di Roberto Zadik
Famosa per essere la bandiera, il simbolo non solo di Israele come inno nazionale ma anche del mondo ebraico contemporaneo, non tutti sanno che la “Tikwa” (parola intensa che significa Speranza) nasconde una storia incredibile che parte dalla seconda metà dell’Ottocento ucraino e moldavo per arrivare ai giorni nostri. A illustrarla nei dettagli in un’esposizione appassionante e rigorosa il musicologo uruguayano naturalizzato israeliano Edwin Seroussi protagonista dell’evento “Tikwa-Storie di musicisti erranti” tenutosi giovedì 9 novembre presso l’Aula 1 della Facoltà di Beni Culturali di via Sant’Alessandro e organizzato dall’Associazione Amici dell’Università ebraica di Gerusalemme con la preziosa collaborazione dell’Ambrosiana, della docente Maria Luisa Modena e di Marco Paganoni.
“In molti casi l’inno nazionale di un Paese viene dai poteri di vertice ma ci sono canzoni come questa caratterizzata dal sua vena popolare e folk. Questo brano fu per lungo tempo snobbato dalle élites culturali e non piaceva nemmeno a Theordor Herzl” ha raccontato lo studioso, che si è soffermato sulla natura popolare e sionista della Tikwa, le cui parole vennero scritte alla fine dell’Ottocento dal poeta ebreo ucraino Naftali Zvi Imber. Molto più incerta è l’origine della melodia di questo componimento e come ha specificato nella sua esposizione lo studioso “ha dovuto compiere un lungo lavoro di studio e ricerca artistica e culturale, avendo deciso di scrivere qualche riga sulla Tikwa per il Ministero dell’Educazione israeliano. Alla fine ho trovato molto materiale e ne è derivato articolo di sessanta pagine”.
Ma da dove deriva il ritmo della Tikwa ormai famoso internazionalmente? Si pensava che fosse la riproduzione dell’adagio rinascimentale “Fuggi, fuggi” oppure dell’opera musicale “Moldau” del compositore Smetana, anche se la versione più credibile ci porta negli Shtetl della Romania. Infatti, Seroussi ha evidenziato che si tratterebbe di una canzone moldava in yiddish del compositore Shmuel Cohen che nel 1884 realizzò la melodia “Carrulcubai” (Carro coi buoi) .
Questa musica apparentemente semplice e popolare e proveniente da ambienti umili ma religiosi, fece il giro del mondo, diffondendosi prima nei primi insediamenti ebraici in Palestina per diventare poi una canzone sinagogale nella sinagoga di Breslau, da lì fra Galizia e Ucraina, grande fu il successo e nel Novecento ci furono dotati interpreti che la eseguirono. Nel 1902 fu la volta del cantante folk polacco Menachem Kipnis e questa esecuzione introvabile attualmente ha ispirato perfino il Congresso Sionista dove mezzo secolo prima della nascita dello Stato di Israele i deputati ebrei cantarono una sorta di Tikwa. Questo canto ha una lunga e interessante storia, che si estende anche al Medio Oriente con le cantillazioni del Rabbino turco di Smirne, Rabbi Algazi nel 1912 anche se il primato di questa melodia è collegato al mondo dell’Europa dell’Est e dell’ebraismo askenazita.
Prima della Shoah, ha fatto sapere Seroussi, ci furono grandi dibattiti nel mondo laico e in quello religioso su quale dovesse essere la canzone ebraica e l’inno del futuro e tanto atteso Stato ebraico e fino al 2004 non la Tikwa non era stato riconosciuto dal Governo come “inno ufficiale dello Stato”. Sul finale Seroussi ha passato in rassegna varie performance di questo inno dal 1967 a oggi, dalle esecuzioni orchestrali del maestro Leonard Bernstein fino alla strepitosa interpretazione di Barbara Streisandt dedicata pubblicamente nel 1978 a una grande donna d’Israele Golda Meir fino al rifacimento in chiave orientale-moderna di due artisti israeliani d’eccezione come Sarit Hadad e Kobi Oz.