di Nathan Greppi
Da Agnon a Oz, da Keret alla Gundar-Goshen: questi sono alcuni degli autori trattati nell’incontro I principali scrittori israeliani contemporanei, organizzato da Kesher e tenutosi nella Residenza di Via Arzaga martedì 20 marzo.
Fiona Diwan: “La letteratura israeliana ha urgenza di raccontarsi”
Rav Roberto Della Rocca, moderatore del dibattito, ha subito passato la parola a Fiona Diwan, direttrice dei media della Comunità, la quale è partita raccontando il suo stupore nella recente pubblicazione di “un volume di 1500 pagine di una grande storica della letteratura, che si chiama Mercedes Monmany,” una studiosa spagnola che ha scritto Tra le Frontiere d’Europa, un lungo libro sulla letteratura europea tra ‘800 e ‘900, con un’introduzione di Claudio Magris. “Ma la cosa su cui si interroga Magris,” ha spiegato la Diwan, “e su cui mi sono interrogata anch’io, è come mai c’è un lungo, poderoso capitolo dedicato alla letteratura israeliana? Magris ragiona e ci dice che, per lui come per altri critici e scrittori contemporanei europei della sua generazione, sicuramente la letteratura israeliana va annoverata nella letteratura europea, e ne è una diramazione. L’elemento europeo, secondo loro, è un elemento dominante.”
Soffermandosi sul perché del boom di questa letteratura, ha spiegato che “certo la storia è fondamentale, ma non basta. Quello che è fondamentale è come si sviluppa un arco narrativo, è qui che si da l’esito di una buona letteratura. Noi sappiamo sempre che la letteratura nasce dall’esperienza, ma mai come oggi l’esperienza israeliana ha da dire qualcosa in termini di modernità. Essa ha un’incandescenza, un’urgenza di raccontarsi che noi abbiamo perso.”
Tornando alla letteratura, la Diwan ha spiegato che “quello che colpisce nella letteratura israeliana è l’esistenza di un libro da cui nessuno può prescindere perché si chiama Tanakh. Cosa vuol dire? Vuol dire intanto scomodare un universo di scrittori secolarizzati che usa l’intertesto biblico come una cassaforte di miti, come un catalogo di stilemi e topoi a cui attingere per costruire le proprie storie. Citando Amos Oz, ‘la letteratura israeliana è l’unica che si sviluppa in un paese dove ci sono più atei competenti di Bibbia che in qualsiasi altro paese al mondo.’ Il testo sacro non è la rivendicazione di un lignaggio, è qualcosa che ha a che fare invece con un universo semantico. C’è una radice comune a tre parole: kedem (antichità), kodem (prima) e kadima (avanti), il prima e il dopo sono legati indissolubilmente, e questa è una delle grandi cifre della letteratura israeliana contemporanea.”
Raffaella Scardi e i protagonisti invisibili di Ayelet Gundar-Goshen
Dopo di lei è intervenuta Raffaella Scardi, traduttrice dall’ebraico, la quale è partita parlando della sua esperienza: “Casualmente mi è successo quasi sempre di tradurre autori giovani, soprattutto negli ultimi dieci anni, e parlo dell’ultima generazione.” Si è soffermata sull’ultima autrice da lei tradotta, Ayelet Gundar-Goshen, autrice di 3 libri (l’ultimo deve ancora uscire in Italia): “In tutti e 3 i protagonisti sono personaggi non particolarmente vistosi, non di grandissimo successo, in particolare i protagonisti del primo e del terzo libro sono personaggi praticamente invisibili. Eppure questi tre protagonisti si trovano di fronte un grande dilemma morale. L’autrice mi ha raccontato che in tutti e tre i casi il libro nasce da una storia vera che lei ha sentito.” In seguito ha letto un estratto per del suo primo romanzo, Una notte soltanto, Markovitch, per descrivere il protagonista, Yaakov Markovitch, un uomo che passa sempre inosservato in ogni situazione.
Nel secondo romanzo, Svegliare i leoni, un medico investe per sbaglio un migrante eritreo: anche questo deriva da una storia vera, un uomo che la Goshen conosceva aveva investito una persona e l’aveva abbandonata sul ciglio della strada.
Cyril Aslanov: “La letteratura israeliana è frutto di una rivoluzione”
E infine è venuto il turno del filologo e docente Cyril Aslanov, il quale ha voluto mettere in prospettiva la letteratura israeliana: “Voi sapete che la letteratura israeliana è frutto di una rivoluzione? Una rivoluzione che ha abolito la diaspora per creare un paese nuovo con radici antiche. La letteratura israeliana segue questa rivoluzione, ma visto che la letteratura è la coscienza di una nazione, non è sempre al 100% coerente con questo modello sionista. Noi oggi siamo abituati al fatto che il sionismo è molto consensuale ebraico moderno, ma dovete capire che parecchi decenni fa Israele pareva non consensuale per molti ebrei nel mondo: c’erano ebrei assimilazionisti, comunisti, antisionisti, e dunque Israele si posizionava come una scelta rivoluzionaria. Oggi c’è una convergenza tra diaspora e Israele.”
Si è chiesto “in che modo la letteratura riflette questa rivoluzione, che si manifesta soprattutto nella cultura, nel modo di stabilire una relazione con il proprio passato, abolito da molti israeliani che non vogliono sentirne parlare per guardare avanti? Comincio con un grande autore, Shmuel Yosef Agnon, che ha scritto tutte le sue opere dialogando con le fonti classiche: soprattutto talmudiche, la Mishnah e i Midrashim. Lui riprende lo stile e i motivi della letteratura rabbinica e racconta storie contemporanee a lui o che risalivano a poche generazioni prima. Agnon forse non è il più tipico, la generazione dopo di lui gli gira le spalle.” Infatti, secondo lui Agnon non era un vero rivoluzionario, “invece Amos Oz, A. B. Yehoshua e David Grossman sono i perfetti prodotti di quella rivoluzione culturale. In particolare Oz, che cambia il cognome da Klausner a Oz che vuol dire ‘audacia’ e che va a vivere in un kibbutz e fa una tabula rasa del passato diasporico della sua famiglia.”
Parlando dell’influenza avuta da questi autori in Israele, ha affermato che “la finzione ha influenzato la realtà, una realtà romanzesca, tragica e interessante. Loro vorrebbero essere noiosi come gli svizzeri e gli scandinavi, ma Israele ha seguito un cammino diverso. Proust e Svevo erano geni ma geni viziati, Israele è un paese non viziato dove succedono tante cose.”