Comunità nella Comunità, una sfida di valore

Jewish in the City

di Ilaria Myr (@ilmyr)

Da sinistra Clelia Piperno, Ruggero Gabbai, Daniela Hamui, Ariel Nacamulli e Aldo Bonomi
Da sinistra Clelia Piperno, Ruggero Gabbai, Daniela Hamui, Ariel Nacamulli e Aldo Bonomi

“La Sala Alessi è la casa dei milanesi, dove vengono prese le decisioni più importanti per la città. Mi sembrava quindi giusto chiudere in questa sala il Festival Jewish in the City #150”. Così Ruggero Gabbai, consigliere uscente del Comune di Milano, ha dato il via al dibattito intitolato “Comunità nella comunità” tenutosi martedì 31 maggio nella splendida sala di Palazzo Marino. Un tema molto pregno, su cui si sono confrontati  Aldo Bonomi, sociologo fondatore Consorzio Aaster, Daniela Hamaui, giornalista, Ariel Nacamulli, presidente Unione Giovani Ebrei d’Italia (Ugei), e Clelia Piperno, diret

tore Progetto Talmud, Università La Sapienza di Roma. A introdurre il dibattito la proiezione della prima parte del reportage Mi-Jew realizzato da Forma International per il festival.

“Il Progetto Talmud è il primo finanziato dal governo europeo per gli ebrei vivi – ha dichiarato Clelia Piperno – ed è una scommessa su quanto questo Paese si interessa del mondo ebraico. Le leggi razziali hanno creato un vulnus nella cultura ebraica, espellendo e isolando gli intellettuali ebrei. Ma con questo progetto abbiamo vinto la scommessa. Lo presenteremo perfino al presidente israeliano e sarà la prima volta di un’interazione della cultura ebraica italiana con quella israeliana di così alto livello”.

Daniela Hamaui si è poi espressa su media e mondo ebraico. “In realtà i mezzi di comunicazione non si occupano tanto di ebrei in quanto tali, ma più del conflitto mediorientale. Sicuramente, però, gli ebrei di Milano avrebbero tanto da dire sull’integrazione  in un Paese e una città dove sono arrivati pieni di sogni. Dovremmo quindi imparare a raccontarci in maniera diversa, spiegando la nostra forza senza paura di aprirci all’esterno. In un momento poi così drammatico come quello che stiamo vivendo con le massicce immigrazioni, dobbiamo capire che anche gli immigrati, desiderosi di ricostruirsi una vita, porteranno un grande cambiamento nella società, come è stato all’epoca con gli ebrei”.

“L’apporto degli ebrei a Milano è stato ed è fondamentale – ha dichiarato Aldo Bonomi – e deve continuare a contaminare la città in una fase delicata come questa. Oggi sono entrati in crisi i due concetti di Stato e Nazione, che hanno lasciato il posto a comunità e territorio. Fondamentale però è che l’identità che sta alla base di una comunità non stia solo nel soggetto, ma nella relazione. Essere una comunità nella comunità, quindi, significa creare una relazione”.

Interessante poi anche il punto di vista del mondo giovanile portato da Ariel Nacamulli, che ha risposto alla domanda di Ruggero Gabbai su come si pongano oggi i ragazzi ebrei nei confronti di Israele. “Oggi il mondo ebraico giovanile è spaccato a metà: da un lato vi sono coloro che difendono Israele sempre e comunque, qualsiasi sia la sua politica, dall’altra vi sono invece quelli più critici. In comune, però, abbiamo tutti un’identità forte, sviluppata molto spesso nelle scuole ebraiche e nei movimenti giovanili, con cui ci poniamo nella vita quotidiana anche fuori dal mondo ebraico. Siamo tendenzialmente giovani abituati alla multiculturalità e aperti al dialogo, che si incontrano ormai non più in piazza, ma nel mondo virtuale, nelle chat, nei forum o nei blog: e questo sicuramente porta a una radicalizzazione delle proprie posizioni politiche”.

Molto stimolante poi il dibattito che è nato dal primo giro di interventi. Clelia Piperno ha preso spunto dall’invito di Bonomi alla comunità ebraica di essere un esempio di integrazione. “Ma queste aspettative ci caricano di una responsabilità che non vogliamo – ha commentato -. Noi vogliamo rivendicare il nostro diritto alla normalità, pur essendo diversi: perché essere diversi è un diritto, ma la diversità a richiesta non ci piace”.

D’altro canto, commenta Bonomi, molto spesso – e la storia purtroppo lo conferma – gli attacchi agli ebrei sono le prime avvisaglie di pericolo. “In un libro parlavano dei minatori che portavano in miniera i canarini per essere avvistai del pericolo imminente – ha dichiarato -. Ecco, questo mi fa pensare che appena succede qualcosa agli ebrei, è sintomo di qualcosa di molto più grande che si scatenerà su tutti”.
Pur non accettando l’immagine dell’associazione ‘canarino-ebreo’, Piperno ha sottolineato come ogni attacco agli ebrei sia un attacco alla democrazia. “Oggi è tutto il sistema democratico a essere in pericolo – ha ribadito– sotto la minaccia quotidiana al nostro vivere. Questa sarà la sfida dei prossimi 100 anni”.

In un contesto così complesso,  diventa dunque fondamentale lavorare sulla trasmissione di valori e sul rispetto dell’altro. “E su come gestire questi aspetti noi ebrei abbiamo molte cose da dire…”, ha concluso Hamaui,