Festival della Cultura Ebraica: si parte!

Jewish in the City

Annunciato sulle pagine del Bollettino di aprile, il Festival Internazionale della Cultura Ebraica di Milano sembra essere entrato finalmente nella sua fase operativa. Dopo mesi di progettazione, di discussione e scambio di idee, quest’importante iniziativa promossa dalla Comunità di Milano entra nel vivo. Così lunedì 20 maggio nella sala della biblioteca della Comunità, si è svolto il primo incontro tra i membri del comitato promotore del Festival e i rappresentanti degli enti e delle istituzioni ebraiche milanesi chiamate a partecipare attivamente alla costruzione del Festival. L’assessore alla cultura Daniele Cohen, insieme a David Piazza, rav  Roberto Della Rocca e Daniela Ovadia hanno presentato (anche a nome degli altri membri del comitato, David Bidussa, Miriam Camerini, David Fargion, Stefano Jesurum e Daniele Liberanome), la genesi del progetto, le idee-chiave che ne stanno alla base e gli obiettivi di questa iniziativa che si configura nel panorama italiano come un’evento e un’operazione culturale del tutto originale.

Come ha spiegato Daniele Cohen in Italia non mancano iniziative e momenti dedicati all’ebraismo – si pensi, solo per fare un esempio, al Festival della Letteratura ebraica di Roma, ben rodato, con il suo format, e il suo parterre di scrittori italiani e internazionali; ciò che è mancato finora è una stata una proposta culturale che avesse per fine il racconto degli ebrei attraverso i loro valori fondanti (e non attraverso il prodotto culturale di quei valori, come può essere la letteratura ebraica, l’arte, o il cinema etc.,). In questa lacuna si colloca e si inserisce il Festival di Milano che intende diventare a partire da quest’anno un appuntamento fisso per la città. Il Festival è promosso dalla Comunità, coinvolge come suo principale partner, il Comune di Milano e si rivolge a tutta la città.
Il dialogo che si è instaurato fra i due poli organizzativi – Comunità e Comune di Milano – a proposito di questo evento, del resto, non è casuale, nè meramente “strategico”.

Uno degli obiettivi dichiarati del Festival infatti è di poter stabilire una relazione con la città e i cittadini che vada oltre gli schemi normalmente proposti dai media; far conoscere cioè quella dimensione stabile e atemporale, impermeabile alla storia, che è data dai valori fondanti ed essenziali dell’ebraicità.
L’obiettivo del Festival, è stato spiegato, è, insomma, quello di raccontare e dire ai non ebrei, chi sono gli ebrei e la fonte preziosa della loro diversità.

Come ha sottolineato rav Della Rocca, “fare cultura significa lavorare sulla rappresentazione di noi stessi”.  Finora gli ebrei hanno indugiato su una rappresentazione di sé basata sulle aspettative degli altri, su quello che i non ebrei si aspettano di sentire e di vedere dagli ebrei. Spesso, ha osservato David Piazza, gli ebrei si sono proposti come bravi italiani, bravi cittadini che hanno partecipato e partecipano attivamente alla vita del paese. L’accettazione e l’integrazione di noi ebrei nella società si è fondata anche su questo modo di presentarci: uguali agli altri.  Se però vogliamo davvero costruire una società multiculturale, è necessario cambiare tendenza, ricercare l’accoglimento e la comprensione della diversità. Ed è in questa prospettiva che abbiamo voluto creare quest’occasione di incontro e di conoscenza, ha concluso Piazza.
Il Festival che la Comunità ebraica di Milano sta preparando si propone, per certi aspetti, come una svolta rispetto ad una modalità consolidata di autorappresentazione di noi ebrei. Vuole essere cioè un momento di rappresentazione (e autorappresentazione) consapevole di ciò che siamo a partire dalla nostra diversità, a partire da quella nostra diversa cultura che trova nel riposo dello Shabbat uno dei suoi cardini.

“Lo shabbat ha custodito gli ebrei molto più di quanto gli ebrei abbiano custodito lo shabbat”, sosteneva un grande pensatore, non religioso, come Ahad ahm”, ha osservato rav Della Rocca. Capita anche spesso, ha aggiunto, che chi si trovi a dover spiegare “chi sono gli ebrei” cominci normalmente parlando dello shabbat. Da qui (ri)partiamo anche noi.

C’è un ulteriore obiettivo che sta alla base di questo evento e che è stato più volte sottolineato nel corso dell’incontro di lunedì scorso e cioè quello di ritrovare nella frammentazione della quotidianità, l’unità della nostra Comunità.
La complessità, talvolta le divisioni, che segnano la Comunità di Milano possono trovare il loro superamento nella partecipazione attiva proprio alla preparazione del Festival. “Partecipare” in questo senso, secondo rav Della Rocca, significa soffermarsi a riflettere sul senso e il valore che lo shabbat  riveste per ciascuno di noi. Questa riflessione può ricondurci a quell’unità di base e fondante che ci accomuna nella molteplicità dei nostri caratteri.

La seconda parte dell’incontro di lunedì è stata dedicata alla presentazione di Valeria Cantoni della società Trivioquadrivio che curerà tutta la parte organizzativa dell’evento, e  alle proposte dei vari enti ebraici che hanno aderito all’appello.
Il programma delle quattro giornate  – dal 28 settembre al 1 ottobre, in contemporanea con la Giornata della Cultura ebraica che si celebra in tutta Europa il 29 settembre – non è ancora stato reso pubblico. Ciò che è certo per ora è il luogo: il Festival avrà il suo centro nel quartiere della Guastalla, attorno alla Sinagoga, ma anche ai luoghi istituzionali della città come l’Università Statale, la Biblioteca Sormani, la Società Umanitaria, il Teatro Franco Parenti, tutti coinvolti nell’evento insieme anche alla Fondazione Corriere della Sera che ha aderito anch’essa all’iniziativa.
Quanto agli enti ebraici, si attendono per le prossime settimane le loro proposte, che daranno ulteriore corpo al programma delineato finora. Considerato il carattere multiforme e variegato della nostra Comunità, le prospettive attraverso cui sarà declinato il tema dello shabbat saranno sicuramente diverse, originali, talvolta note, più spesso, forse, tutte da scoprire.