di Michael Soncin
Le tecniche utilizzate nel campo dell’agricoltura in Israele sono un modello vincente per sopravvivere all’emergenza climatica che è ormai un processo in atto su scala globale. Un argomento importante affrontato durante la Giornata Europea della Cultura Ebraica (GECE), il 18 settembre nella città di Milano, presso il Tempio Centrale di via della Guastalla. L’intervento dal titolo ISRAELE: Quando l’agricoltura incontra l’innovazione, è stato introdotto e moderato dal professore Ugo Volli (a sinistra nella foto), ed ha visto la partecipazione del giornalista e divulgatore scientifico Marco Merola (al centro nella foto), con il professore Aaron Fait (a destra), dell’Università Ben Gurion del Negev, scienziato esperto nel campo delle tecniche agronomiche, intervistato nei giorni scorsi in anteprima da Mosaico, in occasione della GECE.
Israele è il primo al mondo nel riciclaggio delle acque
L’Italia e l’Europa in materia di riciclaggio delle risorse idriche hanno molto da imparare da Israele. Aaron Fait ha cominciato il suo discorso parlando delle pochissime risorse che ci sono in Israele, soprattutto quelle idriche. Questa mancanza ha permesso di creare delle alternative vincenti, come la desalinizzazione delle acque, o il riciclaggio delle acque grigie, provenienti dalle industrie e dalle municipalità. Questo perché in Israele non c’è abbastanza acqua da utilizzare nel settore dell’agricoltura. Un problema che sta coinvolgendo sempre più le diverse regioni del mondo. È perciò imperativo attivare un serio programma di riciclaggio delle acque, come è stato fatto in Israele, che è il primo paese al mondo per l’utilizzo delle acque municipali e industriali. Fait ha inoltre fatto notare che al secondo posto c’è la Spagna, ma a paragone con lo Stato Ebraico, la percentuale è molto lontana. Di fatto queste tecniche di cui si è parlato hanno salvato l’agricoltura israeliana. Oggi l’agricoltura utilizza all’80% acque riciclate. Mentre l’acqua salina è l’acqua del futuro, non solo per Israele, anche se il suo impiego al momento ha un costo abbastanza alto rispetto all’acqua riciclata.
Ma da dove nasce questa efficienza? Da un senso di responsabilità che passa dall’istruzione. Un sistema tecnologico e di efficienza che viene insegnato a partire dalla scuola materna. “Ad ogni bambino viene spiegato che non può sprecare nemmeno una singola goccia d’acqua”, ha detto Fait. L’acqua è poca e limitata ed è necessario che le persone ne abbiano contezza sino dai primi anni, al fine di interiorizzare che le risorse non sono infinite. Israele è forse tra quello che ne ha di meno, ma ogni ambiente non ha risorse inesauribili. Ed è quello che sta accadendo in molti paesi, il clima sta cambiando e le risorse stanno andando incontro ad una diminuzione progressiva. Ecco perché i problemi che ci sono in Israele ed il modo in cui sono stati affrontati fanno di esso un modello da seguire.
Adattarsi non significa rassegnarsi
Marco Merola ha posto l’attenzione su come nell’ambito della comunicazione si utilizzino le parole, differenze che possono far cambiare non poco la percezione di quanto esposto. Piu che di cambiamento climatico, sarebbe meglio parlare di crisi climatica, ha detto Merola. Ormai il cambiamento c’è stato, ora assistiamo ad una vera emergenza. Israele è tra i paesi che il noto giornalista ha visitato di più, e proprio lì ha avuto un’illuminazione su come avrebbe voluto parlare delle questioni ambientali. La prima sta nell’evitare la narrazione a senso unico, cioè limitata, che fanno molti media. Per farcelo capire cita l’ultimo disastro dell’alluvione avvenuta nelle Marche, dove la maggior parte ha utilizzato la parola ‘maltempo’, quando invece sarebbe più consono il termine di ‘crisi climatica’.
Un’altra parola sulla quale concentrarsi è ‘adattamento’. “Molti confondono l’adattamento con la rassegnazione, cosa abbastanza avvilente. In realtà, adattamento, è l’altra faccia della medaglia. Noi dobbiamo lavorare al fine di non introdurre più gas nell’atmosfera entro il 2050. Ma riguarda tutti noi. Perciò, adattamento, è una chiamata in alto di tutti, dalle persone comuni ai politici, dagli imprenditori, agli ingegneri e scienziati. Siamo tutti chiamati in campo”, ha spiegato Merola, che proprio sul concetto da lui esplicato ha ideato un programma intitolato appunto Adaptation.
Le innovazioni messe in pratica in una fluidità di ambienti
Israele, dalle alture del Golan, al mar Morto è costituito da un gradiente ambientale significativo, oltre che da diverse tipologie di vegetazione. Come spiega il professor Fait, questa fluidità di ambienti permette su scala il fenomeno dell’adattamento e dell’evoluzione. Ad esempio, leggere come una pianta subtropicale, in grado di crescere nella zona del mar Morto, possa reagire a delle concentrazioni di sale più alte rispetto a quanto di solito è abituata. Le varietà ambientali del territorio israeliano diventano così una specie di laboratorio a cielo aperto.
“Il Negev sta diventando una zona estraneamente ricca nel campo dell’agricoltura e della viticoltura. È una regione in cui improvvisamente si è iniziato a produrre il vino, una cosa che non ci faceva da millenni, da quando i nabatei abitavano le zone. Quello che fa oggi il contadino israeliano è stato possibile leggendo il passato; ossia vedendo come i nabatei utilizzavano le tecniche dell’agricoltura, seguendo le loro impronte”, ha esposto Fait.
L’agricoltura a terrazzo è una delle tecniche adoperate con le viti ed i vigneti, che permette di utilizzare l’acqua che si assorbe lentamente nel terreno. È importante nel caso di possibili inondazioni improvvise, evitando così che le viti vengano spazzate via. C’è poi l’ormai famosa irrigazione a goccia, sempre più diversificata, come l’irrigazione a goccia superficiale, quella subterranea, ed ancora, subterranea con sensori, che permette di dare alla pianta il giusto apporto di acqua e fertilizzanti, o di rilevare se ci sono problemi in alcune zone del terreno, inviando dei segnali alla centralina computerizzata.
L’importanza di investire nell’agricoltura
Da non dimenticare come sottolineato da Volli il fattore della sostenibilità economica. In Israele buona parte del finanziamento è statale ed una parte proviene anche dalle industrie. “Noi ricercatori lavoriamo su tutta la gamma di finanziamenti che possiamo ottenere. ll sistema israeliano dà la possibilità di fare, di sviluppare le tue idee, le tue ipotesi” ha commentato Fait.
Ma per farlo come aggiunge Merola, “oltre la sostenibilità economica, c’è bisogno anche della sostenibilità politica. Ci sono delle tecnologie che si possono già utilizzare, sono perfette, il modello è stabile, ma non si usano perché non ci sono accordi politici, non ci sono le norme, che ne consentano l’utilizzo massivo per far del bene alla società”. E questo è punto da affrontare in particolare nel territorio italiano.