Memoria e futuro per gli ebrei in Europa: un dibattito di Kesher

Feste/Eventi, Kesher

di Nathan Greppi (video di Orazio Di Gregorio)
Con l’avvicinarsi di Yom HaShoah, possono riemergere vecchi interrogativi: gli ebrei hanno un futuro in Europa? E la memoria della Shoah può sopravvivere? Di questo si è parlato nell’incontro Memoria e futuro per gli Ebrei d’Europa, tenutosi alla Residenza di Via Arzaga martedì 10 aprile.

Rav Roberto Della Rocca, moderatore dell’incontro, poiché anche la Festa della Liberazione è alle porte, ha voluto chiarire che “dobbiamo sempre tenere a mente che liberazione non è libertà; la libertà è ‘herut’, libero è ‘hofshi’, da ‘hofesh’, che vuol dire vacanza. Oggi trasmettere la memoria è angosciante, si vuole vivere nell’oblio. Sorgono partiti populisti che calpestano questa memoria su cui si è fondata l’Europa, noi ne siamo i guardiani.” Riguardo alle commemorazioni, ha aggiunto che “dobbiamo promuovere un ebraismo attivo e non celebrativo.”

Boni e “Il museo delle penultime cose”

Dopo di lui è intervenuto lo scrittore Massimiliano Boni, che ha presentato il suo ultimo libro Il museo delle penultime cose (66th and 2nd )”È un romanzo ambientato a Roma intorno al 2030,” ha spiegato. “Il protagonista è un ebreo romano, Pacifico Lattes, vicedirettore del Museo della Shoah, che si è occupato di ricostruire e conservare la vita degli ebrei prima della Shoah. Tuttavia, lui non ha mai visitato i lager o incontrato gli ultimi superstiti, ha un problema non risolto, ha un problema non risolto con la Shoah. Ma un giorno un parroco gli dice che c’è ancora un testimone, Attilio Amati, di quasi 100 anni (gli altri sono tutti morti nel 2030). Pacifico deve capire se è davvero ebreo, e se è davvero l’ultimo superstite, e poi perché nessuno della Comunità lo conosce.” “Per risolvere il problema deve entrare in un mondo che credeva scomparso. E proprio in quei giorni viene eletto un premier che promette ‘la felicità per tutti’, come chi ha vinto oggi, forze nuove che non hanno legami con il passato.”

Sonia Brunetti: “Come parlare della Shoah ai ragazzi”

Dopo di lui è intervenuta Sonia Brunetti, pedagogista ed ex-preside della Scuola Ebraica di Torino, la quale è partita da una sua esperienza diretta per parlare del tramandare la memoria: “Una volta, parlando dell’Haggadah di Pesach con i bambini, si sono chiesti cosa significa ascoltare e cosa narrare. I ragazzi hanno un grande bisogno di conoscere. Ma nella pratica didattica è difficile discutere della Shoah, perché le posizioni sono diverse; per alcuni la narrazione necessita di altre fonti oltre alle testimonianze dirette.” Ha spiegato che una volta ha sentito un genitore che non voleva che il figlio visitasse Auschwitz con i suoi compagni, perché “è come visitare un cimitero.” Per i ragazzi la parte più rilevante è stata quando hanno formato un gruppo per discutere insieme: “Ci si sente presi da questo vortice per cui bisogna sempre parlare di Shoah.” Un aspetto che l’ha colpita del libro di Boni è stato che “è un libro che narra molto di quella che è l’identità ebraica.”

Con i gadget si perde la memoria?

Boni ha ripreso la parola partendo da una pagina del libro, in cui la donna che si prende cura di Attilio chiede a Pacifico di non venire più a tormentare il vecchio, chiedendogli “ma a che vi serve ricordare?” Secondo Boni c’è anche il problema che viviamo in un’epoca nuova, i gadget creando dipendenza tolgono la concentrazione, e quindi la memoria. Si è chiesto “come fare per evitare di cadere in un certo automatismo?” Lei ha ribattuto dicendo che quando ne parla con i ragazzi di solito sono estremamente interessati, aggiungendo che di recente è andata in un istituto professionale pieno di figli di immigrati, e li volevano anche fare confronti con il proprio passato. “Noi come ebrei abbiamo il dovere di dire la nostra su ciò che succede oggi, di riattualizzare i nostri valori,” ha concluso.