Festival / Daniele Cohen: abbiamo aperto il nostro tesoro alla Città

Jewish in the City

di E. M.

Senso di appartenenza e orgoglio, è il sentimento prevalente all’indomani della conclusione del Festival Jewish and the City, che ha visto migliaia di persone coinvolte. L’emozione di cogliere le voci, i ringraziamenti della città per questa magica occasione di incontro, che ha mostrato gli ebrei e l’ebraismo come una realtà viva, vivace ed entusiasta.
Una realtà che ha disvelato il proprio tesoro agli altri, e guardandolo con gli occhi degli altri lo ha riscoperto, ne ha colto quasi con stupefazione la bellezza e il valore.

“Ci siamo aperti alla Città, abbiamo creato eventi, portato le idee, le parole, la cultura e la sensibilità di personalità speciali. E abbiamo ricevuto un’attenzione costante ed entusiasta. Tutti gli incontri hanno registrato il tutto esaurito. Un risultato eccezionale oltre ogni previsione”. Daniele Cohen, assessore alla Cultura della Comunità di Milano, non si schermisce, bando alla falsa modestia: siamo stati bravi. Tutti coloro che hanno lavorato al Festival Jewish and the City possono legittimamente vantare un successo inaspettato, almeno nella misura, nei numeri che scandiscono i luoghi, gli eventi, le conferenze, i dibattiti. “Stiamo valutando, alla fine forse abbiamo toccato le 15.000 presenze complessive. E non per un megaevento, il concerto della star di turno capace da sola di richiamare questo pubblico. Ma con una presenza diffusa, costante”. Anche per la più ostica conferenza di scienza matematica, dove la fisica dello spazio-tempo si è confrontata con la dimensione spirituale dell’ebraismo nel tempo sospeso dello Shabbat, la sala era gremita, il pubblico affascinato. E così per le lezioni di cucina, gli happening al Teatro Franco Parenti, dove la capacità affabulatoria dei protagonisti ha contagiato centinaia di persone, le lezioni nelle sedi universitarie o alla Fondazione Corriere della Sera, o ancora negli spazi della Società Umanitaria.
“È diventato ben presto evidente che questo Festival, questa apertura alla città, rispondeva a un bisogno, a un desiderio di condivisione e contatto. C’è un chiaro interesse per l’ebraismo, abbinato però ad una certa diffidenza, a volte, al timore di avvicinarsi. Quest’avventura, che ha offerto incontri così diversificati, per tutti i gusti, e per tutte le età (preziosi gli appuntamenti per i bambini), di una qualità sempre altissima, ha avuto un’attrattiva straordinaria”. Forse proprio perché è stata tutta la città ad accogliere ebrei ed ebraismo, non solo i luoghi istituzionali. Anche se entrare in Sinagoga è per molti non ebrei un desiderio intenso.
“È stato esaltante, la serata conclusiva, vedere migliaia di persone riversarsi in strada, tra la sinagoga di via Guastalla e la Rotonda di via Besana, seguire il concerto di Nema Problema e poi del NefEsh Trio, dopo aver ascoltato le parole di De Luca e Ouaknin e Rav Della Rocca. Una folla. Ebrei, anche, ma una grandissima maggioranza di non ebrei.

Qualcuno in Comunità era scettico, sulla riuscita del Festival, qualcuno critico”, dice ancora Daniele Cohen, “ma credo che il successo abbia convinto tutti della bontà del progetto e molti ci hanno chiesto di partecipare all’organizzazione del prossimo evento”.

Sì, perché il Festival Jewish and the City si propone come appuntamento annuale, nel panorama dell’offerta culturale di Milano. Il contributo ebraico alla Città. “Quest’anno il tema scelto per la prima edizione era lo Shabbat, per portare ‘fuori’ qualcosa che è profondamente ‘nostro’. Il Comitato organizzatore si riunirà già nei prossimi giorni per iniziare a pensare al prossimo tema, per ricontattare e ringraziare i nostri sponsor che sono stati partner preziosissimi, per cercarne altri in modo da lavorare con maggiore tranquillità. Ma si dovrà decidere anche per la più opportuna finestra temporale. Dopo i moadim? In concomitanza ancora con la Giornata europea della Cultura ebraica, che però l’anno prossimo tornerà di nuovo la prima domenica di settembre, forse troppo presto. O magari la primavera. E poi dobbiamo analizzare nei dettagli ciò che è avvenuto quest’anno per vedere se possiamo migliorare qualche aspetto. Insomma dobbiamo confrontarci e magari pensare ad allargare la squadra. Coinvolgere di più gli Enti ebraici, alcuni dei quali già quest’anno hanno proposto eventi e si sono impegnati in prima persona, come il KKL o il CDEC”.

Un’esperienza straordinaria dunque che ha creato legami con i cittadini milanesi, rafforzato quelli istituzionali, aperto prospettive e gettato ponti. Un patrimonio da consolidare e non smarrire. Alla prossima!