La fine della presenza ebraica in terra d’Islam, un dibattito

Feste/Eventi, Kesher

di Nathan Greppi
Se oggi gran parte dei membri della Comunità Ebraica di Milano sono originari del Medio Oriente e del Nord Africa, ciò è dovuto principalmente alle persecuzioni con le quali nel secolo scorso furono costretti a lasciare in massa paesi dove vivevano da generazioni. Ma quali sono stati i fattori che hanno portato a ciò? Riguarda solo la nascita d’Israele o le radici sono più profonde? Di questo si è parlato domenica 20 marzo in un dibattito su Zoom organizzato da Kesher, intitolato L’esodo silenziato degli ebrei dai paesi arabi. L’incontro è stato moderato da Davide Romano, il quale ha specificato che il tema riguarda anche gli ebrei nei paesi islamici non arabi, come l’Iran e la Turchia.

Il semiologo Ugo Volli, esperto di storia ebraica, ha illustrato il contesto storico mostrando una serie di mappe e slide: dalle prime, si vede come ai tempi in cui gli arabi si espansero fino a dominare gran parte dell’area mediterranea, tra l’anno 632 e il 750, molti ebrei vivevano in quelle terre da almeno 1000 anni. In particolare, nel 750 c’erano fiorenti comunità ebraiche che andavano dagli angoli più remoti della Persia alla Penisola Arabica, dalla Siria fino alla Spagna sotto dominio arabo.

Successivamente, ha mostrato i dati della scomparsa di quelle comunità ebraiche nei paesi arabi dal ‘900 ad oggi, a causa di persecuzioni crescenti o di vere e proprie espulsioni di massa: in Siria c’erano 30.000 ebrei nel 1943, oggi sono una ventina; in Libano erano 20.000 nel 1948, oggi circa un centinaio; in Egitto nello stesso arco di tempo sono passati da 75.000 ad un centinaio, mentre in Libia e in Algeria, che nell’anno della nascita d’Israele ospitavano rispettivamente 38.000 e 140.000 ebrei, oggi non sembra essere rimasto nessuno. Presenze ebraiche che si possono ancora contare sulle migliaia, per quanto di gran lunga inferiori rispetto al passato, sono rimaste solo in Turchia, Iran, Tunisia e Marocco.

Gli ebrei fuggiti da Tripoli, che nel 1931 erano il 25% di tutta la popolazione locale, una volta giunti nel nostro paese hanno dato un forte contributo all’ebraismo italiano: nella comunità di Milano sono tripolini il rabbino capo Rav Alfonso Arbib, il segretario generale Alfonso Sassun e il presidente Walker Meghnagi. Proprio Meghnagi è intervenuto raccontando come la sua famiglia sia scappata dalla città libica nel 1965, perché il padre era stato minacciato dai Fratelli Musulmani: “Ciò che non perdono è l’averci strappati le nostre radici, le nostre amicizie e tutto ciò che era Tripoli per noi,” ha spiegato.

David Meghnagi, docente di psicanalisi all’Università di Roma Tre ed esperto di storia degli ebrei nel mondo arabo, ha illustrato vari esempi significativi dell’importanza che ha avuto la presenza ebraica nei paesi islamici nel corso dei secoli: è in arabo che Maimonide ha composto nel 1190 La Guida dei Perplessi, e nella Sicilia sotto dominio arabo vi fu una vasta produzione cabbalistica, di cui i principali manufatti rimasti oggi sono conservati a Parma; mentre nella Scuola medica salernitana, istituita nel IX secolo, ci fu un importante cooperazione tra studiosi ebrei, musulmani e cristiani.

Tuttavia, questo rapporto presentava luci e ombre: nel Maghreb, all’arrivo degli arabi la presenza cristiana venne quasi completamente spazzata via, ad eccezione dell’Egitto. Inoltre, gli ebrei spesso subivano divieti e soprusi in quanto dhimmi, ossia sudditi che in quanto non musulmani erano considerati di livello inferiore. Meghnagi ha puntato il dito, oltreché verso l’odio covato dagli arabi che non hanno mai accettato il fatto che gli ebrei si liberassero dalla condizione di dhimmi, anche contro le istituzioni israeliane, che negli anni ’50 e ’60 inizialmente ignorarono le ragioni degli ebrei appena espulsi da quei paesi.

Verso la fine dell’incontro è stato mostrato il documentario del 2005 The Forgotten Refugees, diretto dal regista israeliano Michael Grynszpan e proiettato in inglese con una traduzione simultanea in italiano a cura dell’interprete Manuela Olivier. Venivano alternate immagini d’archivio con interviste ai testimoni delle persecuzioni antiebraiche e delle fughe avvenute ad esempio in Iraq, nonché ad alcuni loro discendenti che cercano tutt’oggi di tramandarne le usanze.
Qui il video nella versione originale.