Israele e il ritorno degli imperi: Fiona Diwan intervista Maurizio Molinari all’evento di Kesher

Feste/Eventi, Kesher

di Michael Soncin (video di Elia Bassus)
È sotto gli occhi di tutti. La guerra in Ucraina ha rotto gli equilibri internazionali. Oggi stiamo assistendo ad un nuovo fenomeno, quello di paesi, il cui atteggiamento, cavalca il passato, a tal punto da definirli più che col termine di nazione, nel senso comune odierno, con un termine lontano precipitato nel nostro presente: quello di impero. Cosa significa questo? Ed Israele che ruolo gioca davanti ad un mondo in profondo cambiamento? Una serie di argomenti scottanti, affrontati durante l’evento di Kesher, dal titolo “Israele davanti alle sfide di un mondo che cambia”, nella serata di domenica 6 novembre, con ospite Maurizio Molinari, direttore de la Repubblica, intervistato da Fiona Diwan, direttrice di Bet Magazine Mosaico.

I nuovi imperi del mondo: rischi e benefici di Israele

Il dibattito ha anche intercettato i temi racchiusi nel nuovo libro di Molinari, “Il ritorno degli imperi”, edito da Rizzoli (pp.230, 20,00 euro), dispiegandoli accanto ai temi dell’antisemitismo e del ruolo di Israele in questo nuovo scacchiere. “Un libro fondamentale per capire cosa sta succedendo, che mette sul tappeto tutti i dati di realtà geopolitica attuali, col vantaggio tuttavia di essere “aperto” e di offrire molteplici direzioni di risposta: capiamo come la pensa l’autore e nel contempo ci consente di trarre nostre conclusioni. Non dà risposte univoche. Questo lo rende un volume prezioso, che racconta i quattro grandi imperi di oggi: russo, cinese, americano e l’Unione europea”, ha detto Fiona Diwan.

“Come possiamo pensare – continua Diwan – di interpretare una realtà così variegata e complessa? Quello che colpisce è quanto le identità, i valori culturali e gli atavismi storici siano tornati temi centrali. Nei discorsi di Vladimir Putin abbiamo sentito parlare di tornare indietro a quelle che sono le antiche radici della storia russa, in barba a quello che credevamo un processo di globalizzazione, idem per la Cina, dove Xi Jinping spinge per una Nuova Via della seta, idem per la Turchia di Erdogan.

Che ruolo ha Israele nello scenario di questi nuovi imperi?

Molinari spiega che si è scelto di attribuire la funzione di impero, perché siamo davanti a entità che hanno interessi che vanno oltre lo stato di riferimento. Per Israele ci sono pericoli ed opportunità, dice Molinari, ma cosa unica e rara, Israele ha stretto buoni rapporti con tutti e quattro questi imperi. Con gli Stati Uniti vi è un legame di valori. Entrambe sono democrazie, che hanno un legame profondo con l’Europa. Pensiamo anche allo spazio geopolitico. Con la Cina, Israele ha rapporti molto peculiari sul fronte delle nuove tecnologie. Mentre ciò che più lega la Russia ad Israele è l’operazione strategica di Putin in Siria nel 2015, per sostenere Bashar al-Assad, che si muove assieme all’Iran, ma in contemporanea fa un accordo strategico militare con Israele, che vede gli israeliani che non ostacolano le operazioni militari dei russi in Siria, e la Russia non ostacola a sua volta le operazioni militari israeliane, nel medesimo territorio, e cioè sempre Siria, ricordando ancora una volta che la Russia è legata a doppio filo con l’Iran. Molinari sottolinea un’unicità di rapporti con la Russia, un’unicità che continua ancora oggi, particolarmente se pensiamo che la vittoria di Netanyahu è stata in un qualche modo anche una vittoria per Putin.

Tracciati, in sintesi, i benefici, quali sono invece i rischi? Molinari ha spiegato che è un fenomeno al quale stiamo assistendo in queste settimane. Il rischio è che qualcosa vada storto e che a pagarne il prezzo siano le comunità ebraiche della diaspora. Come sappiamo la Russia ha accusato ingiustamente l’Agenzia Ebraica di violare le leggi russe, con l’accusa di promuovere l’immigrazione in Israele. Tutto ciò è stato prontamente smentito dall’Agenzia Ebraica, chiarendo che non si occupa affatto di immigrazione. Queste sono dinamiche che minano alla sicurezza di 800.000 ebrei russi. “

“Putin – sottolinea Molinari – ci sta dicendo che non vuole che si rompa questo tipo equilibro, ed innanzitutto non vuole che Israele dia le armi all’Ucraina. Gli ebrei in Russia stanno vivendo una situazione di difficoltà alla quale non erano più abituati. C’è un tipo di pressione poliziesca che non si manifestava più dai tempi dell’Unione Sovietica. Israele inoltre ha ebrei in altri paesi che si potrebbero trovare in situazioni di pericolo, perché se oggi le minacce vengono da Putin, domani potrebbero arrivare dalla Cina. Il porto di Haifa, ad esempio, è uno dei più importanti del Mediterraneo e viene gestito da una società cinese. Questo significa che ci potrebbero essere dei rischi. La realtà è che Europa, Stati Uniti, Cina e Russia sono in competizione, ma tutti assieme vogliono lavorare con Israele; tuttavia, la presenza ebraico-diasporica nel mondo dilata i punti di vulnerabilità di Israele, ben al di là di più di quelli di altri Stati”.

