Una conferenza sulla maternità surrogata dal punto di vista ebraico apre l’anno degli eventi culturali di Kesher

Ebraismo, Feste/Eventi, Kesher

di Anna Balestrieri
Le Attività Culturali di Kesher riprendono con entusiasmo la loro trasmissione in diretta su Zoom. Domenica 22 ottobre, più di settanta partecipanti sono convenuti per un’approfondita discussione su un tema di grande rilevanza nell’ambito etico e bioetico.

L’evento, condotto da Rosanna Supino, ha visto Rav Riccardo Di Segni e l’avvocato Emanuele Calò confrontarsi sul delicato argomento della “Maternità Surrogata ed Etica Medica Ebraica.”

La maternità surrogata, conosciuta anche come gestazione per altri, rappresenta un atto di straordinario altruismo, in cui una donna mette a disposizione il proprio utero per portare avanti una gravidanza a nome di un’altra coppia o individuo. In questo processo, i futuri genitori contribuiscono con il loro ovulo e seme, che vengono fecondati in vitro e successivamente impiantati nell’utero della madre surrogata. Nel processo, la madre surrogata non offre alcun contributo genetico e rinuncia a tutti i diritti legali sul neonato. Spesso, le parti coinvolte si conoscono tramite agenzie specializzate.

La discussione ha toccato numerosi aspetti etici connessi a questa pratica, sollevando interrogativi sulla preferibilità dell’adozione rispetto alla maternità surrogata, in quanto quest’ultima può sollevare complessi dilemmi bioetici. La comunità è divisa tra coloro che sostengono il progresso tecnologico e chi critica l’uso strumentale del corpo materno.

Il Rabbino Capo della Comunità di Roma, Riccardo Di Segni, ha affrontato la questione dal punto di vista religioso, fornendo esempi di casi che hanno generato controversie rabbiniche. La controversia etica è stata presente fin dagli anni ’80 in diverse comunità religiose, con esempi di maternità surrogata che variano da casi in cui la madre surrogata riceve un compenso, a casi in cui offre il proprio utero in modo gratuito. Questa variabilità di approcci solleva interrogativi sulla moralità dell’intera pratica, visto anche il privilegio accordato a madri provenienti da paesi in via di sviluppo per il prezzo ridotto della ricompensa. Inoltre, le considerazioni etiche includono la questione della non naturalità e della non ebraicità delle madri surrogate, con un dibattito sulle relazioni familiari e la definizione di chi siano i fratelli al fine di prevenire il rischio di incesto. Nella Bibbia, si trovano esempi antichi che possono essere paragonati a forme precursori di maternità surrogata. Nell’Antico Testamento, leggiamo dell’esempio di Sara e Rachele che offrono le proprie schiave, Agar e Lia, dicendo: “avrò un figlio da lei,” mettendo così a disposizione il corpo altrui in un modo che potrebbe essere visto come una forma primitiva di maternità surrogata. La Bibbia riporta anche un conflitto tra Agar e Sara poiché la madre surrogata non scompare, come avviene per contratto nei casi moderni, ma rimane all’interno della famiglia.

La questione di quando un feto riceva un’anima rimane aperta. Le analisi etiche in campo rabbinico considerano anche la questione agraria, ad esempio, il divieto di raccogliere frutti da un albero più giovane di tre anni. Ciò solleva domande sulla legittimità dell’innesto di un ramoscello in una pianta, evidenziando l’importanza del momento in cui si forma rispetto a quando si sviluppa. Un altro argomento rilevante riguarda l’epigenetica, mettendo in luce l’importanza dell’influenza dell’ambiente materno sulla futura vita del nascituro, anche in assenza di un legame genetico diretto. Inoltre, sono state affrontate questioni relative alle gravidanze gemellari, che possono creare legami familiari complessi. Infine, è stato discusso il caso di una donna incinta che non è ebrea e si converte durante la gravidanza, la tevillà vale sia per lei che per il feto. Questo solleva la questione di ciò che conta, se l’inizio o la fine della gravidanza.

La tendenza rabbinica è quindi quella di affermare che la maternità surrogata non sia lecita, ma senza imporre un divieto assoluto, limitandola bensì a casi particolari. Secondo i rabbini è importante che siano chiari tutti gli attori coinvolti. Hanno inoltre enorme rilevanza le motivazioni alla base della scelta di ricorrere alla maternità surrogata: se venga perseguita per preservare la propria carriera che verrebbe interrotta da una gravidanza, perché non si riesce a concepire naturalmente, o, infine, perché i genitori sono omosessuali. La complessità delle questioni è evidente e il dibattito in merito varia di caso in caso.

Il contributo dell’esperto in etica medica, l’avvocato Emanuele Calò, ha messo in evidenza la complessità delle leggi sulla maternità surrogata in diverse giurisdizioni, tra cui l’Italia e Israele. La Corte Suprema israeliana, oggetto di tante discussioni nel corso di quest’anno, ha permesso l’accesso alla maternità surrogata sia per uomini single sia per coppie omosessuali, mentre in Italia la legislazione attuale impone restrizioni alle coppie di sesso diverso coniugate o conviventi.

L’evento ha offerto un’occasione unica per esaminare le complesse questioni etiche e legali legate alla maternità surrogata, invitando i partecipanti a riflettere approfonditamente su questo dibattito di grande attualità.