La cura e il benessere dell’anziano: l’esperienza della Rsa della Comunità ebraica di Milano

Feste/Eventi

di Ilaria Myr
In tempi di pandemia, la salute e l’incolumità degli anziani sono diventate ancora di più una priorità per la società italiana, che ha purtroppo registrato, soprattutto in Lombardia, molti decessi nelle case di riposo.

Un esempio virtuoso è quello della Rsa Arzaga della Comunità ebraica di Milano, che fin dagli inizi di marzo ha chiuso le porte ai parenti dei suoi residenti, impedendo così la diffusione del virus all’interno della ‘Casa’.

Di come ciò è stato possibile e di cosa significhi oggi proteggere gli anziani si è parlato giovedì 11 giugno durante una conferenza su Zoom organizzata dalla Comunità ebraica.

A introdurre la serata Antonella Musatti, assessore alla Rsa e Welfare, che ha spiegato come “dopo tre mesi passati con il cuore in gola, abbiamo voluto creare uno spazio per chi è stato in prima linea in questa emergenza nella nostra Rsa. Il benessere degli anziani tocca tutti gli aspetti della persona: fisico, psicologico e sociale, nel rispetto interculturale e religioso”.

Dopo un saluto e un ringraziamento alla direzione della Rsa del presidente Milo Hasbani, Rav Alfonso Arbib ha riflettuto sul leit motiv di inizio pandemia, per il quale erano “solo” gli anziani e i malato a essere più colpiti. “Questa idea consolatoria è antiebraica – ha spiegato – perché per la tradizione ebraica l’anziano è molto importante: lo zaken, l’anziano, è anche zaken hohmà, colui che ha acquisito l’esperienza di vita. Darsi da fare per tutelarli è fondamentale”.

Rony Hamaui, assessore al bilancio CEM e autore del libro Gli ebrei a Milano, ha ricordato la storia della casa di riposo Jommelli, nata nel 1937 grazie a due filantropi ebrei, Enrico Guastalla e Mino Bettino. “All’epoca la comunità ebraica era molto eterogenea, laica, e in molti nutrivano un forte desiderio di integrazione. La filantropia era più destinata alla cittadinanza che alla comunità – ha spiegato -. Solo dopo la guerra nasce prima la scuola ebraica, nel 1951, grazie a Sally Mayer e Carlo Schapira, e poi la casa di riposo in via Leone XIII. Solo nel 2008 apre quella odierna, grazie al fondamentale contributo della famiglia Picciotto”.

Un saluto commosso è stato quello dell’Onorevole Emanuele Fiano, che ha i due genitori alla Rsa Arzaga, e che ha descritto molto bene come la casa di riposo sia per i membri della comunità un’appendice della famiglia. “I miei genitori hanno intorno delle persone che ho conosciuto, e che loro conoscevano quando erano giovani. La Rsa è la protesi dell’apparenza alla grande famiglia”.

La dottoressa Ilaria Dallera, specialista in geriatria presso la casa di cura del Policlinico di Milano in via Dezza, ha parlato della condizione dell’anziano nella Regione Lombardia, una Regione di per sé molto longeva e molto ben attrezzata.

La parola poi alla direttrice della Rsa Daniela Giustiniani, che ha gestito con responsabilità e prontezza l’emergenza, vietando l’ingresso ai parenti fin dai primi di marzo. E’ stato creato un team di emergenza e provveduto alla programmazione dell’approvvigionamento di dispositivi medici e di protezione individuale. E poi, la formazione del personale, e la sensibilizzazione dei pazienti, tutti sottoposti a tampone e test.

“In pochissimo tempo si sono ribaltate le certezze – ha spiegato -. Siamo passati a una gestione di ospedalizzazione, alcuni sono stati costretti a lasciare la loro camera, che per loro è casa, e abbiamo dovuto sospendere tutte le attività sociali, i laboratori. Gli anziani con il tempo hanno risentito del distanziamento sociale. Ora lo sforzo maggiore è sostenere gli anziani che sono più disorientati di prima.

Il direttore sanitario Antonio Rizzo ha poi parlato della qualità del tempo passato con i residenti durante la pandemia.
Molto commovente è stata la testimonianza di Claudia Mazzuccato, figlia dell’amata professoressa della scuola Carla Stucchi, così come quello di Rav Elia Richetti.