Il crescente sentimento antiebraico Negli Stati Uniti: uno scenario inedito

Un altro punto molto importante è stato l’aumento esponenziale del sentimento antisemita negli Stati Uniti e i gravi attentati che si sono verificati negli ultimi anni. Nei campus universitari i gruppi di studenti hanno istituito addirittura delle zone Judenfrei, dove agli ebrei è proibito entrare, in nome di un presunto suprematismo bianco ebraico, un’accusa perversa, cresciuta sulla scorta del movimento Black Live Matter, e di matrice afroamericana.

Se pensiamo alla storia, possiamo osservare che l’antisemitismo assume sempre nuove vesti, è un fenomeno trasformista. Commenta Molinari che “questo rende molto complessa la lettura. L’antisemitismo somma sempre nuove caratteristiche a quelle ereditate dalle stagioni precedenti. Ieri era l’antisemitismo marxista, che c’è ancora anche se è minoritario; oggi c’è  un antisemitismo mascherato da antisionismo, dagli anni Ottanta in poi e che oggi ha finalmente degli anticorpi. Quelli di oggi sono elementi nuovi. Per descriverli dobbiamo mettere assieme le diverse parti. Un esame che va fatto con prudenza ed onestà”, spiega Molinari.

L’idea è quella di un cortocircuito tra le parti politiche, estrema destra e estrema sinistra. Molinari ha fatto notare che negli Usa, l’antisemitismo di estrema destra, molto più basico e antico, cova in quelle frange violente e estreme che hanno votato Donald Trump, Trump che tuttavia sappiamo essere più che mai favorevole ad Israele malgrado una parte dei suoi elettori appartenga a frange antisemite. Un’altra similitudine si registra con l’Ungheria di Viktor Orbán, aperto anch’egli nei confronti di Israele, ma con gruppi di estrema destra particolarmente ostili ai cittadini ungheresi ebrei.

«Un vulnus, un cortocircuito: da una parte dei leader che hanno posizioni a favore di Israele, dall’altra il fatto che siano supportati da gruppi ostili agli ebrei. Com’è possibile? Io non sono in grado di rispondere, ma è una dinamica che riguarda la nostra realtà”, ha detto Molinari, che inoltre ha messo in risalto un nuovo elemento di questa inedita forma di antisemitismo: ossia “il principio che lo Stato di Israele sia illegittimo fin dalla nascita, una nascita che non doveva avvenire perché fraudolenta e illegittima. Il fatto stesso che sia stato creato costituisce, per i nuovi antisemiti, una violazione dei diritti umani. La novità è costituita dal fatto che La questione palestinese non c’è più, è soarita, non viene più nemmeno menzionata. Sia chiaro: l’antisemitismo in America c’è sempre stato, ma mai con queste dinamiche così aspre e aggressive. Oggi gli ebrei americani si trovano sotto pressione, cosa mai avvenuta in termini così aspri negli ultimi 50 anni, con problemi che non erano mai stati abituati ad affrontare”.

L’Unione Europea, preda e protagonista

L’ultima parte dell’incontro si è concentrata sull’Unione Europea e la grande occasione che avrebbe con l’Ucraina. Unione Europea, definita come il quarto impero, è nel contempo preda e protagonista, ed è la vera posta in gioco di quello che sta avvenendo con la guerra in Ucraina. E’ una preda perché la Russia vuole limitare la leadership americana e della Nato e perché Putin vuole consolidare il proprio potere geopolitico sulla linea dei vecchi confini dell’Unione Sovietica; è una preda anche per la Cina di Xi in relazione ai disegni commerciali e di business e alla creazione della Nuova Via della seta che sancirà la leadership economica della Cina. “Senza mappe è difficile comprendere l’entità del cambiamento. Guardando alla dinamica di Cina, Russia e Stati Uniti, tutte e tre hanno bisogno dell’Europa”, spiega Molinari, (invitando a guardare le mappe geostrategiche racchiuse nel volume).

Perché? Perché tutte e tre hanno bisogno del Mediterraneo. Basti pensare agli interventi di Putin in quella zona. “Nella visione imperiale della Russia mancano i mari del Sud. Putin insediandosi nel Mediterraneo, chiede all’Occidente di farsi più in là. Ricordiamoci quando nel mese di luglio 2022, ben tre navi da guerra russe si schierarono nel Mediterraneo. Quello è stato un chiaro e inequivocabile avvertimento, dire agli Stati Uniti e all’Europa che ci sono anche loro. Controllare parte il Mediterraneo orientale significa per Putin tornare agli anni prima della caduta del Muro di Berlino, nel 1989, ai tempi dell’Unione Sovietica. E l’Italia non è forse al centro del Mediterraneo? Da qui la sua centralità nella partita a quattro che si sta iniziando a giocare. Sia chiaro: Mosca e Pechino non vogliono né si illudono che l’Italia esca dalla Nato e dall’UE; ma si aspettano che non li ostacoli, che agisca in qualche modo a loro favore. Mentre la sfida di Putin all’Occidente è rudimentale, quella della Cina è sofisticata”.

Maurizio Molinari, Il ritorno degli imperi. Come la guerra in Ucraina ha stravolto l’ordine globale, Rizzoli, pp. 272, 20,00 euro.