Pio XII: la statua del Papa che tacque

Feste/Eventi

di Ilaria Myr

Un cubo arrugginito e rattoppato, con  tante fessure da cui cola sangue (vernice rossa): al suo interno, circondato da filo spinato, papa Pio XII seduto sul suo trono, come ad assistere impotente al dramma dell’Olocausto. Ombre spettrali, un’atmosfera livida e claustrofobica. A fare da sottofondo, la frase pronunciata da Mussolini «la nostra coscienza è assolutamente tranquilla!» e il proclama radio del 24 dicembre 1942 di papa Pacelli, insieme ad altre voci e suoni che ricordano quel dramma, emessi da due altoparlanti nascosti all’interno della scatola metallica e che richiamano l’attenzione dello spettatore, invitandolo a guardare attraverso le fessure.

Così si presenta la scultura intitolata Binario 21. La diplomazia del silenzio, realizzata dal toscano Stefano Pierotti, che per la sua intensità non può lasciare indifferenti. «La Shoah e, in particolare, il silenzio di Pio XII sono argomenti di cui si è già tanto discusso – spiega l’artista – ma che sino ad ora nessuno ha mai affrontato attraverso una rappresentazione artistica. L’unico è Maurizio Cattelan, con il suo Hitler che prega in ginocchio, esposto di recente al ghetto di Varsavia, ma in un modo molto differente».

Un’opera dunque dai toni forti, che nasce innanzitutto da una profonda sensibilità e interesse nei confronti dell’argomento Shoah, che Pierotti definisce «qualcosa di inumano, inconcepibile», e del ruolo di papa Pio XII. Ma a questa motivazione si aggiunge anche un personale risentimento dello scultore nei confronti di alcune autorità ecclesiastiche, per questioni legate a lavori da lui realizzati e non giustamente valorizzati: fra questi il crocifisso di Tor Vergata, e lasciato poi in abbandono.

Al momento Binario 21. La diplomazia del silenzio non ha ancora trovato qualcuno disposto a esporla.

«Molti leggono la scultura come un attacco indiscriminato nei confronti della Chiesa su quel determinato argomento e, in generale, sul suo antigiudaismo storico- commenta Pierotti -. E poi c’è anche l’aspetto economico: le gallerie d’arte non prendono in carica opere che non abbiano un indiscusso valore commerciale». Ma c’è anche chi, nella Chiesa ha accolto senza indignazione, ma anzi con interesse e ammirazione il progetto di Pierotti: ad esempio Francesco Buranelli, Segretario della Pontificia Commissione dei Beni Culturali della Chiesa e vice di Monsignor Ravasi, l’ha definita, in una lettera allo scultore, «un’opera spettacolare che mi ha lasciato senza fiato per la sua drammaticità. Hai affrontato con grande maturità, sensibilità, originalità e coraggio il difficilissimo tema della Shoah, tutto incentrato sul delicatissimo rapporto tra la Chiesa Cattolica e l’Olocausto, tra Pio XII e il dramma delle Leggi razziali inflitte con inaudita violenza ai nostri “fratelli maggiori”. Un’opera tutta da meditare e che fa meditare».

E, indipendentemente dall’ottica con cui la si guarda, è proprio così: non si può rimanere indifferenti davanti alla forza di questa installazione, e sarebbe interessante vederla presto esposta al grande pubblico.