1885) la direzione di Critica sociale (1891), diventando, nella definizione scherzosa dei compagni, “l’unico vero uomo di Milano.” Esponente della corrente riformista del Partito socialista, militò, esercitando la sua professione di medico, nel movimento per l’emancipazione delle donne.
Si dice che Collodi si sia ispirato a lei nella figura della fata dai capelli turchini. Una donna affascinante, magnetica e volitiva.

Amelia Pincherle Rosselli, una donna moderna

Una “figura di straordinaria modernità”, come la scrittrice antifascista Amelia Pincherle Rosselli. Nata in una famiglia ebrea con una tradizione liberale ma non praticante a Venezia, Amelia Pincherle sposò Giuseppe Emanuele Rosselli ed ebbe l’ardire di separarsene nel 1903. Suo fratello Carlo Pincherle, architetto e pittore, fu il padre di Alberto Moravia. Laura Capon, figlia del cugino di Amelia, l’ammiraglio Augusto Capon, fu la moglie del fisico Enrico Fermi.

Attiva nella vita pubblica come membro del Comitato esecutivo dell’Esposizione d’arte e di lavori femminili di Roma e socia della cooperativa protofemminista “Industrie Femminili Italiane”, Amelia Pincherle iniziò l’attività giornalistica scrivendo recensioni, articoli e novelle per diverse riviste. Nel 1908, divenne membro del Lyceum Club di Firenze, un circolo costituito da sole donne, e ne divenne presidente della sezione letteraria. Allo scoppio della Grande Guerra, Pincherle Rosselli fu interventista, nella convinzione che il conflitto fosse l’ultima tappa del Risorgimento e avevano speranza che portasse al recupero delle città rimaste sotto la dominazione straniera, come Trento e Trieste. Durante la guerra, collaborò all’Ufficio notizie per le famiglie dei soldati e, in memoria del figlio Aldo, morto in Carnia nel 1916, fondò un rifugio per bambini orfani o figli di combattenti. Con Olga Monsani e Gina Ferrero Lombroso, fondò l’Associazione divulgatrice donne italiane a Firenze nel 1917. Curò inoltre la collana di libri per ragazze “Biblioteca delle giovani italiane” per la casa editrice Le Monnier, fino al 1926.

A partire dai primi anni Venti, Amelia iniziò a sostenere l’attività antifascista dei suoi figli Carlo e Nello, raggiungendoli nei luoghi di confino ed esilio. Dopo l’assassinio dei suoi figli nel 1937, lasciò l’Italia e si trasferì in Francia, successivamente in Svizzera, in Inghilterra e infine negli Stati Uniti, dove arrivò nel 1940 insieme alle sue nuore e ai suoi sette nipoti, tra cui la futura poetessa Amelia Rosselli. Durante l’esilio, continuò l’attività antifascista come presidente del Committee for Relief to Victims of Nazi-Fascism in Italy e l’opera di divulgazione per preservare la memoria dei figli.

Educazione e ricordo, quindi. Le parole chiave, secondo Paola Vita Finzi, dell’attività di Paola Lombroso, l’ideatrice del “Corriere dei piccoli” che conobbe e frequentò la Kuliscioff.

L’evento Kesher è stato un nuovo invito ad immergersi nell’“epopea di figure femminili uniche, caratterizzate da uno “sguardo ebraico” sul mondo, da un pensiero laterale e divergente che non si accontenta di accettare la realtà così com’è ma che cerca (per quanto possibile) di cambiarla”.