di Roberto Zadik (video di Orazio di Gregorio)
Dopo la festa del Keren Hayesod per i 70 anni di Israele, la sera del 13 maggio si è tenuta la tavola rotonda organizzata da Kesher intitolata “Israele nuovo Stato, nuovi stati d’animo. Giudeo, ebreo, sionista, il gioco dell’identità negli occhi degli altri e dei nostri”: una imponente riflessione concettuale e storica su Israele e l’identità ebraica in cui Rav Della Rocca ha stimolato quattro ospiti d’eccezione su vari temi. Dalla Diaspora, ai valori democratici di Israele, alla storia ebraica nei secoli fino agli incerti scenari attuali. Diversi argomenti e concetti anche piuttosto complessi e di stretta attualità che sono stati sviscerati dai quattro relatori interpellati dal Direttore di Kesher: Alessandro Litta Modignani, presidente Udai e di Ampi, l’assessore alla Cultura Ucei e psicanalista David Meghnagi, l’On. Emanuele Fiano e Andreè Ruth Shammah.
Modignani ha espresso la sua “grande vicinanza al sionismo e al mondo ebraico pur non essendo ebreo e nemmeno credente”. Citando vari testi, da Alain Finkelkraut L’identità infelice” a Niram Ferretti Il sabba intorno a Israele a Vittorio Dan Segre Le metamorfosi di Israele, egli ha messo in luce il declino dell’Europa e la profonda ambiguità del suo rapporto con Israele e con l’Islam. Nel suo intervento, Modignani si è soffermato su quanto sta accadendo in Francia e nella società europea e ha chiaramente sottolineato come stia avvenendo “il lento suicidio della società occidentale” che sembra in balia dell’Islam radicale, da lui definito come “incompatibile coi valori democratici e liberali”. “Viviamo varie contraddizioni qui in Europa e stiamo assistendo a una cosiddetta oikofobia, a un oblio verso le proprie radici che vengono rappresentate dalla società democratica israeliana” ha ribadito. In merito a Israele, il presidente di Udai e di Ampi (Associazione Milanese Pro Israele) ha invece evidenziato la centralità di questo Stato per tutti noi e la “necessità che abbiamo di riconoscerci nei suoi valori”.
Andreè Ruth Shammah ha invece riflettuto sul complesso tema dell’identità ebraica ponendola in relazione al titolo dell’evento e a diversi fattori terminologici. Infatti partendo da termini di uso comune ma spesso strumentalizzati o fraintesi la direttrice del Parenti ha evidenziato come le parole “ebreo” o “giudeo” vengano associate a connotazioni negative: “giudeo spesso è inteso come Giuda, come traditore di Gesù e spesso parlando di ebrei emergono i peggiori stereotipi antisemiti”. Questo non vale, secondo la Shammah, per la parola “israelita” che come ha detto “è molto antica e che nelle mie ricerche su internet si è rivelata estremamente positiva”. “Vi è una grande confusione terminologica e concettuale” ha ribadito “e bisogna fare chiarezza, cercare definizioni chiare e esprimerci meglio noi per primi in modo da farlo meglio anche all’esterno”. È dunque necessario porsi delle domande e mettersi in discussione. Riallacciandosi al titolo della serata, la regista ha detto: “dobbiamo chiarire chi sono gli altri con cui relazionarci e chi siamo noi e formulare una serie di domande per capire meglio e risolvere costruttivamente questi equivoci”. Riguardo a Israele invece ha detto “esso è un’identità molto più chiara e ben precisa e concreta e le definizioni sono molto meno complesse. Io mi sento cittadina israeliana”.
