di Jonathan Misrachi
Mercoledì 18 novembre è stata una giornata molto significativa per la memoria di Khaled Al Asaad, l’archeologo siriano custode degli storici reperti che si trovavano a Palmira prima della barbara distruzione perpetrata dai miliziani dell’Isis. L’archeologo, direttore dello storico sito, è stato torturato e decapitato sacrificandosi pur di non indicare i luoghi in cui sono stati nascosti importanti reperti romani prima dell’occupazione della città da parte dell’Isis.
Nel corso della mattinata, è stato piantato un albero a lui dedicato nel Giardino dei Giusti al parco Monte Stella di Milano, mentre alle ore 17.30 il Teatro Piccolo ha ospitato il convegno “Khaled Al Asaad – Il custode di Palmira”. Il convegno, moderato da Antonio Ferrari, editorialista del Corriere Della Sera ha ricevuto i saluti istituzionali del Sindaco Giuliano Pisapia: “Ricordare Khaled significa saper distinguere chi lotta per l’umanità e chi contro: questo grande uomo ha dedicato la propria vita a salvaguardare i valori della civiltà e della cultura ed è giusto che proprio Milano lo ricordi, una città che ha conosciuto sofferenze, terrore ma anche resistenza, liberazione e tramite la cultura è riuscita a risorgere.” Antonio Ferrari, prima di dare la parola agli ospiti relatori, ha voluto menzionare il Re di Giordania Abdullah II con la sua condanna al terrorismo: “Bisogna essere intolleranti contro l’intolleranza integralista”.
Il primo relatore, Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, ha raccontato come Khaled sia rimasto solo alla fine della propria vita, come tanti altri eroi nella storia, ma nonostante questo ha lasciato tracce importanti per il bene dell’umanità: “Khaled decise di rimanere a Palmira fino alla fine dei suoi giorni nonostante gli si fosse presentata la possibilità di scappare più volte; perché?”, si chiede l’organizzatore della giornata, “perché nonostante oggi si parli di una “sconfitta”, quest’uomo aveva una grande fiducia nell’umanità e nonostante le torture e la brutale fine, ha continuato a pensare come umano fino alla fine dei suoi giorni. Ciò che i carnefici vogliono produrre sono panico, sospetto e divisione ma noi dobbiamo essere uniti e non cadere nel loro tranello, ci vogliono disumanizzare ma non accetteremo mai di farlo. Abbiamo costruito il Giardino dei Giusti con lo scopo di trasmettere valori di memoria viva ai giovani. Ogni essere umano, nel suo piccolo, può sempre agire ed ergersi nei confronti del male”.
Successivamente ha parlato Paolo Matthiae, archeologo ed esperto del luogo, proponendo (e promettendo) la ricostruzione del sito archeologico “perché la storia insegna che la cultura è il fondamento della nuova pace” e raccontando che Khaled, in una recente intervista “quasi profetica” fece un appello all’importanza della cultura come fondamento per la pace fra i popoli.
“Devono nascere forze speciali per garantire la protezione dei beni culturali. Noi occidentali, tramite i metodi moderni che lo consentono, dobbiamo garantire la ricostruzione, seppur falsa, di queste risorse culturali.
Dopodichè è intervenuto Luciano Fontana, direttore del Corriere Della Sera. Fontana, come tutti gli altri relatori, ha voluto trovare un collegamento coi recenti fatti di Parigi: “L’angoscia deriva dal fatto che per la prima volta il terrorismo colpisce obbiettivi civili senza ragioni simboliche: ristoranti, stadio, teatro… Paradossalmente gli episodi di Charlie Hebdo e dell’Hyper Kosher ne avevano. Khaled per quarant’anni aveva curato il suo lavoro cercando di mettere in salvo il patrimonio archeologico della città. Egli era un eroe normale, simbolo di una reazione che oggi deve diventare globale”.
Maria Teresa Grassi, archeologa, nel suo intervento ha illustrato immagini del celebre sito archeologico approfondendo le sue caratteristiche migliori: “Palmira è un’oasi fra l’Eufrate e il Mediterraneo, sia dal punto di vista geografico che non. Era la porta dell’occidente per l’oriente e viceversa. L’Università degli Studi di Milano ha guidato il progetto PAL.M.A.I.S., una missione archeologica Italo-Siriana per l’esplorazione del quartiere sud-occidentale della città. Per chi, come noi ricercatori ed archeologi, veniva dall’occidente era la prima città del mondo orientale. L’occidente ha conosciuto Palmira nel 1753, difatti ci sono disegni di orientalisti inglesi e francesi che utilizzavano questo panorama come sfondo delle proprie opere. La spina dorsale dell’antica Palmira era la Grande Via Colonnata, una maestosa via affiancata da portici colonnati, lunga più di un chilometro, che l’attraversava da Ovest, dove arrivava la via di Damasco, a Est, dove si trovava il santuario di Bel”.
Prima di concludere il convegno col suono della Marsigliese, ha parlato la storica Eva Cantarella proponendo un collegamento fra Khaled e Valeria Soresin, la ragazza veneziana morta nell’attacco al locale Bataclan di Parigi: “Due morti completamente diverse, ma entrambe per mano di chi vuole cancellare il ricordo del passato e la speranza del futuro. Palmira era una città romana unica rispetto alle altre, visitarla trasmetteva una sensazione di pluriculturalità poiché l’avevano attraversata diverse lingue, storie e culture. Tutto ciò che il terrorismo integralista vuole uccidere”.