di Nathan Greppi
Il ruolo che il Primo Ministro israeliano Naftali Bennett si è ritagliato come mediatore tra Russia e Ucraina dimostra ancora una volta quanto lo Stato Ebraico eserciti un ruolo importante che va oltre i suoi confini nazionali. Per approfondire la questione, se ne è parlato nel corso di un dibattito intitolato L’importanza d’Israele per il futuro dell’Occidente, tenutosi su Zoom domenica 3 aprile e organizzato da Kesher.
Nell’introdurre la questione Ilaria Myr, redattrice di Mosaico e Bet Magazine e moderatrice dell’incontro, ha fatto notare come Israele si trovi in una posizione complicata: da un lato il desiderio di far finire la guerra, dall’altro la necessità di mantenere un buon rapporto con Putin per contenere i propri nemici in Siria. A tal proposito, il giornalista de Linkiesta Carlo Panella ha spiegato che “il ruolo d’Israele è connaturato al suo essere l’unica democrazia del Medio Oriente, e soprattutto ad una caratteristica del sionismo: è sempre stata, dai tempi di Weizmann, una forza proiettata sugli accordi internazionali. Israele ha un’immeritata fama di paese guerriero, in realtà è il paese degli accordi.”
Un altro fattore che ha fatto emergere l’importanza d’Israele come mediatore nella guerra in Ucraina è che “sia l’Europa che la NATO sono stati caratterizzati da quella che Macron un anno fa chiamava ‘morte cerebrale’.” In altre parole, secondo Panella, il fatto che la NATO e l’UE finora abbiano fornito un supporto scarso all’Ucraina ha fatto sì che Israele potesse distinguersi meglio. Quanto ai rapporti con la Russia, da un lato essa supporta attivamente l’Iran, dall’altro Israele deve sempre trattarci per avvisarli ogni volta che mandano i loro caccia a bombardare le postazioni missilistiche iraniane e di Hezbollah in Siria e in Libano.
Un altro fattore, non di poco conto, è che Israele ospita oltre un milione di cittadini di origine russa e tra i 200.000 e i 300.000 di origine ucraina. A farlo notare è stata la giornalista Fiamma Nirenstein, la quale ha aggiunto che “c’è una simpatia sotterranea di Putin per lo Stato Ebraico, impossibile da negare.” Ha anche ricordato che l’unico ospedale da campo allestito in Ucraina è stato fatto dagli israeliani.
Un’altra questione di stretta attualità è il summit organizzato nel Negev con i ministri degli esteri di diversi paesi arabi, un evento mai visto prima nella storia dello Stato Ebraico. Secondo la Nirenstein, sebbene i temi di cui dovevano discutere fossero molti, “su tutto splende la questione della sicurezza.” Questo perché gli USA e altri paesi stanno ripristinando a Vienna gli accordi con l’Iran, che sono fonte di grande preoccupazione sia per Israele che per i paesi del Golfo. Una preoccupazione tale che per loro la questione palestinese ha smesso di essere una priorità, e anzi si è cambiato paradigma: per loro la stabilità della regione dev’essere garantita non più dalla pace tra israeliani e palestinesi, bensì dal contenimento della minaccia iraniana.
Un altro problema sul quale la Nirenstein ha puntato il dito è il pregiudizio con cui all’ONU si fanno molte più risoluzioni contro Israele sui diritti umani che contro qualunque altra nazione. Ha fatto notare che proprio di recente le Nazioni Unite hanno nominato come ispettore sul rispetto dei diritti umani nei territori palestinesi Francesca Albanese, una giurista italiana che ha fatto paragoni tra la Nakba e la Shoah.