Un tributo alla memoria

Feste/Eventi

di Roberto Zadik

Il titolo Serenata al vento la dice lunga sulle tragiche sorti di un’opera che è rimasta nascosta e dimenticata per oltre mezzo secolo, mai eseguita da quando fu composta nel 1931 dal grande musicista ebreo mantovano Aldo Finzi: un’operetta arguta e briosa, che, pur avendo vinto un concorso fu cancellata dal cartellone del Teatro alla Scala nel 1937, non venne mai rappresentata a causa dell’entrata in vigore delle leggi razziali nel 1938. La carriera del compositore, nato nel 1897 a Milano in una famiglia ebrea mantovana, tradizionalmente impegnata nel mondo della musica classica, prometteva grandi successi, ma venne interrotta dal regime fascista. La ferita dell’ingiustizia subita era ancora dolente, quando, in punto di morte, avvenuta a soli 48 anni per un infarto, Finzi disse: «Fate eseguire la mia opera». La sua preghiera si è finalmente avverata il 1° dicembre scorso al Teatro Donizetti di Bergamo: in prima mondiale, è andato in scena un bellissimo spettacolo in tre atti, che ha visto un gemellaggio artistico fra Milano e Gerusalemme. Grazie alla collaborazione fra enti prestigiosi, come la Jerusalem Foundation, l’Accademia delle Opere, l’ente di formazione Galdus Milano e la Regione Lombardia, l’iniziativa ha avuto come protagonisti i giovani artisti della compagnia teatrale Opera eterna, uno staff multiculturale formato da israeliani, russi e italiani, accompagnati dall’orchestra Accademia delle Opere, sotto la direzione di Diego Montrone.

La trama – molto semplice e altrettanto movimentata della Serenata-, si svolge nell’Ottocento, ai tempi di Napoleone, quando il comandante Dagoberto promette in sposa la propria figlia Loly -piacente e molto capricciosa – al figlio della contessa Malhavas. Da qui, colpi di scena ed equivoci si susseguono in maniera spassosa seguendo gli intrecci del libretto di Carlo Veneziani, sostenuti dalle musiche composte da Finzi. Con una scenografia essenziale, dai colori vivaci e costumi semplici e ben realizzati dai ragazzi della scuola israeliana Hamartel, gli interpreti si sono destreggiati fra momenti gioiosi di canto e melodia. Fra le situazioni più divertenti l’equivoco centrale della Serenata, cantata da uno sconosciuto, che rimane misterioso per tutta la durata dello spettacolo, e il colpo di scena finale, che vede la risoluzione inaspettata di tutta la vicenda: Loly e il suo precettore Leandro si innamorano vicendevolmente, e si scopre che la Serenata non era dedicata alla protagonista, ma dal furiere Pistola alla sua amata Finetta, cameriera presso la casa del dispotico comandante. Insomma, gioco di ruoli, equivoci e divertimento per una rappresentazione applauditissima dal pubblico, che ha riunito melodie, grande orchestrazione, numeri canori e sorprese sceniche.
Un’iniziativa importante non solo dal punto di vista culturale, ma anche e soprattutto sul piano storico: rappresentare un’opera ripudiata come la Serenata al vento, 80 anni dopo la sua composizione, è infatti prima di tutto un tributo simbolico nei confronti di quegli artisti, come Aldo Finzi, che non hanno potuto esprimersi per ragioni razziali.

A rendere possibile questa rappresentazione sono stati gli sforzi e la costanza del figlio del musicista, Bruno Finzi, 86 anni, che ha sottolineato: «Da molto tempo sognavo di vedere quest’opera rappresentata. Tutto è iniziato nel 1967, quando sono andato in Israele subito dopo la Guerra dei Sei Giorni. Mi sono recato al Muro del Pianto e ho inserito un bigliettino, in cui chiedevo che l’opera di mio padre venisse eseguita. E, dopo tanti sforzi, questo sogno è finalmente diventato realtà».