Molto interessanti e articolati gli interventi di David Meghnagi e dell’Onorevole Fiano. Lo psicanalista ha evidenziato diversi punti di estrema profondità sottolineando elementi nodali della storia e dell’identità ebraica e di Israele. “Veniamo tutti da storie diverse ed questa è la nostra ricchezza” ha subito evidenziato sebbene ci siano diversi elementi in comune ai destini ebraici. Fra questi la fuga, anche la festa di Pesach parte da questo e “tanti ebrei milanesi sono fuggiti dal mondo arabo, come nel mio caso” ha ricordato lo studioso, le difficoltà e le speranze vissute dal popolo ebraico nelle varie fasi storiche, come in quel periodo breve e illusorio periodo dell’emancipazione, dal 1870 con l’apertura dei Ghetti italiani alla tragedia della Shoah che “ha lasciato una ferita profonda in tutti noi” e il bisogno di “costruire una realtà possibile nonostante tutto e le avversità” che sia in passato che attualmente ha sempre caratterizzato il mondo ebraico. Ottimismo ma non “utopistico bensì pragmatico” come ha evidenziato ma anche riflessione, analisi realistica e necessità di sognare, di sfidare, di pensare al futuro senza rancori o sterili polemiche sono stati alcuni dei temi del bel discorso di Meghnagi. “Dobbiamo far crescere i sogni” come ha detto citando testi sacri “costruire alleanze e amicizie, più che cercare nemici, anzi dobbiamo dialogare anche con il nemico e trasformarlo in amico ricordando che anche se stiamo vivendo in un momento molto difficile stiamo molto meglio di come stavano i nostri genitori. Anche io ho sofferto dell’esclusione e della persecuzione nei Paesi arabi e in Libia ma dobbiamo andare avanti, ingoiare i rospi, dinamizzare la Memoria che deve essere qualcosa di attuale, costruttivo e dinamico.” ha detto con ottimismo puntando sulla bellezza del “pluralismo e delle diversità che ci hanno permesso di sopravvivere a tanti ostacoli e difficoltà. Deriviamo tutti da percorsi personali e peculiari, da storie diverse e dobbiamo metterle assieme”.
Citando un Midrash dalla Torah che racconta della fuga degli ebrei dall’Egitto e intervenendo subito dopo, Rav Della Rocca, ha ricordato che nella storia ebraica ci sono quattro atteggiamenti “quelli che combattono, quelli che si arrendono, quelli che si suicidano e quelli che resistono realizzando l’impossibile. Israele rappresenta questa sfida” ha concluso.
In conclusione di serata, hanno parlato prima l’On. Emanuele Fiano e poi ha concluso Rav Della Rocca seguito da varie domande da parte del pubblico in sala. Fiano ha citato diverse fonti testuali e religiose, dal brano pasquale “Dayenu” (Ci sarebbe bastato) e l’importanza che la fede e la libertà hanno sempre caratterizzato il popolo ebraico e “in questo contesto si colloca la centralità della difesa di Israele”. Raccontando anche una serie di aneddoti personali, come le sue due visite in Israele, nel 1970 a 7 anni e nel 1973 per il matrimonio di suo fratello Enzo, l’Onorevole ha menzionato il suo stretto legame con questo Stato e l’emozione provata da suo padre Nedo quando “arrivato in quella terra scese dall’aereo e baciò l’asfalto sporca di gasolio dell’aeroporto di Tel Aviv”. Citando la Meghillat Ester e riferendosi a Purim e al personaggio di Haman, esempio primario di antisemitismo, Fiano ha insistito sull’importanza della difesa di Israele ricordando i suoi sforzi e le sue battaglie politiche. “Dobbiamo sempre difendere Israele in maniera coraggiosa e dirompente” ha detto ricordando la bellissima introduzione che il mio Rav, Rav Laras, aveva fatto al libro di Arturo Schwarz “Arte Anarchica”. “Nella mia carriera” ha ricordato “mi sono esposto spesso in difesa di Israele e contro vari attacchi da sinistra e temo che ancora oggi in Occidente non ci sia ancora sufficiente consapevolezza dei pericoli del fondamentalismo islamico”. Tante idee, domande dal pubblico e argomenti in cui è emersa l’importanza di “mantenere e difendere la propria identità e Israele nel rispetto delle diversità e delle opinioni dei singoli” come ha concluso Fiano.
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