Gli ebrei italiani e la Resistenza: un grande contributo, ancora non molto noto

Feste/Eventi, Kesher

di Giovanni Panzeri
“La partecipazione degli ebrei alla Resistenza italiana è un argomento poco considerato dalla storiografia” ha affermato la storica Liliana Picciotto nel pomeriggio di domenica 19 marzo “esistono ormai decine di studi sulla shoah in Italia, ma sul contributo ebraico alla Resistenza niente o quasi”.

Durante la conferenza online “Resistenti ebrei d’Italia” organizzata da Kesher, Liliana Picciotto, già autrice de Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (1943-1945) e di numerose opere di ricerca storica sulla Shoah, ha raccontato l’ultimo progetto della fondazione CDEC sul tema: un nuovo database online sulle vite e le esperienze dei membri della resistenza ebraica in Italia, presentato l’anno scorso.

Il database raccoglie i dati anagrafici dei resistenti ebrei, i luoghi in cui hanno combattuto e il ruolo che svolgevano, facendo affidamento “sui documenti conservati dalla fondazione CDEC” ha spiegato Picciotto ma anche su “oltre 170.000 richieste di riconoscimento partigiano”, raccolte nel dopoguerra da commissioni regionali e custodite fino a pochi anni fa negli archivi della Difesa.

Gli ebrei e la lotta partigiana

 “La partecipazione ebraica alla lotta antifascista” ha continuato Picciotto “è stata importantissima sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Su una popolazione di non più di 38.000 persone almeno 1000 si impegnarono nella resistenza attiva e almeno 10 su circa 603 medaglie al valore furono assegnate a membri della comunità ebraica. È da sottolineare inoltre la presenza di diverse personalità ebraiche tra i membri del Comitato di Liberazione Nazionale, come Leo Valiani o Umberto Terracini”.

La resistenza ebraica si distinse anche per fattori demografici e sociali: Picciotto ha infatti sottolineato che molti ebrei combattevano a fianco dei propri familiari, erano spesso ragazzi molto giovani o adulti in età avanzata, e avevano un alto livello d’istruzione.

Resistenza attiva e resistenza morale

 “La fondazione CDEC – ha affermato ancora Picciotto – distingue chiaramente tre tipi di resistenza ‘attiva’ al fascismo: la prima consiste nella cospirazione politica per abbattere il fascismo, la seconda nella lotta armata, la terza nell’adesione ad associazioni clandestine di soccorso verso ebrei in stato di estremo pericolo”.

In particolare, Picciotto ha spiegato che gli ebrei convergevano principalmente su due partiti politici, il PCI e il Partito d’Azione, e ha descritto alcuni straordinari esempi di resistenza e sacrificio: tra i tanti quello di Goffredo Pacifici, arrestato dai nazisti mentre guidava gruppi di profughi in Svizzera, e quello del partigiano Giuseppe (Pino) Levi, autore di una spettacolare azione di sabotaggio sulle linee di rifornimento tedesche.

Ma a fianco di questi esempi di resistenza “attiva”, bisogna sottolineare la resistenza “morale” propria di tutta la comunità ebraica.

“Diventare resistenti voleva dire tante cose – ha dichiarato infatti Picciotto -: in primis voleva dire lottare in difesa della vita propria e dei propri familiari. Voleva dire organizzare la clandestinità, trovare abitazioni alternative per sfuggire alle retate, nascondersi, procurarsi il cibo al mercato nero, e i documenti falsi in una situazione in cui le autorità avevano indirizzi e dati di tutti” a causa della schedatura dell’intera comunità ebraica ordinata dai fascisti nel 1938.

“Gli ebrei del resto,” ha continuato Picciotto “avevano poche scelte se volevano sopravvivere: cercare di sconfinare in Svizzera, nascondersi o diventare resistenti”.

Il ruolo delle donne

Picciotto ha infine spiegato l’importante ruolo delle donne, ebree e non, nella Resistenza. Seppur limitate nei numeri e condizionate da una società arretrata, svolgevano il fondamentale ruolo di staffette, mantenendo la comunicazione tra i diversi gruppi partigiani.

“In questi uomini e queste donne del passato ho trovato storie straordinarie” ha concluso la storica “ che devono essere conosciute, perché non si dica mai che gli ebrei sono stati solo vittime e mai interpreti delle loro scelte”.